Capitolo 94

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Entrai finalmente nella mia camera, dopo due ore in ospedale. Mi fiondai, senza rivolgere la parola a Charles, direttamente in doccia. Dovevo lavarmi di dosso l'odore ripugnante di alcool e disinfettante che si respirava il primo all'interno del locale e il secondo nella sala d'attesa del pronto soccorso.
Sia il monegasco che lo spagnolo avevano insistito per dire il loro nome e farci passare avanti a tutta la fila. Non avevo detto niente, ma una semplice occhiata rivolta ad entrambi li aveva fatti desistere dal fare una cosa del genere. Stavo bene e, come me, anche Victoria. Non c'era nessuna urgenza e né tanto meno la necessità di stare anche solo lì. Però avevano insistito senza ascoltarci e due ore di fila le avrebbero potute tranquillamente aspettare.

L'esito era quello che mi aspettavo. Era stata una semplice botta. Nulla di rotto o anche solo slegato. Mi avevano prescritto una pomata da mettere in caso si fosse formato un'ematoma e degli antidolorifici nel caso il dolore fosse persistito. E come avevamo messo piede lì dentro, così eravamo usciti.

Iniziai a spogliarmi di tutti gli indumenti. Quando arrivai al body, ci misi un po' più del previsto. Mi avrebbe fatto male per un paio di giorni, aveva detto il medico. Niente che non fosse sopportabile.
Sentii delle mani aiutarmi a tirare via il tessuto dalle braccia.
Dovevo essere ancora irritata con lui per non avermi ascoltata, ma infondo lo comprendevo. La sua preoccupazione era del tutto giustificata. Vedere Victoria legata in quel bagno e me essere trascinata da una caviglia e aggredita, non doveva essere stata una delle migliori scene. Aveva dimostrato di tenerci a me e non potevo non esserne contenta.

Perciò mi lasciai cullare dal suo tocco, e quando mi cinse la vita, incitandomi ad avvicinarmi a lui, non opposi resistenza e appoggiai la schiena al suo petto.
Mi depositò un bacio tra i capelli prima di tirare fuori un sospiro. Ancora era preoccupato per qualcosa, lo sentivo. Eppure non mi spiegavo cosa non andasse adesso.
Mi girai tra le sue braccia in modo da poterlo guardare negli occhi. Vidi il tormento nelle sue iridi verdi-azzurre.
"Cosa c'è che non va Charles?" chiesi per capire quale fosse il problema. Vederlo così faceva stare male anche me ed era per questo che non avevo opposto più resistenza quando mi aveva trascinata via dal locale. Sapevo avesse bisogno di sentirsi dire da una voce diversa dalla mia, da una figura competente, che stessi effettivamente bene. Ma ora che ne aveva avuto la conferma, non capivo perché fosse ancora così preoccupato.
"Vederti lì a terra... Non so. Ho l'immagine di te che vieni aggredita stampata nella mia testa" disse scuotendo il capo, come a volerla scacciare via. Ma c'era dell'altro. Non era solo questo a tormentarlo. Infatti, lo incitai a parlare. Per poter chiarire dovevo sapere tutto ciò a cui stava pensando.
"Ho paura che quando sapranno di noi, sarà anche peggio. Che ci saranno più ragazzine fuori di testa a prenderti di mira. E se ti succedesse di peggio? Se non fossero solo pugni e tirate di capelli? Non era mai successa una cosa del genere, ma se risuccedesse? Io non so, non-" interruppi il suo discorso unendo le mie labbra alle sue. Anche io avevo paura. Non per il fatto di essere aggredita. Di essere seguita da fan urlanti. Ma avevo paura delle incomprensioni. Delle storie montate per creare scompiglio. Dei fotomontaggi per creare scandali. Delle false notizie per creare litigi. Sapevo si fidasse di me ed io ero certa di fidarmi di lui. Però se si fosse stancato? Se fosse diventato tutto troppo difficile da affrontare? Tutto era un grande se. Ma avevo capito e me lo aveva fatto capire soprattutto lui, che di se ne è pieno il mondo. L'incertezza è dietro l'angolo. E avere paura di essa non ti farà mai ottenere la felicità. Io avevo scelto di essere felice e avevo mandato a quel paese tutti i dubbi, le paure, i se, i ma, i perché. Quello che mi interessava era restare tra le braccia di Charles Leclerc. E se mi sarei dovuta prendere due sberle in più, se avessi dovuto affrontare i paparazzi fuori dall'hotel, se avessi dovuto vedere le prime pagine dei megazine con stampato sopra il mio nome, mi andava bene. Mi andava bene tutto purché avessi avuto lui al mio fianco.
"Charles, lo hai detto tu, non era mai successo. Non accadrà più. Abbiamo sottovalutato il problema. Non lo farò più. Però, ti prego, non ti preoccupare. Io sto bene e starò bene anche domani" dissi accarezzandogli le guance con entrambe le mani e unendo le nostre fronti. Era difficile resistere all'attrazione che ci legava anche in momenti del genere.

I Need You // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora