Capitolo 38

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- Tra poco saremo fuori di qui Sean, finalmente. - Phil sorrise a quel pensiero, scoprendo i denti ingialliti dal periodo passato in carcere. Non aveva avuto tempo di lavarli con il suo spazzolino da denti nemmeno una volta.

Era felice all'idea di poter uscire, come era felice all'idea di uscire dal carcere minorile quattro anni addietro.

Quando era ancora solo un giovane ragazzino di sedici anni era stato incarcerato, per colpa ovviamente di quel maledetto bastardo di suo padre Tyler; Phil era solo un ragazzo, e il padre l'aveva convinto con ignobili modi a tentare di farlo fuggire di galera.

E a tentare di mettere da parte un po' di soldi per quando Tyler sarebbe uscito. Naturalmente, in maniera illegale.

Phil si riscosse da quei pensieri, e abbracció l'amico, che tremava dalla gioia; per Sean erano stati mesi terribili, nonna Jessie era venuta a trovarlo solo tre volte, solo perché non voleva assolutamente entrare in quell'orribile posto.

Sean aveva sofferto terribilmente, era stato malissimo, non riusciva più a mangiare, e stava lentamente perdendo la voglia di vivere e di andare avanti. Si sentiva un rifiuto umano.

Phil sapeva che era stato solo grazie all'aiuto e all'assistenza di Fergus se l'amico aveva superato quel terribile periodo.

Non vedeva l'ora di uscire; c'era una sola cosa che gli premeva sul cuore di fare: vedere come stava Derek.

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Derek era seduto in silenzio al suo solitario banco, nella sua classe, mentre la professoressa Gislaw finiva di spiegare una noiosa nozione di grammatica. Non aveva ascoltato una sola parola di ciò che stava dicendo la professoressa, ed era perso nei suoi pensieri.

La campanella di inizio intervallo suonó presto, e la classe si svuotó praticamente subito, ancora mentre la professoressa parlava. La donna ritiró le sue cose stizzita dalla orribile disciplina dei suoi allievi, e Derek diede un calcio allo zaino della sua vicina di banco in un impeto di rabbia.

Perché cazzo si stava lasciando andare così? Fissó la sua immagine nello schermo spento del suo costoso cellulare, e rimase schifato dal suo viso spento e stanco.

Uscì dalla classe, evitando una ragazzina di prima che voleva evidentemente conoscerlo; si era sparsa la voce per quello che aveva combinato, e la scuola era letteralmente divisa a metà, tra chi lo definiva un mostro, e tra chi si innamorava di lui perché era il classico bad boy che tanto sembrava tenebroso e affascinante.

Ma lui odiava quella popolarità, e preferiva isolarsi da solo, ad autocommiserarsi; toccó istintivamente i punti nel collo e nel petto dove quel maledetto bastardo di Ted Bandy l'aveva brutalmente picchiato, ma erano ormai guariti da mesi.

Erano i lividi nel suo cuore e nella sua mente che faticavano a guarire.

Scorse con la coda dell'occhio una ragazza che si avviava nel bagno accanto a quello dei maschi, e geló nel cuore quando si rese conto di averla riconosciuta: era Mia.

Non sapeva di chi fosse la colpa della soffiata a causa della quale era finito in carcere.

Ma sapeva che la sua vita perfetta e immacolata aveva iniziato a precipitare per colpa di quella stupida ragazzina sfigata, per colpa della sua stupida bulimia, e del suo stupido perdere i sensi davanti a tutti.

Derek non concepiva lontanamente che la colpa di tutto quanto fosse stata sua.

Era della maledetta Mia Orphell.

Una furia cieca gli offuscó il cervello, strinse istintivamente i pugni, e non capì più nulla. Si scaglió contro la piccola e magrissima ragazza, e la spinse a terra nel bel mezzo del corridoio, facendola cadere.

Mia lo fissó con occhi sbarrati, mentre sul suo viso si imprimeva una smorfia di terrore: non se lo aspettava.

Derek caricó un pugno, e colpì alla cieca.

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