Capitolo 41

191 12 0
                                    

- Derek, svegliati ti prego... - Jonas mormorava quei sussurri, sconnessi tra loro, lui stesso non riusciva a capire quello che stava mormorando. Soffriva terribilmente.

Il suo unico figlio era steso li, in un bianco e candido letto di ospedale, e l'uomo non si sentiva così devastato nel cuore e nella mente da anni. Aveva bussato alla porta della camera del figlio, perché per la prima volta in vita sua sentiva di doversi scusare con quel ragazzo, quel ragazzo che amava moltissimo, nonostante non riuscisse mai a darlo a vedere.

Dagli occhi di ghiaccio di Jonas Shalk non era mai trasfigurata una scintilla di affetto nei confronti di quel figlio che gli assomigliava moltissimo nell'aspetto, ma che non aveva mai avuto le sue stesse ambizioni.

- Signore, le devo chiedere di uscire, ci occuperemo noi di suo figlio. - L'entrata nella stanza dell'infermiera, improvvisa come un uragano, lo strappó dal suo stato di semi trance, e istintivamente afferró con una mano bianca e imperlata di sudore un lembo del lenzuolo bianco che copriva il figlio.

- Non posso andarmene, non si è ancora svegliato! - Gridó Jonas, mentre la devastazione e la tristezza invadevano il suo cervello. - Non lo abbandoneró! -

- Signore, la prego. Deve uscire dalla stanza. - Nella piccola stanza bianca iniziarono a entrare diversi infermieri, seguiti dal dottore, e Jonas fu costretto ad uscire, mentre protestava a bassa voce.

Non avrebbe mai immaginato che il perfetto Derek Shalk si potesse mai auto lesionare in quel modo; l'uomo si sentì orribilmente colpevole, colpevole per lo stato in cui versava il suo giovane figlio. Sapeva che era anche colpa sua.

Si sedette su una sedia nel corridoio dell'ospedale, e chiuse gli occhi, mentre le lacrime iniziarono a scendere sulle sue guance, come piccoli diamanti d'acqua che si sciolgono da un grosso iceberg.

****

- Mia, hai aggredito un ragazzo a scuola, che cosa ti ha spinto a farlo? La violenza non è mai la soluzione ai problemi. - La signora Leinch fissó per pochi secondi la sua paziente negli occhi, e Mia li abbassó immediatamente.

- Derek Shalk si è meritato tutto quello che gli è successo. Se la è cercata, non staró più ferma e buona a subire le angherie degli altri. - Mia sputó quelle parole con odio, come se fossero veleno. Strinse i pugni, mentre le sue unghie si conficcavano nella tenera pelle del palmo. - Quei maledetti bulli si sono meritati tutto quello che gli è successo. -

- Cosa ne pensa tua madre di tutto questo? -

Mia esplose di rabbia.

- Perchè non mi ascolti? Vengo qui una volta a settimana, rispondo a sciocche domande su come va la mia vita, ma questo non mi aiuta affatto! Sono stufa di questa merda di terapia! Mia madre non pensa niente di me, se ne è sempre sbattuta il cazzo di me, la figlia grassa e brutta che nessuno invita al ballo della scuola, lei mi ha sempre visto come solo questo! E mio padre? Un debole codardo, che non ha coraggio di guardarmi negli occhi, che non si accorge quasi della mia esistenza! Ma io esisto eccome, ed è ora che la gente se ne accorga, cazzo. Poi mi sembra che la nostra ora di terapia sia finita cinque minuti fa, ci vediamo la settimana prossima. - Mia prese un respiro di sollievo, dopo quella sfuriata.

Non era mai riuscita a sfogarsi in quel modo; sentì come se si fosse tolta un peso dalle spalle, si sentì meglio.

AloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora