3. soffitto

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Chiara aveva sempre avuto paura di sentirsi inadeguata e di rimanere sola.

Non era una ragazza forte, appena usciva di casa tutte le sue sicurezze svanivano in un secondo, tutto il bagaglio di certezze veniva perso dall'aereo in volo che si andava a schiantare contro il muro che aveva costruito.

Non le erano mai piaciuti i giochi di squadra, aveva costantemente paura del giudizio degli altri, aveva paura di non essere adatta e che ogni cosa che facesse o dicesse fosse sbagliata, non era la bambina vestita in rosa e con la passata colorata in testa, era la bambina con le ginocchia perennemente sbucciate a causa delle sue innumerevoli cadute e con la bocca sporca di nutella della schiacciata di nonna.

E forse era per questo che non aveva mai mantenuto un'amicizia, ogni volta che si trovava in gruppo si faceva piccola piccola ascoltando i discorsi degli altri, senza mai intervenire per dire la sua, si limitava a ridere a qualche squallida battuta.

Tutte queste sue incertezze furono confermate da Giovanni, il suo primo fidanzato.

Sofia fu la sua ancora, la sollevò dal fondo dell'oceano facendola in qualche modo rinascere e prendendola per mano per portarla con sé; la bionda sapeva quanto bene avesse fatto a Chiara, ma sapeva anche che non glielo avrebbe mai confessato, a lei bastava saperlo e Chiara sapeva che Sofia era a conoscenza del bene arrecatole, e bastava così, le parole meglio lasciarle agli scrittori.

All'apparenza Niccolò sembrava proprio come lei, una distesa di insicurezze ed incertezze che andavano a sciamare con una birra e i suoi quattro amici, coloro su cui avrebbe contato sempre e che non lo avrebbero mai tradito, primo fra tutti Adriano, il suo migliore amico.

Se Sofia era l'ancora di Chiara, Adriano era l'ancora di Niccolò.

Erano due animi per niente facili, con molte ferite aperte ed innumerevoli incertezze, destinate però ad incontrarsi e insegnarsi a vicenda come superarle, sarebbe state l'uno l'ancora dell'altra.

Quando la mattina seguente Niccolò, essendo rimasto attivo per tutta la giornata su Instagram, non aveva risposto al messaggio di Chiara, né tantomeno si era degnato di visualizzare, la ragazza si pentii amaramente di averglielo inviato.

Ancora una volta aveva fatto la figura della cretina, di quella che non sa stare al proprio posto e che nessuno considererà mai.

Quando Chiara si fu alzata dal letto, vestita e lavata uscii di casa diretta verso il bar dove lei e Sofia erano solite fare colazione da cinque anni a quella parte.

Per raggiungere il bar, a due passi dalla scuola, era costretta a passare di fronte al parcheggio dove già di prima mattina Niccolò ed i suoi amici erano lì appoggiati ad una macchina a chiacchierare tra loro senza però alcuna bottiglia di birra o sigaretta in mano.

Passandogli accanto non poté non notare lo sguardo di Niccolò incrociare il suo, affrettandosi ad interrompere il contatto visivo che si era andato a creare e concentrandosi sulla strada da percorrere anche se ormai la conosceva come le sue tasche essendo diventata una routine.

Chiara iniziò a farsi numerose domande, magari aveva visto il messaggio e lo aveva ritenuto così ridicolo da non disturbarsi nemmeno a visualizzarlo, o magari era rimasto impietosito dalla ragazza la cui madre gli aveva fatto una terribile sgridata.

Tutte quelle paranoie si ritirarono in una tasca del suo cervello quando l'aria calda e accogliente del bar la travolse non appena aprì la porta d'ingresso iniziando a vagare con lo sguardo alla ricerca della sua migliore amica, che si stava sbracciando per farsi vedere.

«Buongiorno fiorellino» esclamò una Sofia raggiante già comodamente seduta ad un tavolino con il suo cappotto accuratamente poggiato sulla sedia libera vicino a lei.

dove il cielo si muove se lo guardi attentamenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora