39. sai sempre trovare le parole giuste per aiutarmi

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Niccolò

Mi sveglio a causa della luce che entra prepotente illuminando tutta la stanza, portandomi a strizzare gli occhi in segno di fastidio, dovuto dalla finestra che ieri sera mi sono dimenticato di chiudere, dato che nella mia mente c'erano ben altri pensieri, molto più importanti della finestra.

Mi siedo sulla superficie del letto, tenendo la testa tra le mani. Non riesco ancora a capacitarmi di come Chiara abbia potuto solo dubitare di me. È vero che ci sarei rimasto male, quello è naturale, ma non al punto di impuntarmi dicendole di non andare, non mi passerebbe nemmeno per l'anticamera del cervello.

Il telefono sul comodino di fianco a me, che mi porta ad abbandonare momentaneamente tutti quei pensieri vibra continuamente, segno che qualcuno mi sta chiamando. Sul display compare il nome di Adriano, è incredibile come capti sempre il momento giusto per chiamarmi, proprio quando sento il bisogno di parlare con qualcuno.

«Nicco dovevi essere in studio già mezz'ora fa, dove sei?» la voce del mio amico mi giunge nitida all'orecchio, lo sento parecchio infastidito.

«Adrià, ho bisogno di te» dico velocemente. Guardo l'orario indicato nella barra in alto a sinistra sullo schermo del telefono, segna le nove e mezza. Mi ero completamente dimenticato che dovevo andare in studio a provare i nuovi pezzi, avevo fissato con Jacopo e Adirano per le nove ma la discussione con Chiara mi ha completamente scombussolato, tanto da cancellare tutti i miei piani.

«Nicco tutto bene? Che è successo?» Adriano è preoccupato, lo percepisco dal tono della sua voce, che è cambiato radicalmente da un momento all'altro. Da quasi infastidito per il mio ritardo in studio al preoccupato nel sentirmi così.

«Possiamo parlarne faccia a faccia per favore? Ho avuto un problema con Chiara...»

Un attimo di silenzio, poi riprende a parlare. «Va bene, tra dieci minuti sono da te. Prepara almeno il caffè, per favore» detto ciò aggancia, senza darmi il tempo di ribattere. Prima di bloccare la schermata del telefono intravedo tra i tanti messaggi da parte del mio manager, di mia madre e un paio dal gruppo dei miserabili, uno di Chiara.

Mi dispiace, avrei dovuto parlartene subito, è solo che ti conosco e conosco la tua impulsività, non volevo rovinare tutto così. Quando vuoi parlare, io sono qui

Rimango interdetto, è vero che sono una persona decisamente impulsiva e molto probabilmente avrei reagito in maniera negativa anche se me lo avesse detto il giorno stesso in cui glielo avevano comunicato, almeno sul momento sarebbe stato così. Sarebbero poi bastati dieci minuti per calmarmi, ma il fatto che abbia solo potuto solo pensare che non sarei stato felice di questa sua nuova avventura mi devasta.

In tempo reale il campanello suona, poso il telefono di nuovo sul comodino e mi alzo dal letto scostando col piede una bottiglia di birra vuota che si trovava davanti alla porta.

«Nì, che succede?» la figura di Adriano si presenta di fronte a me, ponendomi la fatidica domanda senza neanche varcare la soglia. Ma quando lo fa assume un'espressione di disgusto nel vedere quelle cinque bottiglie di birra attorno al salone. «Niccolò ma che cazzo hai fatto?»

Io sono come in trance, sento ciò che dice Adriano ma non riesco a rispondere. Vado lentamente verso il diano dove mi siedo e, come di consuetudine mi prendo la testa tra le mani. Prendo un grande respiro, chiudo gli occhi e provo a ristabilire la connessione tra la mia bocca e il mio cervello, riuscendo a parlare.

«Ho litigato con Chiara» dico semplicemente.

«E fin qua c'ero arrivato» afferma il mio amico, sedendosi sulla poltrona di fronte a me. «Ma per esserti ridotto così vuol dire che è qualcosa di grave» Adriano si sta rivolgendo a me come ci si rivolge ad un bambino piccolo, è incredibile come io mi trasforma quando c'è qualcosa che mi assilla e mi rende triste.

dove il cielo si muove se lo guardi attentamenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora