32. come nelle favole

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25 gennaio
Chiara

E' passato esattamente un mese dal giorno di Natale, un mese da quando tutto sembra andare a meraviglia.

La mattina del 26 mi ero svegliata con Niccolò al mio fianco che sorridente mi aveva chiesto di rimanere con lui per la mattinata. Quando nel pomeriggio ero tornata a casa avevo discusso per tutto il resto della giornata con mia madre, considerava il mio comportamento maleducato ed infantile ed io non potevo darle torto, dopotutto ero scappata da casa il giorno di Natale. Però, sebbene io abbia riconosciuto il mio errore, avrei rifatto e rifarei tutt'ora le stesse cose, non cambiando nemmeno una virgola.

«Nic, per quale cavolo di motivo sei voluto venire qui così presto? Stiamo a dieci minuti in macchina dallo stadio!»

Tra me e Niccolò in questo periodo non è successo niente ma al contempo è successo tutto. Non abbiamo mai parlato di questa cosa che c'è tra noi, ci limitiamo a scambiarci coccole nei rari momenti in cui siamo da soli, mentre in compagnia cerchiamo di evitare questi comportamenti, semplicemente perché ci viene naturale così. Nonostante questo però non mancano gli sguardi, i sorrisi e i baci rubati quando magari ci troviamo da soli in cucina mentre tutti gli altri sono nella stanza accanto.

«Amò ma te la conosci Roma? Già ce sta 'n traffico della madonna nei giorni normali, figurate per il concerto de Vasco» esclama guardandomi storto. «E poi voglio riuscì a piglià i posti belli»

È il giorno del concerto e Niccolò ha insistito per uscire di casa alle tre, nonostante il concerto inizi alle nove e mezzo. Più volte gli ho detto di portare un suo amico, uno come Adriano che conosce tutte le canzoni di Vasco a memoria ma lui ha sempre detto che io gli ho regalato i biglietti ed io avrei dovuto accompagnarlo, nonostante il mio repertorio non sia poi così vasto.

Mi soffermo un secondo sul modo in cui mi ha chiamata ma senza dargli troppo peso, al giorno d'oggi è una parola utilizzata da tutti anche solo per richiamare una persona alla quale si è affezionati, senza sfaccettature di tipo sentimentale. Per questo decido si ignorarlo, facendo finta di non averlo nemmeno sentito.

«Ho capito Nic, ma nun possiamo nemmeno facce cinqu'ore de fila» ribatto, facendolo ridacchiare. So che adora da morire quando gli rispondo a tono, facendo uscire il mio dialetto romano.

«Ne riparliamo dopo quando semo sotto palco, ragazzì»

Sbuffo, alzando gli occhi. Non mi piace quando Niccolò mi chiama in questo modo, mi fa sentire ancora più piccola di quello che già sono nei suoi confronti. Io ho diciannove anni e lui ventidue, lui è un uomo mentre io sono ancora una bambina che nemmeno si è segnata all'esame per la patente.

«Lo sai quanto odio essere chiamata così»

«E tu sai quanto io ami farlo» sorride lui, sfiorandomi la guancia con i suoi polpastrelli. Un piccolo gesto che però mi fa sorridere anche il cuore, oltre che riscaldarlo.

È il 25 gennaio e a Roma c'è un freddo indescrivibile, infatti penso che stasera tornerò a casa con l'influenza. Io e Niccolò, come tutte le altre persone intorno a noi, siamo imbacuccati peggio di due eschimesi al Polo Nord sotto questo cielo nuvoloso di metà gennaio.

«Sei così carina con tutto il nasino rosso» esclama lui, prendendomi in giro mentre tocca il mio naso congelato con le sue mani coperte dai guanti di lana.

Al suo divertente commento sul freddo che solo Dio sa che sto patendo rispondo con un dito medio, seguito da un bacio volante che lui ricambia avvicinandosi a me per scontrare le nostre labbra screpolate.
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dove il cielo si muove se lo guardi attentamenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora