51. Sei un idiota

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- Dobbiamo parlare.

Cazzo. 

Hermione incrociò le braccia al petto, costringendosi quasi a smettere di respirare per evitare di sentire il buon odore del ragazzo di fronte a lei, che l'avvolgeva come una morsa. Non doveva assolutamente cedere, doveva farlo per Pansy, ma per se stessa in primis. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di tornare tra le sue braccia come una ragazza senza personalità.

Draco la guardava intensamente, appoggiato con una spalla al muro, i capelli spettinati e le iridi di ghiaccio più scure del solito. Aveva indosso una maglietta bianca e dei blue jeans, che lo facevano apparire come uno di quei modelli perfetti, ma in quel momento, agli occhi di Hermione, lui era solo un viscido ragazzo che aveva provocato male a lei e Pansy. Nient'altro. 

Bugia.

Incrociò le braccia al petto, fissando con astio il ragazzo che aveva di fronte. Lui fece un passo verso di lei, per accorciare un po' le distanze che li separavano, ma Hermione lo fulminò con tanta decisione che Draco fu costretto a indietreggiare di nuovo. Si fissarono per qualche attimo, durante i quali il cuore di Hermione martellava incontrollato nel suo petto, in silenzio. 

Quando Draco aprì finalmente la bocca per parlare, Hermione glielo impedì seccamente. - Dov'è Theo? - chiese in tono duro. Aveva appositamente deciso di chiamarlo "Theo" e non "Theodore" o "Nott" per far innervosire ancora di più Draco. Dopo quello che era successo, si meritava questo e altro. 

Ebbe subito l'effetto desiderato: Draco chiuse di scatto la bocca e la guardò con astio crescente. Assottigliò gli occhi e si avvicinò a lei, ma questa volta non indietreggiò nemmeno dopo l'occhiataccia di Hermione. - Nott è nel dormitorio, Hermione. Io e te dobbiamo parlare.

Lei fece una smorfia, non le era sfuggito né il fatto che avesse chiamato l'amico Nott né il fatto che l'avesse chiamata per nome. Improvvisamente le diede fastidio sentire il suo nome pronunciato dalle sue labbra. Labbra che fino a poco prima aveva baciato, morso, esplorato, ma che ora le sembravano fredde e vuote.

- Malfoy, io non ho niente da dirti. - replicò seriamente. Anche questa volta aveva fatto apposta a chiamarlo per cognome, per fargli capire ancora di più quanto la sua situazione fosse disperata. Draco aveva perso la sua fiducia: recuperarla sarebbe stato davvero arduo. 

Draco fece una risata di scherno, che fece innervosire ancora di più la Granger. - Oh, Granger, Granger. Quando ancora hai intenzione di scappare da me? Pensi che sia maturo evitarmi, ignorarmi, non rispondere ai miei biglietti? No, sei solo una codarda se fai così. Quindi adesso lasciami spiegare. 

Hermione deglutì. Quali biglietti? Probabilmente li aveva tutti distrutti in un momento d'ira, senza nemmeno leggeri o rendersene conto. Ma non le importava. Avrebbe voluto girare i tacchi e andarsene, per allontanarsi da quel ragazzo e dal suo dannato profumo, tornarsene in dormitorio con Pansy e dormire, dimenticando tutto.

Ma avrebbe solamente affermato le parole appena dette da Malfoy, ovvero che stava sfuggendo da lui, senza affrontare realmente il problema. E poi, una piccola parte seminascosta di lei, che mano a mano che stava in presenza del ragazzo diventava più grande, le urlava di rimanere, di ascoltarlo, di perdonarlo. 

Mandò nuovamente giù per la gola un groppo di saliva e puntò gli occhi nocciola in quelli grigi di lui. Seguirono secondi di silenzio, durante i quali i due si studiavano a vicenda. Draco sperava che la ragazza lo ascoltasse e lo perdonasse, e dall'altra parte Hermione si chiedeva se rimanere o andarsene definitivamente. 

Un pensiero fugace, rappresentante Draco che la baciava sul collo, scatenandole brividi, si fece strada nella mente di Hermione. Sospirò e fece ricadere le braccia lungo i fianchi, stancamente. - Va bene, parla. 

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