two

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«Potevo farla molto meglio» sentii dire da Albe, un ragazzo riccioluto, che in puntata si era esibito sulle note di Mi fai impazzire.
«Invece hai mostrato tutta l'energia che quel pezzo meritava» mi introdussi nella conversazione, anticipando la parola di Serena. Entrambi mi squadrarono da testa ai piedi, ma non con presunzione. Albe accennò un sorriso e mi ringraziò, ma sapevo che non ero riuscita a colmare le sue insicurezze.
«Sono Albe, comunque. Per la fretta e gli sconvolgimenti non ho avuto tempo di presentarmi» disse porgendomi la mano. La strinsi subito e confermai loro che conoscevo già tutti.
«Vi ho seguiti nel daytime, ogni giorno. Ho visto il vostro percorso dal punto zero. Certo, non vi conosco del tutto ma oggettivamente siete grandi, ragazzi. Dico sul serio» iniziai a parlare cercando di non approdare ad un discorso lungo e noioso. A volte tendo a dire troppo, la mia lingua sfugge dal controllo.
«Grazie, tesoro. Sei stata meravigliosa anche tu oggi in puntata» disse la bionda. Sorrisi sinceramente, non ero abituata ai complimenti.
«Ragazzi, è stata riorganizzata la tabella dei lavori di casa, venite» disse Luigi, sbucando da dietro il muro. Dato l'arrivo mio e di Ale, i turni sono cambiati. Mi reco in cucina e osservo bene la tabella, tre volte a settimana toccherà a me pulire i piatti. Mi sta bene. Sono esigente e rispettosa nei confronti delle regole, difatti intendo seguirle tutte. So che qui il comportamento conta tanto, oltre alle competenze di ballo e canto.
«Nuove arrivate, non ci avete detto ancora niente su di voi» disse Luca, indicando me e l'altra cantante. Fu quest'ultima a prendere parola per prima. Ha diciotto anni, di Portici e studia ancora presso il liceo. Canta da parecchi anni e studia chitarra da autodidatta.
«Molto bello il tuo inedito, Ale» disse Tommaso, un giovane ragazzo dagli occhi azzurri.
«Ti ringrazio» gli sorrise.
«E tu?» tutta l'attenzione venne riportata su di me. Grazie Luca, vorrei dirgli.
«Mi ricordo di te, abbiamo parlato durante i casting, non è così?» mi domandò, ed annuii. Fui lievemente sorpresa che si ricordasse di me, di solito tendo a passare inosservata.
«Si, mi ricordo bene di te e della tua ansia da prestazione» ridacchiai, contagiando anche lui. Come poter scordare il suo tremolio alle mani che faticavano a reggere il microfono.
«Dicci di più» si aggiunse Carola alla conversazione, mentre gli altri aspettavano con curiosità mie risposte. Presi un respiro e iniziai a parlare, omettendo dettagli sulla mia vita privata.
«Cosa vorreste sapere con precisione?»
«Mh, non saprei. Era tua la coreografia di oggi?» domandò la ballerina. Il suo accento sardo rendeva simpatico tutto.
«Si, era mia. Ricordo che nacque come improvvisazione, mi piacque così tanto che decisi di aggiungere altri passi e farla diventare completa. Ho sempre provato nella sala della mia palestra, grazie all'amicizia con il proprietario, riuscivo sempre a utilizzarla quando gli altri andavano via» raccontai. Attirai l'attenzione della maggior parte di loro, mentre Dario e Giacomo si erano appartati nelle loro camere.
«Quanti anni hai?» mi chiese Mattia, il ballerino di latino.
«Diciannove, ne compio venti tra qualche mese» dissi mentre mi maledicevo mentalmente. A loro cosa poteva importare tra quanto fosse il mio compleanno?
«Sei grande, comunque. Essere stata scelta dalla Celentano è un grande privilegio» disse Carola, sempre allieva sua. Le dissi che aveva ragione e che nemmeno io riuscivo a crederci. È una donna che sa il fatto suo e che ha la capacità di trovare tutti i difetti del mondo.

La folla che si era venuta a creare intorno all'isola della cucina, iniziò a scomparire man mano. Restammo io, Carola, Luigi e Luca.
«Hai già lezione in questi giorni?» chiese il cantante con gli occhiali bianchi e neri. Era buffo e non riuscivo a prenderlo seriamente.
«Si, domani mattina presto. Voi invece? Vi è già stato assegnato qualcosa?» domandai.
«Due canzoni da Rudy» rispose Luca, appoggiando la sua testa sul palmo della mano. Mi osservava attentamente, come se fossi un oggetto d'esperimento.
«Anche io, domani pomeriggio provo il mio inedito con Rudy» disse Luigi, ricevendo una pacca di incoraggiamento da Carola. Lui le sorrise e sentivo da qua il cuore della ragazza uscire dal petto.
«Ragazzi, dobbiamo cucinare. Quindi, andate via e lasciate spazio alla cucina» disse Flavia, in arte Flaza. Alzai le mani in segno di resa e, divertita, mi diressi in camera. Decisi di fare una doccia calda per alleviare la tensione ai muscoli e indossai il mio pigiama, che consisteva in un pantalone lungo grigio e una canotta azzurra. Approfittando dell'orario, in cui era ancora consentito utilizzare i cellulari, chiamai i miei genitori. In tutta questa situazione mi era sfuggito avvisarli. Appena lo schermo mostrò il volto di mia madre, il mio cuore impazzì di gioia e tristezza. Mi mancava tanto la mia famiglia. Lei, mio padre e mio fratello più piccolo. Tra chiacchiere e assicurazioni, chiusi la chiamata e appoggiai il telefono al petto. Non ero mai stata così lontana da casa, dovevo ancora abituarmici.

Poi bussano alla porta.
«Posso?» sentii dire da dietro la struttura in legno. Diedi il consenso e mi sistemai meglio la canotta del pigiama.
«Valeria, giusto?»
«Si. C'è qualcosa che non va, Alex?» domandai. Il ragazzo scosse la testa e ancora all'uscio della porta mi fece cenno che, in cucina, la cena era pronta.
«Oh si, arrivo subito» dissi velocemente e insieme andammo verso gli altri.
La pasta al pesto delle ragazze fu davvero buona, mangiai per ricavare le giuste forze per domani. Stasera, toccava ad Albe e Nicol pulire il tutto. Ma nonostante ciò, mi proposi di sparecchiare e pulire il casino creatosi.
Tra un piatto e l'altro, iniziammo a canticchiare qualcosa tra noi. Instaurammo un mini concerto, dove le posate fungevano da microfoni.
«Mi unisco anch'io» disse Carola, che nel mentre stava spazzando il pavimento. Risi tanto e immortalai quel momento nella mia mente. Mi piaceva stare con loro, soprattutto mi è piaciuto essere stata integrata così presto. Non me lo aspettavo. Credevo che la maggior parte di loro mi avrebbero odiata per l'uscita di Matt, nonostante non sia stata colpa mia. Ma se il mio percorso fosse andato avanti così, non sarebbe stato per niente pesante affrontarlo.

Prima di andare a dormire, uscii fuori e andai a sedermi sulla panca. Ero sola, accarezzata dalla leggerezza del vento. Chiusi gli occhi e portai le gambe al petto.
«È una posizione di yoga o un metodo per dormire questo?» domandò sarcasticamente Alex. Sobbalzai alla sua presenza e mi schiarii la voce con dei colpi di tosse.
«No- io in realtà.. in realtà mi stavo solo godendo il momento» dissi e mi pentii subito. So che sarei sembrata una stupida dinanzi ai suoi occhi.
«Vuoi che ti lasci sola?» chiese, chiudendosi nel suo giubbotto. Era buffo. Ed io mi sentivo così fuori luogo.
«No, tranquillo. Perché non ti siedi?» feci per picchiettare con la mano il posto accanto a me. Lui, sempre immerso nella sua serietà, si sedette. Divaricò di poco le gambe e appoggiò la testa al muro. Mi voltai di poco per osservarlo, non lo avevo mai visto dal vivo ma solo da uno schermo. Ho sempre pensato fosse un bel ragazzo e a quanto pare, avevo ragione.
«Non hai sonno?» domandai per spezzare il silenzio che si era creato.
«Non ancora. Nemmeno tu a quanto vedo» disse, girandosi verso di me questa volta. I suoi occhi nocciola erano davvero belli, nonostante contornati dalla stanchezza. Annuii alla sua frase e il silenzio tornò a farci compagnia.
«Cosa intendevi con goderti il momento?»
Che domanda.
Come gliela do una risposta sensata, adesso?
«Non c'è un significato vero e proprio. Semplicemente chiudo gli occhi e mi godo il silenzio. Sento i rumori che a volte, parlando, non vengono notati» dissi, lasciando andare una parte di me.
«Lo faccio anche io, solo che a differenza di chiudere gli occhi e ascoltare, mi isolo da tutti e scrivo» disse con voce flebile, quasi come se fosse un sussurro.
«Ognuno si gode il momento a modo proprio» dissi, sfregando le mani sul pantalone del mio pigiama. Feci per alzarmi, iniziavo a sentire freddo.
«Vai dentro?»
«Vado a dormire. Domani la maestra mi aspetta con la prima lezione alle sette del mattino» dissi reprimendo uno sbuffo. Lui si alzò di conseguenza e iniziammo ad entrare nella casetta.
«Allora ti conviene andare a dormire. Conoscendola, o almeno per quel che so, non riuscirei a farle un torto» disse. Risi nervosamente, questa cosa non mi dava conforto. Se solo facessi un minuto di ritardo avrei la consapevolezza che la Celentano andrebbe su tutte le furie.
«Buonanotte, Alex» dissi dolcemente, una volta arrivata alla porta di camera mia. Lui, proseguendo verso il corridoio, mi salutò con un cenno della mano.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora