ninety-three

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ALEX'S POV

L'uscita di Luca mi ha distrutto duramente. Passarono solamente tre giorni dall'accaduto e sembravo non volerlo accettare. In camera io e Luigi ci ritrovammo da soli, senza più il continuo vociare di Luca e le sue battutine sparate alle due di mattina da un punto in bianco. Mancava a tutti.
V. ed Albe ne soffrirono molto. La prima si ritrovò in una situazione in cui, ad uscire, furono due delle persone più care che avesse conosciuto. Entrambi di seguito, un dispiacere consecutivo all'altro. Il tentativo di andare avanti, iniziò a funzionare. In casa si respirava un'aria tranquilla, fin troppo silenziosa. La maggior parte era a lezione, quindi ne approfittai per mettere in ordine la camera. Lasciai un sospiro, poggiandomi sul letto centrale. Adagiai il mio addome sul materasso, sporgendomi di poco alla ricerca del mio ammasso di fogli bianchi sui quali ero solito appuntare i miei testi. E non solo.
Avevo tante idee in mente, che riguardavano i miei futuri inediti. Più cancellature che frasi di senso compiuto. Spesso mi perdevo a pensare, scarabocchiando o disegnando omini stilizzati, tralasciando il vero motivo per cui mi trovassi lì con una penna tra le dita. L'incontro con i professori, ieri pomeriggio, mi ha fatto riflettere molto. Hanno voluto che noi alunni dicessimo un parere sui rispettivi avversari delle altre squadre. Nulla di negativo. Ho esplicitamente confermato quanto ognuno fosse forte nel suo, ma che, nonostante questo, non ci sia nulla che abbiano in più a qualcun altro. Lorella mi avrà ripetuto più volte quanto io debba impaginarmi purché arrivi fino alla fine. Presi alla lettera i suoi suggerimenti affinché potessi raggiungere questo obiettivo. Faticavo a credere di essere qui. Tra poche settimane questo percorso avrebbe segnato la sua fine, ed io sarei ritornato alla mia vita di sempre. Con qualche leggero cambiamento: avrei avuto una carriera, un pubblico, delle persone che avrebbero apprezzato la mia musica. Ho una bellissima ragazza al mio fianco, adesso. Ho degli amici che ricorderò sempre, ed altri che ho assolutamente voglia di rincontrare. La mia famiglia mi avrebbe aspettato a braccia aperte, mia sorella soprattutto, con le sue tremila domande su come fossero andate le cose, ben sapendo che le avrei risposto in modo abbozzato. Non che non volessi. Avrei dovuto imparare ad aprirmi anche con lei, e sapevo che V. mi avrebbe aiutato anche in questo. Come se avesse percepito che stessi pensando a lei, i suoi passi si affrettarono ad entrare in camera, salutandomi con un bacio sui capelli. Ripiegai frettolosamente il biglietto, riponendolo nell'apposito cassetto del comodino nero.
«Com'è andata la lezione?» le chiesi, mentre la vidi togliersi le scarpe, riponendole in un angolo della stanza. Mi sono sempre chiesto perché portasse calzini di colore differente. Ma dovevo ammettere che, come lei, spesso anch'io ero solito farlo.
«Sono distrutta» sbuffò; «quel guanto di sfida contro Dario è stato più impegnativo di quanto immaginassi. Passare da uno stile all'altro nel giro di un minuto è stata un'impresa. Elena mi ha detto che è andata bene, però. L'avrò provata circa sette volte, perché ho rischiato di spezzarmi una caviglia a causa dei tacchi» iniziò a parlare, sedendosi sul bordo del mio letto, guardando dritto il muro azzurro dinanzi a sé, come se fosse il suo interlocutore. Ridacchiai, girandomi su un lato. Le accarezzai il fianco, al che portò la sua attenzione su di me.
«Tu come stai?»
«Io sto bene» mormorai.
Sospirò; «manca anche a me» disse.
Intuitiva. Un aspetto di lei che avrei dovuto tener bene a mente. Non ero l'unico a captare la verità dai suoi occhi, anche lei aveva iniziato a capirmi.
«Puoi abbracciarmi?»
Nascose un sorriso alla mia proposta. Non ero solito chiederle cose del genere, non ho mai voluto passare per quello troppo smielato. Lei non mi avrebbe giudicato per questo, anzi, a volte non aspettava altro che glielo dicessi. Fu allora che si distese sul mio corpo, portandomi le braccia al collo. Mi baciò la guancia più volte, ed io sorrisi al solletico che i suoi capelli mi provocavano. Era capace di rendermi felice per davvero, e le bastava poco. Quei piccoli gesti a cui noi due eravamo abituati.
«Vuoi distrarti?» domandò, staccandosi da me, per potermi guardare.
«Come?» chiesi, pensando a tutti i modi in cui avrebbe potuto portarmi con la testa altrove. Ma nessuno di essi coincise con ciò che lei intendeva.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora