ALEX'S POV
I palloncini verdi furono piazzati al centro della cucina, il numero diciannove venne fissato alla parete in bella vista. La mora rientrò in casa con una pila di scatole tra le braccia, contenenti panini di un fast food molto conosciuto a Roma. Mi affrettai a raggiungerla, così da aiutarla. Il profumo che essi emanavano fecero brontolare il mio stomaco, essendo questi stati mesi di astinenza dal mangiarne uno. Con l'aiuto di V. e di Leonardo, posizionai su ciascun posto la propria scatola, mentre Carola rientrò, in questo caso, con la torta ordinata dalla produzione. A seguito di allusioni su chi avesse ottenuto la fetta più grande, essa venne posta in frigo. Era tutto pronto. Albe mi accompagnò in giardino, con l'intento di aspettare il ritorno del cantante dalla sua lezione. Oggi Luca avrebbe compiuto gli anni. Non avrei mai pensato di poter costruire un legame con lui, essendo molto diversi caratterialmente. Condividerne la stanza ha agevolato molto la nostra conoscenza. Luca si è sempre dimostrato molto aperto, vivace, quasi sfrontato. Ha sempre nutrito una piccola cotta nei confronti di quella che, adesso, è la mia ragazza. Seppur in fondo abbia sempre creduto in noi due. Sono stato geloso, per un breve periodo, lo ammetto. La mora gli reggeva il gioco ed io ci cascavo ogni volta. Dall'arrivo di Elena sembrò cambiare radicalmente, come se un ricordo del passato l'avesse distorto dalla realtà. Avranno litigato chissà quante volte, quei due. Eppure fui l'unico a sorprenderlo in lacrime, dopo la sua uscita. Si sono mantenuti in contatto, fino a che i cellulari non ci sono stati più resi, e lui ne sembra felice. Luca è stato uno dei pochi a difendere la mia personalità introversa. Quella volta in puntata, durante la lettura dei bigliettini, sostenne con convinzione quanto io fossi limpido come l'acqua, senza avere paura di dire le cose. Mi ha sempre sostenuto, insomma, sia come cantante che come amico. Avevamo in mente tante trasferte da fare. Da Napoli a Milano, ci avremmo trascorso giorni, ed io non vedevo l'ora: di uscire da qui, di vivere la mia vera vita, di fare musica, di stare in loro compagnia, di rincontrare i miei amici, e di stare con V.
«Sta arrivando» disse frettolosamente Albe, risvegliandomi dai pensieri.
Rientrai in casetta, posizionandomi accanto al ballerino di classico. Quando il ragazzo, coperto dal suo giubbotto e felpa rosa entrò, non esitammo un secondo ad augurargli buon compleanno. Lo abbracciai, ricevendo una pacca sulla spalla da parte sua. Poi feci per sedermi, prendendo tra le mani quell'enorme panino che mi aspettava. Ne addentai un pezzo, godendomi del sapore salato delle patatine, accompagnate dal hamburger. Una volta finito, sorseggiai dell'acqua dal bicchiere, lanciando un'occhiata alla mora, che si trovava dall'altra parte del tavolo, lontana da me. Parlava con Sissi e Carola, ridendo e gesticolando appena. I capelli scuri sciolti sulle spalle, una canottiera leggera nera che le stringeva forte il petto proporzionato, e quel sorriso che mi mandava a fumo il cervello ogni volta. Poi si perse nei suoi stessi pensieri. Lo capii perché i suoi occhi rimasero fissi sui palloncini alla sua sinistra, come se nel suo mondo immaginario avessero preso vita e iniziato a parlarle. E forse mi persi anch'io nel guardarla. Succedeva spesso, di rimanere in silenzio e osservare i minimi particolari attorno. A me accadeva con lei. Ho perso il conto di quante volte ci siamo persi nel guardarci a vicenda. Restando nel silenzio delle cose. Scrissi queste parole durante un compito sull'amore, assegnatoci da Maria. Quella sera, in cucina, le domandai se fosse stata mai innamorata. No, disse. Mai nessuno aveva avuto la voglia di lasciarsi abbandonare alla sua persona. Mai nessuno aveva avuto voglia di scoprirla dei suoi più profondi misteri. Possedeva un mondo dentro, tenuto nascosto per tanto, velato dalla sua stessa timidezza. Sembrava essere un'altra persona, da quando si è lasciata andare con me. Con più sicurezza, più autostima. Senza paura degli altri. Eppure, mi ritenevo fortunato, essendo stato il primo a cui ha avuto fiducia di riporre contro i propri pensieri. Ero diventato custode di ogni cosa osava confessarmi, che mai sarebbe uscita fuori dalla mia bocca in sua assenza. All'inizio pensavo fosse una di poche parole e mentirei se dicessi lo sia.
V. parlava, ed anche troppo. Non gliene feci una colpa o un difetto, anzi, amavo ascoltare la sua voce, qualunque cosa dicesse. L'avrei amata anche sentendola proferire una cazzata senza senso. Che fossero stati argomenti seri o di poca importanza, V. tendeva a perdersi in discorsi lunghi e involontari. Non avrei sprecato secondo, non avrei perso un istante nell'osservare le sue labbra carnose muoversi senza una logica plausibile. Non so quante volte io l'abbia bloccata purché la baciassi, come se ne avessi bisogno ogni volta, e succedeva troppo spesso. E lei amava quei momenti, lo percepivo ad ogni suo sorriso provocatole. I suoi denti perfettamente bianchi e lineari si ritrovarono spesso a sfiorarmi le labbra, date le sue risatine rivoltemi contro. Forse, la tipologia di bacio che preferivo: spontaneo e vero. Per non parlare di quelli dati con foga e desiderio, che ci hanno portato entrambi a sfogarci l'un l'altro. I baci dati durante la fusione dei nostri corpi, quelli con lo scopo di reprimere i versi di piacere per non farsi sentire dagli altri. I baci dati di notte. Quelli dati di sfuggita, all'insaputa dell'altro, così di getto. Quelli dati a seguito di un litigio, o a seguito di un momento felice. Ognuno di essi aveva comunque lo stesso sapore con lei. Dolce, delicato a volte piccante. Una miscela esplosiva, di cui andavo pazzo.
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DIFFERENT | Alex Wyse
Fanfic"Il mio stupido cuore aveva scelto, stupidamente, te" Dove il bianco incontra il nero. La fusione di due bolle e mondi diversi tra loro, che creeranno una storia d'amore completamente incasinata. Lei, con solo la danza nella testa. Timida, delica...