«Non puoi continuare ad evitarmi, V.» disse Alex, trovandosi alle mie spalle, pronto a seguirmi per mezza casetta. Questa storia si dilungò per ben due giorni a questa parte. Dopo la nostra piccola gazzarra, ha continuato nel tentativo di riappacificare le cose, ma con grande insuccesso. L'ho sentito ammiccare battute sarcastiche nei confronti di Calma che mi hanno innervosita, non che adesso cercassi di difendere il ragazzo, ma vederlo stare ai margini della situazione non mi andava giù.
«Se qualcuno si comportasse nello stesso modo in cui tu fai con Calma, ti andrebbe bene?» gli chiesi, voltandomi verso la sua figura.
«Non mi importerebbe»
«Certo-» sospirai amaramente; «tu sei quello menefreghista della situazione, non è così?»
«Perché diavolo ti pesa tutto questo?» si stizzì.
«Perché non è giusto, Alex. Siamo diversi e, di conseguenza, reagiamo in maniera diversa. Non capisco cosa ti fa divertire, onestamente. Marco-»
«Adesso lo chiami anche per nome?» mi interruppe, alzando un sopracciglio.
«Stai scherzando?» domandai, a braccia conserte; «l'unica cosa che ti importa è che io lo chiami per nome? Senza pensare a quanto lui, invece, possa star male?» alzai di poco la voce.
Fece un passo in avanti, nei suoi soliti stivaletti, stringendo le sue labbra tra loro.
«Credi che, quindi, la colpa sia solo mia? Metà casetta non tollera la sua presenza. Chi credi sia il problema, lui o-»
«Voi, Alex. Siete voi il problema. Prenderlo in giro con quei toni che sei solito usare, non ti renderà migliore di lui» gli puntai il dito contro.
Ma lo sguardo di Crytical e Serena, puntatosi su di noi, mi riportò con i piedi sulla Terra. Così, in un gesto fugace, entrai nella stanza rossa. Sospirai straziata. Nella vita ho letto parecchie opere dove la stessa protagonista veniva esclusa dal gruppo sociale, e vederlo realizzarsi, dinanzi ai miei occhi, mi sembrava così assurdo. Soprattutto perché coinvolti sono quelle persone delle quali ho avuto idee opposte, rispetto a come si sono realmente mostrate. Ma tralasciai il loro comportamento, pensando che, forse, si siano solo lasciati trasportare dal momento.
Chiusi la porta, aprendo l'anta dell'armadio, raccogliendo dalla gruccia il completo che avrei dovuto indossare in puntata: un pantalone a zampa nero elasticizzato e un top a lunghe maniche del medesimo colore. Entrai velocemente nella camera verde, specchiandomi nel grande specchio alla parete. A farmi compagnia, Christian e Mattia, intenti a scegliere cosa indossare.
«Saremmo potuti essere nudi» disse il secondo, sistemandosi il ciuffo.
«Al massimo avrei avuto incubi per settimane» risposi, guardandolo nel riflesso, osservando un'ultima volta la mia figura.
«Stai una meraviglia, Va'» sentii dire da Aisha, la quale rimase appoggiata allo stipite della porta. La ringraziai timidamente, vedendo poi Alex fare capolino nella stessa stanza. Stavamo organizzando una riunione di condominio e non lo sapevo?
«Possiamo parlare?» disse, tralasciando la presenza degli altri. Cavolo, ma era serio?
Sbuffai, sorpassandolo con una spallata, ma non si arrese e si apprestò a seguire i miei passi.
«Non sei soddisfatto della conversazione che abbiamo avuto prima? Non ho altro da dirti, Alex, e non ho voglia di sentire tue giustificazioni non veritiere» gli dissi, appoggiandomi al bancone.
«Non voglio giustificarmi, voglio sapere per quanto ancora continuerai con questo distacco tra noi due» si avvicinò.
«Non appena ti renderai conto di aver sbagliato»
«Ho sbagliato, va bene? Ora facciamo la pace?» domandò, appoggiando entrambe le mani sulle mie guance.
«Non funziona così-» lo spostai da me.
«Quindi, per colpa sua, ci rimette la nostra relazione?» mi guardò corrugando la fronte.
«È questo il problema, Alex. Non è colpa sua, ma esclusivamente tua. Lo hai preso in giro e non so per quale motivo gli altri ti hanno dato corda. A me dispiace per lui, perché a tua differenza, io ho provato a conoscerlo, seppur l'avessi giudicato prematuramente. Mi ha esposto il suo passato, e fidati Alex se ti dico che di stabilità non ne ha mai avuta, né a livello economico e neppure affettivo. E odio il fatto che tu gli stia facendo rivivere l'orrore che per anni l'ha turbato» gli sputai verbalmente.
Le sue labbra si serrarono, probabilmente senza avere altro da aggiungere. Speravo che le mie parole avessero potuto fargli aprire gli occhi, fargli accorgere di quanto idoneo fosse stato ciò che ha fatto. Se solo si fosse immedesimato nella persona di Calma, magari, avrebbe capito cosa ci si potesse provare. Dolore, diversità, esclusione.
«Vado agli studios, tu riflettici» gli dissi, staccando i miei occhi da quel marrone desolato.
Indossai la mia giacca, chiudendomi la porta della casetta alle spalle. Al mio fianco, Cosmary, con la quale condivisi un tragitto abbastanza silenzioso.
«Ho ascoltato la vostra discussione prima-» cominciò, improvvisamente, a parlare; «io sono d'accordo con te, volevo solo rendertene conto. Ci sono passata per un breve periodo, quindi capisco perfettamente la situazione» continuò.
«È che a volte Alex agisce senza pensare alle conseguenze. La competizione gli scorre nelle vene e-» cercai di dire, ma mi interruppe.
«È la gelosia a parlare per lui» mormorò.
«Non credo arriverebbe a questo punto»
«Alex è strano, lo sai. Tra qualche ora verrà a chiederti scusa, immerso dai sensi di colpa. Farei la stessa cosa, se tenessi tanto ad una persona. Non credo riuscirebbe a starti lontano per molto ancora» la vidi fare un mezzo sorriso.
Parlarne con lei era, forse, l'ultima cosa che mi sarei mai immaginata. Ma era di supporto, da parte sua. Conoscevo Alex, e per quanto avesse una testa dura e per quanto fosse testardo, ero consapevole che si sarebbe scusato presto. Effettivamente, neanche io sarei riuscita a privarmi della sua presenza per altro tempo ancora. Seppur fossero trascorsi due giorni, i suoi baci mi mancavano già da morire. Dunque, risposi alla ragazza con un piccolo sorriso che sembrò rincuorarla. Io e Cosmary, ultimamente, abbiamo scambiato quasi sempre quattro parole - che non riguardavano Alex, ovviamente -. I turni in casetta ci vennero assegnati in coppia, almeno tre volte a settimana, e sembrammo recuperare un rapporto che avremmo potuto non avere mai. C'era sempre diffidenza tra noi, essendo Alex l'emblema di vecchi trascorsi, ma condividendo lo stesso tetto, la questione divenne dissolubile.
In sala relax, prelevai il mascara dalla mia pochette, applicandolo sulle ciglia, aumentandone il volume. Sulle labbra applicai un matitone nude, che risaltava con i miei lunghi capelli scuri, lasciati morbidi sulle spalle. Due braccia mi circondarono il busto, e nello specchio vidi Serena sorridermi.
«Mi spieghi cosa sta succedendo?» mi chiese, facendomi voltare. Sapevo si riferisse alla questione con il cantante, avendoci visto discutere questa mattina. Sospirai, iniziando a spiegarle il mio disaccordo nei suoi atteggiamenti offensivi. Sembrò comprendere il mio punto di vista, nonostante lei sia stata una dei tanti a reggerne il gioco.
«A volte agiamo facendo parlare la parte irrazionale di noi stessi. Penso sia capitato a tutti, Va'. Vedrai che capirà, così come l'ho appena fatto io, grazie alle tue parole» mi accarezzò la spalla.
Annuii e proprio in quel momento la figura minuta di Alex si fece largo in queste mura. Ricoperto da un pantalone verde pastello e una maglia nera che gli calzavano maledettamente bene. Quando si avvicinò a me, dopo che Serena andò via, lo vidi reggere nelle mani una bandana nera. Si guardò allo specchio e, come un'ebete, lo fissai ammaliata.
«Me la leghi?» chiese, porgendomi quella stoffa nera coperta da ghirigori bianchi. Fui titubante sul da farmi, ma decisi di accontentarlo. Gliel'appoggiai sulla fronte, stando alle sue spalle, legandone i lembi in un nodo. Si voltò a guardarmi, riappoggiando le sue mani sulla mia faccia.
«Posso baciarti o ti rovino il rossetto?» domandò a bassa voce, scontrando il suo respiro sulla mia pelle. Sentii una stretta allo stomaco e mille animali calpestarmi gli organi interni.
«Non puoi, a prescindere» mormorai.
«Quindi, se ti baciassi.. mi respingeresti?» sussurrò, inumidendosi le labbra.
«Mi stai solo complicando le cose, Alex»
«Abbiamo creato un divario per nulla, V. Sei la mia ragazza e ho tanta voglia di baciarti, spiegami perché non posso?» domandò.
«Non lo meriti» dissi.
«Lo meriterei se ti chiedessi scusa? A cosa ci ridurremmo, V?» scosse la testa; «e se non nutrissi nessun senso di colpa? Cosa sarebbe di noi due? Dovremmo lasciarci per una cazzata del genere?» continuò a chiedere.
«Voglio solo che tu capisca, Alex. Al di fuori della tua irreparabile gelosia, mi basta che tu smetta di criticarlo, o al massimo, di farlo e tenertelo per te» dissi.
«Non ti capisco, sul serio. Sembra essere diventata una tua priorità» sospirò, lasciando andare la presa su di me. Mi guardò un'ultima volta, deluso dalle mie parole, dirigendosi in corridoio. Solo ora mi accorsi che l'inizio della puntata era distante pochi minuti. Sbuffai rassegnata, sedendomi al mio posto. Le telecamere vennero accese quando la De Filippi fece il suo tipico ingresso iniziale. Dopo vari saluti tra la conduttrice e i professori, proprio uno di questi decise di parlare: Veronica Peparini.
«Vorrei richiedere una sfida immediata per Cosmary» disse, ritrovando accettazione da parte della maestra Celentano, la quale si mostrava sempre disponibile a riguardo di queste modalità.
La ragazza seduta a qualche banco distante dal mio, sbuffò. Nonostante fosse stata poco bene in questa settimana, ha comunque accettato di affrontarla. Lo sfidante entrò, un ballerino di hip hop, andandosi a sedere sulla sedia rossa. Garrison sarebbe stato il giudice della sfida. Durante le esibizioni rimasi affascinata dalla bellezza della ballerina e dalla fluidità dell'altro.
«Credo che Cosmary non sia ancora pronta per il serale, quindi John Erik benvenuto ad Amici» disse Garrison, ribaltando la situazione.
Colui che ha fatto entrare Cosmary, è stato anche artefice della sua uscita. Quando venne data l'opportunità alla ragazza di poterci salutare, nessuno sembrò apprestarsi ad alzarsi in fretta. Fui io la prima a scendere gli scalini, sorridendo appena alla mora dinanzi ai miei occhi. Allargò le braccia e, inaspettatamente, per la prima volta, ci abbracciammo. Neanche il pubblico sembrò crederci, scoppiando successivamente in un grosso applauso che ci fece ridere entrambe. Dopo di me, anche gli altri si decisero a salutarla. Chissà cosa avrebbe fatto Cosmary del suo futuro, ero però sicura che fuori di qui, avrebbe incontrato Cristiano ed Elena, gli unici capaci di darle consigli su dove indirizzarla. La puntata andò avanti. Una schiera di ballerini latinisti si posizionò al centro del palco, iniziando a ballare. La Celentano ne scelse due: Leonardo ed Aurora. Dopo l'esecuzione del loro cavallo di battaglia, ad ottenere il banco fu il ragazzo alto, di bella statura. Poi entrò Michele, un ulteriore ballerino, di classico questa volta. Ottenne il banco grazie alla maestra e fu più che meritato, data la sua incredibile bravura.
«Facciamo scendere il ricciolino e la mora» disse Maria, alludendo ad una determinata tipologia di capelli.
«Va'?»
«Eh?»
«Parla di noi» rise Dario.
«Oh-» feci mente locale; «l'avevo capito, stavo solo ripetendo a mente la coreografia» mentii.
«Dai, scema» disse Maria, non appena scesi le scalinate, avendo dimenticato che avessi il microfono aperto. Lo tolsi, e con Dario, mi posizionai al centro, mentre mi teneva stretta a sé come se fluttuassi stando seduta.
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DIFFERENT | Alex Wyse
Fanfiction"Il mio stupido cuore aveva scelto, stupidamente, te" Dove il bianco incontra il nero. La fusione di due bolle e mondi diversi tra loro, che creeranno una storia d'amore completamente incasinata. Lei, con solo la danza nella testa. Timida, delica...