seventy-three

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Le gocce scorrevano trepidamente sulla vetrata circolare della camera rossa. Mi avvicinai ad essa, tracciando col polpastrello l'acqua in caduta, osservando come le foglie tendevano a spostarsi col vento. I letti delle due ricce erano entrambi vuoti. L'orologio segnava le dieci del mattino e tra qualche ora avremmo tenuto la registrazione della puntata.
Sbadigliai, dirigendomi verso il bagno. Privatami del pigiama, scostai l'intimo così che potessi rinchiudermi in doccia. Il dolce profumo del bagnoschiuma mi invase le narici. La vista mi venne sbiadita a causa di tutto il vapore, così feci per mettere da parte il getto d'acqua. Mi ricoprii con il tessuto spugnoso bianco, tamponandomi delicatamente. In camera, andai alla ricerca del mio intimo e di un completo provvisorio: leggings e felpa. Uscii e rientrai dal bagno circa tre volte consecutive. Alla quarta, quella definitiva, feci per dirigermi in cucina.
«Devo parlarti» mi venne incontro, Carola.
«Cos'è successo?» mi allarmai.
«Nulla- ma la settimana prossima è il compleanno di Luigi e, beh, avevo in mente di preparargli qualcosa» disse, sedendosi su uno sgabello.
«Cos'hai in mente?» domandai, mentre Crytical, Sissi e Alex si avvicinarono incuriositi; «una cenetta romantica a lume di candela?» proposi.
«Non iniziare-» mi fulminò con lo sguardo, facendo ridere l'altra riccia.
«Una serata chiusi in camera?» scherzò Alex.
«La smettete?»
«Non saprei, allora» sospirai, appoggiandomi al bancone.
«La mia idea era quella di preparargli una piccola festa, con torta, musica e palloncini» disse, facendo spallucce.
«Certo, Carola. Chiamerò poi la produzione, così da poter organizzare tutto» disse Crytical, ricevendo un ringraziamento da parte sua.
Il castano, ancora in pigiama, mi si avvicinò baciandomi la guancia. Arrossii lievemente, ma cercai di non dare nell'occhio. Afferrai un pacco di biscotti, sfilandolo dalle mani di Christian. Risi nel vedere la sua faccia, al che mi diede un pizzico sul fianco. Per finta e pura pietà, raccolsi quella frolla al cioccolato, ponendogliela.
«Caspita, questo si che è un gesto di carità» ironizzò.
Mi limitai a sorridere, masticandone un altro ancora. Riportai l'attenzione sul cantante seduto sullo sgabello parallelo al mobile della cucina. Mi attorse un braccio attorno al bacino, accostandomi approssimativamente alla sua figura.
«Hai dormito bene?» mi chiese, torcendo il busto verso di me. Gli accarezzai i capelli, osservando bene i suoi occhi marroni.
«Mh, mh»
«Dormiamo insieme questa notte?» mormorò.
«Perché dovrei accettare?» mi morsi l'interno guancia, nonostante avessi voluto dargli conferma subito.
«Inizi a mancarmi un po'» disse, serrando le labbra imbarazzato. Sorrisi alle sue parole, soprattutto per il suo dimostrarsi vago, non volendo abbandonare la sua personalità di ragazzo presuntuoso.
«Vedremo-» sospirai, mettendomi tra le sue gambe.
«Non puoi semplicemente accettare?»
«Sarebbe troppo facile» mormorai.
«Non farmi ridere, V. Sappiamo entrambi come andrà finire questa notte» disse convinto e si, aveva ragione. Sarebbe bastato uno schiocco di dita e sarei caduta ai piedi di Alex ingenuamente.
«E come andrà a finire?» si intromise Sissi, con un sorrisetto malizioso sul volto.
«Sei stupida nel pensare che venga a dirlo proprio a te» le disse Dario, appoggiandosi al bancone.
«Fidati che sono a conoscenza di parecchie cose» rispose la riccia.
«Si?» alzò le sopracciglia, Alex.
«Niente di specifico, però» dissi di getto.
«Devi averle fatto un incantesimo, perché non ha mai osato dirmi niente e non è da Sissi» mi guardò Dario, facendo ridere la ragazza, la quale mi fece un occhiolino. In un pomeriggio qualsiasi del mese scorso, ebbi il turno in comune con Silvia, e fu allora che da domande arrivarono risposte sulla questione 'Alex', della quale si mostrò molto incuriosita. Da quella conversazione non potei fare a meno che rinfacciarle la mia insinuazione sul suo rapporto con Alex, che sembravano essere così in sintonia agli inizi. È tutt'ora così. Alex e Sissi sostengono la propria musica a vicenda, e non potrebbe che farmi piacere. Per non parlare di tutti i famosi appuntamenti doppi a cui ci hanno invitato. Addirittura Luigi ha avuto la briga di proporcelo. Stavamo venendo fuori da quell'ombra e chi mai si sarebbe immaginato tutto questo?
«Buongiorno, Gigi» pronunciò Alex, cambiando discorso. Spostai, quindi, il mio sguardo sulla figura minuta del mio amico che, senza nemmeno pensarci, sfilò una sigaretta dall'apposito pacchetto. Ci salutò, in un mezzo sorriso, per poi uscire fuori in giardino, dove vi erano già Aisha e Leonardo. John Erik, nel frattempo, cominciò a muoversi a ritmo di una musica solo a lui conoscibile, in quanto la sentisse attraverso gli auricolari che portava alle orecchie. Caspita, se era forte. Invidiavo tutta quella fluidità e, forse, ci avrei fatto un pensierino affinché potesse insegnarmelo.
«John!» lo chiamai, senza ottenere risposta. Riuscii solo a rendere confusi i miei amici e non li biasimai: la mia mente creava idee così di getto. Feci così per avvicinarmi al ragazzo, picchiettando sulla sua spalla. Si spaventò, togliendosi le air pods, così da potermi ascoltare. Prese posto sul divano e lo scimmiottai, proponendogli una lezione privata.
«Dare una lezione ad una ballerina brava come te?» sorrise.
«Il tuo stile è pazzesco, John. Essendo diverso dal mio ho, come, sentito il bisogno di apprenderlo. Sono fatta così, non farci caso-»
«Hai tanta voglia di imparare, lo so. Ti ho seguita molto in questi mesi» mi anticipò.
Sorrisi alla sua frase, mostrandomi, in qualche modo, il suo supporto nei miei confronti. Dunque, mi limitai ad annuire e dopo un po', accettò la mia proposta. Ci mettemmo d'accordo, organizzando un futuro incontro con le nostre maestre, così da informarle. Sentii richiamarmi da lontano, così mi voltai, ritrovandomi un Alex intento a sbracciarsi per farsi notare. Mimò un 'vieni qui' che fece ridacchiare il ballerino al mio fianco, ma lasciai perdere.
«Dovresti andare da lui»
«Tranquillo, davvero» mi affrettai a dire; «Alex può aspettare» sospirai.
«Mi sa che è lui che non può farlo» disse, facendomi segno con la testa oltre il divano. Il castano si appoggiò sullo schienale, sporgendosi tra noi due. Sapevo avesse legato con i nuovi arrivati, in particolare con tutti i ballerini.
«Sei maleducato» gli dissi, guardandolo.
«Anche tu, dato che non mi hai risposto»
«Stavo parlando con John» puntualizzai.
«Direi che, forse, è meglio che io vada. Ci accordiamo dopo, va bene?» domandò, alzandosi.
«Cosa state complottando?» assottigliò lo sguardo, Alex. Il ballerino di hip hop, fece il giro, dandogli una pacca amichevole sulla schiena prima di andarsene. L'altro, invece, continuò a guardarmi in attesa di spiegazioni.
«Gli ho chiesto se gli piacesse darmi lezioni sul suo stile, e prima che tu me lo chieda- si, ha accettato» gli puntai il dito contro.
«Sei sotto pressione per la tua stessa coreografia, e hai intenzione di stare a passo con altre lezioni? Tu sei pazza, V.» mormorò.
«Avresti fatto lo stesso, se fossi stato al mio posto»
«Hai questa fissazione di dover sempre migliorare o perfezionarti, quando dovresti sapere che hai ormai già il pacchetto completo» disse.
Non aveva tutti i torti. Sono sempre stata molto autocritica nei miei confronti, con una costante necessità di dover fare di più. Non mi bastava niente, non mi accontentavo mai.
«Solo.. mi piacerebbe imparare cose nuove, tutto qui» calai lo sguardo.
«Lo so, e sono fiero di te. Ma non vorrei che tutto questo ti portasse ad un'autodistruzione» mi accarezzò i capelli, per poi raggiungermi sul divano, occupando il posto di John Erik.
«Cercherò di non sfiorare quel limite» mormorai, appoggiando la testa sul suo petto.
Col passare dei minuti, i nostri corpi si ritrovarono completamente distesi. Alex, con gli occhi chiusi, si lasciò andare al mio tocco delicato sul suo viso. Le sue mani aggrovigliate sul mio bacino, le gambe incastrate le une alle altre. Sembravamo esserci solo noi, come se non ci fosse metà casetta riunita nella stessa stanza. Mi baciò il polpastrello dell'indice, non appena questo gli toccò le labbra. Con la mano, strinse il mio viso, avvicinandolo al suo. Mi lasciò un piccolo bacio a stampo che mi fece ridere. Non contenta però, fui io a baciarlo questa volta. Con più delicatezza, provocandolo leggermente. Coprii i nostri volti con un cuscino, ma per mancanza d'aria, fummo costretti a riporlo dov'era prima. Risi, mentre lui, indifferente, fece per accoccolarsi maggiormente a me. Mi strinse forte, inalando il profumo della mia pelle, baciandomi il collo. Poi un bacio, un altro ancora, sulla fronte, sulle guance, sul naso, ovunque. Arrivò a posizionarsi con metà corpo sul mio, scherzando volontariamente con piccoli gesti. Amavo vedere questa parte di Alex spensierata e disinvolta. Sapere che fosse, poi, un aspetto riservato esclusivamente a me, mi rendeva felice.
«Dovrei andare a prepararmi» mugugnò.
«Proprio adesso?»
«Vieni con me» disse; «a pensarci, ho bisogno di un consiglio» fece per alzarsi, ponendomi una mano che, lamentosamente, afferrai.
Attraversammo la stanza delle gradinate, successivamente la camera arancione, ritrovandoci finalmente in quella azzurra. Quando Nunzio entrò in casetta, Christian quasi costrinse Alex a trasferirsi in camera sua. Il giorno dopo, però, li ritrovammo a parlare pacificamente come se niente fosse, permettendo al castano di restare nella sua stanza. Sarebbe stato imbarazzante, poi pensandoci, trascorrere del tempo con Alex in compagnia del ballerino. Luca e Luigi, invece, sembravano essere abituati alle nostre 'cose', e seppur fosse disagiante, con loro mi sentivo più a mio agio. A distrarmi, un Alex intento a scavare nel proprio guardaroba alla ricerca di un pantalone che soddisfasse le sue aspettative.
«Che ne dici?»
«Se indossi il rosso, sembrerai un pacco di Natale con la maglia dorata» dissi.
«Sarei il tuo regalino» borbottò ridendo, cacciando fuori un jeans. Tralasciai la sua battuta, approvando il pantalone che aveva optato. Quelli del suo pigiama vennero sfilati via, così come la sua maglia bianca. Merda. Trattenni il fiato, mostrandomi impassibile, ma dimenticai di risultare come acqua trasparente agli occhi di Alex.
Mi appoggiai allo schienale, portando le gambe al petto, tenendo a freno i miei ormoni che, purtroppo, erano già partiti. Indossò quel tessuto blu, che gli calzava tremendamente bene, mentre il suo petto restò nudo. La fascia dei boxer firmati Calvin Klein fuoriuscì dal bordo dei jeans, i suoi addominali iniziarono a rendersi più evidenti grazie alla palestra mattutina, così come i muscoli delle sue braccia.
«Presumo che ti piacciano» ridacchiò.
«Certo che mi piaci»
«I pantaloni, V.» si avvicinò al letto, poggiando le mani sulla sua superficie, alle mie estremità. Come poteva una persona raggirare ogni cellula del corpo e rendermi così vulnerabile?
«Intendevo quelli, infatti-»
«Ti faccio così tanto effetto?» mormorò, mordendosi il labbro inferiore, strofinando la punta del suo naso contro la mia guancia. Non riuscii a parlare, così mi limitai a scuotere la testa.
«Non mentirmi»
«Non ti sto mentendo» quasi balbettai.
«Mh» mi baciò il collo; «fingerò di crederti».
Un tocco alla porta lo distanziò da me, rivolgendo parola alla persona al di dietro, mentre io restai muta, debole.
«Noi andiamo agli studios, datti una mossa» disse Luca, riportando i suoi passi sulla strada per la cucina.
«Alex»
«Dove scappi?»
«Hai sentito cos'ha detto. Rischieremo di tardare» gli dissi, ma lui, semplicemente, fece spallucce.
Prese le mie caviglie, tirandole a sé, in modo tale che mi ritrovassi stesa. Le sue labbra corsero verso le mie, adagiandosi piano sul mio corpo, toccandomi il fianco con la mano. La stessa mano che, dopo un attimo, si intrufolò nel tessuto delle mie mutandine. Mi sfiorò dall'esterno, condannandomi ad un attesa di piacere.
«Bugiarda» mormorò sulle mie labbra; «sei già bagnata per me» disse, in un mezzo sorriso furbo.
Le mie guance pizzicarono leggermente. Pertanto il mio corpo venne cosparso da brividi. Il dito medio della sua mano, accompagnato dall'anulare, mi penetrarono tortuosamente. Ansimai più di una volta, chiamandolo per nome. Bloccò le mie parole baciandomi con veemenza. Inarcai la schiena quando fece scorrere le dita lungo la mia intimità, colpendo il mio punto debole. Gli morsi il labbro, recandogli un gemito, percependo il rigonfiamento nei suoi pantaloni, che pulsava contro il mio fianco. Appoggiai la mano sinistra sulla sua, concedendomi un supporto maggiore per raggiungere l'apice. Non mi toccai, non osai mai farlo ed era come, se in qualche modo, ne avessi timore. Mi lasciai toccare da Alex, solo da lui, che sembrava conoscere le mie fragilità e, furbamente, le tecniche per raggiungere un orgasmo. Così avvenne e, nel portare fuori le sue dita da me, fece per avvicinarle alla mia bocca. Assistetti a un momento di pura intimità. Le sue dita toccarono la profondità della mia bocca, permettendo a me stessa di assaporarmi. Lui era solito farlo, come una routine. Io, invece, non ne avevo alcuna esperienza. Lo vidi mordersi il labbro, fiondandosi prontamente sulle mie labbra, come se avesse potuto sfogarsi su di esse.
«Dovresti mentirmi più spesso» ammiccò, portandosi le braccia dietro la testa.
Guardai per un attimo il soffitto, ripensando a ciò che fosse successo, e seppure non fosse stata la mia prima volta, era come se lo fosse.
«Crea pretesti affinché io sia nelle condizioni di poterlo fare» gli dissi, mettendomi a sedere.
Mi accasciai su di lui, lasciandogli un bacio casto. Presa dalla tentazione, scesi sul suo petto, baciandoglielo più volte. Lo sentii ridere, vibrando sotto al mio tocco.
«Okay, basta. Vado a prepararmi, e data l'ora, dovrò sbrigarmi» dissi, alzandomi definitivamente.
«V.» mi chiamò, mettendosi a sedere sul bordo del letto. Mi voltai, guardandolo, ma non parlò. Sembrò essersi perso, indefinitamente, nei suoi pensieri.
«Cosa, Alex?» mi appoggiai allo stipite della porta.
Calò lo sguardo, torturandosi le mani. Poi mi guardò nuovamente, ma in modo diverso. Scosse la testa indifferente, facendomi segno con la mano di lasciar perdere; «tranquilla, non è niente» disse.
«Sicuro?»
Lui annuì, in un sorriso di circostanza. Così gli lanciai un ultimo sguardo prima di uscire.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora