eighty-one

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Continuavo a riprovare e riprovare le coreografie settimanali. Serena mi raggiunse per la ripetizione del guanto di sfida, accasciandosi completamente sul pavimento sfinita, una volta terminato.
«A che punto sei con le altre coreografie?» le chiesi, sorseggiando dalla mia bottiglietta d'acqua.
«Abbastanza bene, se non fosse per il passo a due con Nunzio. Il latino mi piace, ma non sembra calzarmi addosso» sospirò.
«Mh, io credo che tu sia una bomba in quello stile. E poi il siciliano sa come gestire la situazione, ti metterà a tuo agio» le diedi una pacca sulla coscia, sedendomi al suo fianco.
«Tu? Cosa ne pensi dei nuovi guanti di sfida contro John e Christian?» fu lei a chiedermi.
Sospirai, pensando alla collezione di buste rosse sul davanzale della mia camera. Todaro e Veronica si sbizzarrirono abbastanza questa settimana, assegnandomi il peggio. Due pezzi di hip hop, completamente opposti tra loro, con i propri livelli di difficoltà. Ribadirono più volte, nelle apposite lettere, di quanto forte io fossi. Ed è proprio la mia bravura che vollero testare, mettendola sulle spine.
«Non credo di poterli battere nel loro stile»
«Sei versatile, ed hai tutte le carte in regola per riuscirci» disse, mettendosi a sedere.
Annuii con poca convinzione, ponendole una mano, la quale afferrò. Prendemmo i borsoni e ci dirigemmo al di fuori della saletta sei, entrando in sala relax, dove incontrammo il riccio biondo e il castano scombinato. Ci guardammo per un istante, e trattenni una risata nel vederla ridacchiare nell'ascoltarli provare Abbronzatissima.
«È imbarazzante-» borbottò Alex, nella sua fossetta.
«È stra bella questa versione, vecchio» disse, invece, Albe, dal suo punto di vista.
L'altro, in risposta, sbuffò spiaccicandosi dei fogli scarabocchiati sul viso. Scostai quell'ammasso di carta, posizionandomi dinanzi a lui.
«Ne hai parlato con Lorella?» domandai, e lui annuì.
«Dice che, nonostante non sia consono, potrei farcela comunque» disse.
«Vedila da un'altra prospettiva: è una versione divertente, certo non da te, ma.. beh- a me piacerebbe vederti in nuove vesti come questa» dissi, cercando di utilizzare una psicologia manipolatrice, al fine di condizionare il suo pensiero.
«Si?» alzò un sopracciglio.
«Mh, mh»
«Mi prendi in giro, non è così?» mormorò.
«Dai, amico. Non sarà Baglioni o Dalla, ma alla Vale piacerà comunque» disse Albe; «diventerà la nostra colonna sonora dell'estate, non passerà inosservata» scherzò, beccandosi una gomitata dal castano. Lo stavo istruendo per bene.
«Andiamo in casetta, adesso?» fu Serena a parlare.
Vidi Alex con uno sguardo perso. Lo riportai alla realtà solo dopo averlo preso a braccetto, trascinandolo via da quella struttura. Salii i gradini e il sorriso mi si arrestò sulle labbra, non appena incontrai la figura di Carola piangente.
«Caro? Che succede? Perché piangi?» mi allarmai, gettando il borsone sull'erba, per raggiungere lei.
Scosse la testa, calando lo sguardo sul parquet del porticato. Le presi il viso con entrambe le mani, costringendola a guardarmi. Non parlò, ma furono i suoi occhi lucenti e abbondanti di lacrime a farlo.
«Ehi, che hai?» le accarezzai piano la guancia.
«È tutto un casino. Non sono capace di gestire tutto questo. Troppe coreografie che non riesco a fare, la mia paura di fallire. Rendo impossibile, anche ciò che è facile-» singhiozzò; «non voglio uscire con il rimpianto di non aver dato il massimo di me stessa» continuò, bagnando i palmi delle mie mani.
«Trascorri giornate intere in saletta, ritornando a casa sfinita e consumata. Tutta la forza che hai dimostrato di avere, l'hai messa in qualsiasi coreografia tu abbia fatto, anche in puntata. Io l'ho notato, Caro. Lo sforzo che compi ogni volta prima di uscire da casa, per dirigerti in studio a provare fino alla morte. Ti capisco, ed è per questo che ti dico che non è tutto perduto e che niente di ciò che ti sembra sia vero-» sospirai; «devi solo renderti conto della ballerina che sei. Non puoi continuare ad andare avanti di questo passo, convivendo di paranoie e delusioni mentali. Non tu, Carola» dissi, con ferrea convinzione di ogni singola parola da me pronunciata. Le asciugai le lacrime, portando le braccia attorno al suo collo, stringendola a me.
«Ti voglio bene» mormorò a bassa voce.
«Te ne voglio anch'io, e non immagini quanto. Solo promettimi una cosa-» mi allontanai; «non fare di questa esperienza la tua paura» citai; «me l'ha detto un saggio, sai, vedendomi nella tua stessa situazione» cercai di sdrammatizzare.
«Grazie del richiamo, signorina» mormorò Alex, facendo ridere Carola.
Il castano si avvicinò, lasciando una carezza sui capelli della mia amica. Sorrisi a quel gesto, felice del fatto che abbiano instaurato un bel rapporto.
«Prepariamo la cena?» propose Alex.
«È il turno di Sissi» lo guardai.
«Non credo che le dispiaccia se cambiassimo orario per questa volta» fece spallucce; «allora?» ci guardò entrambe.
«Permettimi solo di darmi una sistemata» ridacchiò Carola, per poi lasciarci in giardino.
«È a pezzi» mormorai.
«Il fatto che anche tu lo sia, e che nonostante questo, tu l'abbia confortata, dice tanto di te» mi guardò.
«Sempre detto che sei fin troppo buona» disse Albe, seduto sulla panca accanto alla bionda.
Lanciai uno sguardo prima a lui, e successivamente al cantante dinanzi a me. Il vociare dei due divenne un ronzio lontano, mentre gli occhi di Alex gridavano nei miei. Restai immobile, a guardarlo, come se non lo avessi mai fatto prima. Mi succedeva spesso, di perdermi e ammirarlo. Minuti assordanti di puro silenzio. Gesta che avrebbero potuto raccontare una storia, trasportando il lettore nelle sfumature di quel nocciola sbiadito. Piccole lentiggini sulla sua pelle, e un leggero filo di barba che gli rendeva un'aria matura.
«Entriamo?» sussurrò, sorridendo beffardo, avendomi colta in flagrante.
Scossi la testa, schiarendomi la voce; «oh, ehm si, certo- entriamo» dissi imbarazzata, calando la maniglia della porta.
Sciacquai le mani e, dato l'orario, selezionai ciò che avremmo utilizzato in cucina. Carola mi raggiunse con i capelli legati in una coda alta, e col viso più limpido e sano. Sperai vivamente che le mie parole avessero potuto aiutarla, in qualche modo.
«Cucinate per me?» domandò Luigi, rientrato da una lezione.
«Datti una mossa e raggiungici» dissi io.
Lui in risposta, eseguì l'ordine come un comando, ritornando qualche minuto dopo. Le piadine erano pronte, così come la pasta - per chi l'avesse preferita -. Presi posto accanto a Christian, avendo dinanzi a me Alex e Aisha. Chiacchierammo sulle assegnazioni ricevute per la seconda puntata, tra cui parecchi guanti di sfida. Per Albe, Crytical, Leo, Nunzio e altri. Compresi me e il castano, con il quale trascorsi l'intera serata sul letto, sentendolo provare le cover che avrebbe dovuto portare.
«Dove intendi trascorrere l'estate?» mi chiese all'improvviso, mettendo fine al ritornello di Brusco.
«Al mare?» feci spallucce.
«Più precisamente?»
«Perché vuoi saperlo?» ridacchiai.
«Sono curioso- insomma, partendo dal presupposto che staremo insieme..» lasciò la frase in sospeso, alludendo al fatto che trascorreremo l'estate stando uniti.
«Che te ne pare della Calabria? Così potremmo stare con Luigi e gli altri» dissi, guardandolo.
«Mh- e della Sardegna?»
«Non mi dispiace affatto» sorrisi.
Si avvicinò a me, facendomi segno di sedermi a cavalcioni sulla sua figura. Così feci, aggrappando le braccia alle sue spalle.
«Ho una proposta da farti» mormorò sulle mie labbra.
«Quale?»
«Portarti in giro per il mondo» disse.
«Lo faresti?»
«L'ho sempre voluto»
Una serie di immagini consecutive di me ed Alex in qualsiasi paese e città, iniziò a girovagare nella mia testa. Ho sempre immaginato di poter visitare tanti luoghi, conoscere tradizioni e civiltà a me lontane, portando souvenir alla mia famiglia. Realizzare questo sogno con lui, sarebbe assurdo, quanto bello.
«Non ho altra scelta, vero?» sorrisi sulla sua bocca.
«Biglietto di sola andata. Prendere o lasciare»
«Non saprei, signor Rina. Cosa mi consiglia?»
«Le direi di accettare, signorina Chatillon, perché il sottoscritto non vede l'ora di far l'amore con lei, qualunque sia la destinazione» ammiccò, facendo scorrere le mani sotto la maglia nera che indossavo.
Giunse al gancio del reggiseno, che le sue dita impacciatamente cercarono di portare via, riuscendovi qualche minuto dopo. L'indumento in nero cadde sul pavimento, mentre io restai ancora coperta completamente.
«Alex» ansimai, nel momento in cui le sue mani racchiusero i miei seni nei propri palmi. Respiravo affannosamente, ben sapendo stesse stuzzicando la mia parte più sensibile. Il pollice e l'indice giocarono con i miei capezzoli, perfettamente turgidi ed eccitati. Non potendone più di quel tormento, lo baciai. Le nostre lingue si ricercarono, toccandosi e sovrapponendosi. Gli morsi un labbro, lasciandomi sfuggire un gemito al suo tocco. Decisi di alzare i lembi della maglia, mettendo a nudo il mio petto proporzionato e leggermente abbondante. Come se Alex avesse visto un tesoro, si avventò su di essi, succhiandoli e mordendoli. La punta della sua lingua designò cerchi immaginari attorno alla mia pelle. Stavo impazzendo, letteralmente. Il mio basso ventre pulsò contro il rigonfiamento dei suoi pantaloni di tuta grigi. Gettai la testa all'indietro, mordendomi il labbro inferiore, nel completo piacere. Le mie mani si intrufolarono tra i suoi capelli morbidi, e d'istinto spinsi il suo capo verso la mia bocca, volendone assaporare il gusto. La maglia venne calata nuovamente verso il basso, le sue mani invece, non smisero di raggiungere la parte alta del mio busto. Sarei potuta venire in quel preciso istante, con solo pochi tocchi e baci passionali.
«Cazzo- avrei dovuto bussare» bastarono queste parole a condurre un mio distacco netto da Alex.
«Noi- beh- non è successo nulla» balbettai, nel disagio più totale, e il rossore sulle goti.
«Hai interrotto tutto, Luca» disse invece Alex, in maniera disinvolta. Come ci riusciva?
«L'ho notato-» mormorò, con un sorrisetto furbo, guardando il pavimento. Seguii il suo sguardo, che puntava dritto sul mio reggiseno.
«Luca-»
«Volevo solo dirti che domattina alle dieci c'è l'appuntamento con la stilista e con il fotografo, ci è appena arrivata la comunicazione» mi guardò.
«Oh, okay» sintetizzai, mordendomi l'interno guancia, aspettando se ne andasse.
«Va bene, amico. Puoi andare?» sbuffò Alex.
Il cantante di Rudy, finto e vago, si leccò le labbra come suoi solito, in un viso da schiaffi.
«Vi lascio proseguire, buona scopata» disse, chiudendo la porta. Quando mi appoggiai ad essa con la fronte, non potei che udire la risata del mio amico in lontananza. Sospirai profondamente, sperando non avrebbe spifferato a nessuno le condizioni in cui ci ha visto.
Le mani di Alex si poggiarono sui miei fianchi, le sue labbra sul mio collo. In uno scatto, la serratura venne celata e le luci arrestate.
«Alex- non credo sia una buona idea» mormorai, trasalendo al suo tocco sulla mia pelle.
«Faremo piano» sussurrò lui, sul mio collo, prima di lasciarvi un bacio umido.
Non avremmo fatto piano, e lui lo sapeva bene. La voglia e il desiderio di appartenerci, andava oltre il silenzio e la tranquillità. I ripetitivi baci lasciati sulla mia bocca, una volta giratami verso di lui, consumavano ogni fibra del mio essere. Le sue mani bollenti bruciarono la mia pelle, costringendomi ad avanzare verso il letto. I pantaloni ricaddero sul pavimento, insieme alla mia maglia. Ogni volta sempre come se fosse la prima. Mi trovai immobile, scettica. No che non volessi, anzi. Vedere Alex in questo stato mi eccitava, e neanche poco. Mi feci prendere dal panico, percepivo le voci e gli occhi degli altri parlare di noi.
«V.» mi chiamò, portando le mani sulle mie guance.
Alzai lo sguardo verso il suo, notando come la malizia si sia mescolata alla calma.
«Non vuoi?» continuò.
Non risposi, mi limitai a portar via il tessuto che lo ricopriva fin troppo, facendolo ricadere assieme agli altri indumenti. Fece un sorrisetto furbo, portandomi approssimativamente stretta a lui, facendo scontrare i nostri petti nudi. Lo spinsi sul letto, al quale si appoggiò con i gomiti. I capelli senza forma, le labbra gonfie, il petto affannato. Sembrai essere avvolta in fiamme incandescenti, alle quali non vi è via di fuga. Sbottonai i suoi jeans, trascinandoli lungo le sue gambe, affinché fossero scoperte. Il rigonfiamento dei suoi boxer bianchi si fece più evidente. Iniziai a baciarlo, calandomi sul suo corpo. A partire dalle labbra, giungendo al collo, al suo petto. Ondeggiai lentamente, senza volerlo, sul suo basso addome. Ansimò, stringendo forte le mie cosce, sfogandosi. Lo guardai dal basso, portando i capelli su una sola spalla. Sospirò, poggiando le mani sui miei seni, distendendo le braccia verso di essi. Trasalii e lui, notandolo, sorrise soddisfatto. Ritornai sulle sue labbra, baciandole desiderosamente. Cambiò le posizioni, portandomi sotto il suo esile corpo, continuando a baciarmi. Leccò i lembi di pelle del mio collo, mordendomi appena il lobo dell'orecchio, stando attento al suo orecchino. Dopo aver varcato la mia scollatura, seguendo dritto lungo il mio ombelico, fece per allontanarsi e recuperare qualcosa dalla tasca dei suoi jeans. Dimenticai la sua abitudine di portare un contraccettivo in ogni dove, partendo dal principio che tutte le situazioni siano un possibile pretesto per 'accoppiarsi'. Parole sue. Gettò via il tessuto bianco che ricopriva la sua inferiorità, e non potei fare a meno che osservarlo srotolare il lattice lungo la sua lunghezza.
«Credi ancora che non sia una buona idea?» sussurrò, con voce roca, portando le dita sulle estremità delle mie mutandine.
«Taci, Alex» mormorai.
Ridacchiò, posizionandosi tra le mie gambe divaricate. Con le mani messe all'altezza della mia testa, fece per entrare in me con una spinta netta. Mi bacio con avidità, muovendosi lentamente, affondando nella mia purezza. Non riuscii a reprimere un gemito che mi sfuggì di bocca. Sorrise sulle mie labbra, portando la sua mano dritta sulla mia coscia, avvinghiandola al suo bacino. Lo guardai, analizzando ogni centimetro di pelle. I suoi addominali contratti e perfetti, che si alterarono ad ogni spinta. Le sue spalle, più grandi delle mie, mi sovrastarono la vista del soffitto. Il suo viso, reso visibile grazie al candore della luna e ai suoi riflessi lucenti, attraversati dalla finestra circolare della stanza. Col timore di essere visti, di essere interrotti e giudicati, Alex ed io avremmo comunque continuato a donarci l'un l'altro. E non avrei mai pensato di riuscirci, di poter arrivare al punto di attirare un ragazzo, così tanto da fargli perdere la testa e indurlo a desiderarmi in ogni istante. Mai avrei pensato che mi sarei concessa a qualcuno. Non in questo contesto, per lo meno. È successo per caso, senza prescriverlo, senza averlo già deciso. È da pazzi, lo so. Così com'è stata una pazzia innamorarmi di lui. Solo che, le cose difficili mi sono sempre piaciute. Gli attimi di sfida, gli ostacoli. Alex è stata una vittoria, per me. Una di quelle che, dopo mille cadute, dopo un bagno di sudore, riesci ad ottenere. Un premio che avrei riposto su una mensola, trattandolo con accortezza. Ed è per questo che non sarei stata capace di lasciarmelo andar via. Lui è il mio primo amore, e intendo sia l'unico.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora