twenty-two

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A darmi il buongiorno questa mattina fu Mattia, munito di camicia bianca e pantaloni elasticizzati neri. Erano le nove del mattino e tra un'ora avremmo avuto lezione entrambi. Indossai un leggings nero e un top del medesimo colore. Sapevo bene che, una volta in saletta, avrei dovuto indossare le scarpe col tacco. Non ero poi così incapace nel portarli, mi ero solo rotta la caviglia - sì o no - due volte. Un gioco da ragazzi, insomma. Scossi la testa divertita per i vecchi ricordi e preparai il latte, versandolo in un pentolino. Chiesi al ballerino di latino se ne volesse un po', ed accettò. Poi corrugai la fronte, contraendo le sopracciglia, e mi rivolsi verso Mattia con un interrogativo.
«Dov'è Christian?»
«Chri? Perché?» chiese lui confuso, appoggiandosi al ripiano dell'isola.
«Dovrebbe essere qui. Mi ha detto che sarebbe venuto con noi alle prove» spiegai, versando il latte caldo nelle due tazze. Aggiunsi del caffè e lo accompagnai con dei biscotti al cioccolato.
«Non mi ha detto niente» disse, inzuppando i piccoli dolci nel latte. Strano che non gliel'avesse detto, ma forse se n'è solo dimenticato.
«Torno subito» dissi, facendo qualche passo indietro.
«Ma- almeno finisci la colazione» disse. Ma la sua voce era ormai troppo lontana. Entrai nella stanza dei ragazzi e la figura di un Christian dormiente apparve ai miei occhi. Mi avvicinai piano, sedendomi sul bordo del suo letto. Lo scossi piano, iniziando a sussurrare il suo nome.
«Chri, svegliati» mormorai, appoggiando la mia mano sulla sua spalla, ricoperta dalla maglia del pigiama.
«Non vuoi più venire in saletta con me e Mattia? Hai cambiato idea?» domandai, ma come risposta ricevetti solo un verso assonnato. Sorrisi istintivamente nel vederlo dormire così comodamente.
«So che mi stai ascoltando» sussurrai, avvicinandomi al suo orecchio. Iniziai col lasciare dei piccoli baci sulla sua mascella, arrivando alle sue tempie. La sua pelle era così calda, mentre io ero ad un passo così dal diventare un ghiacciolo.
A distrarmi dal fare, furono due braccia che mi si strinsero al collo. Christian mi teneva stretta a se, e risi per il solletico che il suo respiro recava sulla mia pelle.
«Potresti svegliarmi tutti i giorni così?» mormorò, senza lasciarmi andare.
«Se ti alzi e ti prepari, si» creai un pretesto per farlo sbrigare. Manca mezz'ora alla lezione.
«Bugiarda» fece un sorriso tirato. Mi staccai da lui, mettendomi in piedi al letto. Lui fece lo stesso e, ancora una volta, restai lì a guardarlo cambiarsi.
«Ci hai preso gusto» fece per abbottonarsi i pantaloni in jeans nero. Dio se era bello.
«Taci» gli lanciai un cuscino, che a malapena lo colpì. Lui lo riprese dal pavimento e me lo scaraventò in piena faccia.
«Grazie» sbottai ironica, sistemandomi i capelli. Lui se la rise di gusto, mostrando il suo sorriso che a me piaceva tanto.
«Mattia è già pronto?» domandò, cercando qualcosa nel suo armadio.
«È stato il primo a svegliarsi»
«Se non avessi ritardato la sveglia, molto probabilmente adesso saremmo già agli studios» disse, prendendo una felpa bianca con uno stemma arancione sul retro.
«Non mi dispiacerebbe se uscissi così, sai? Ma credo che fuori non ci siano nemmeno dieci gradi» continuò, gettandomela contro. Guardai prima i miei vestiti, poi la felpa, poi lui con un'espressione accigliata.
«Mettila, fa freddo» disse, indicandomi.
«Avrei indossato la mia» dissi.
«Voglio che metti questa» si avvicinò, prendendo la felpa con l'intento di mettermela. Fece un risolino quando la mia testa sbucò fuori e solo in quel momento mi accorsi delle sue mani appoggiate sui miei fianchi scoperti. Le tolse subito quando la felpa ricadde sul mio corpo, e quasi mi dispiacque.
«Ti sta enorme» rise. Mi voltai verso lo specchio sulla parete e si, la felpa mi arrivava appena sopra le ginocchia.
«Conviene indossarne una anche a te, altrimenti ti beccherai un accidente. E sbrigati Chri, sei peggio di una donna quando ti prepari» dissi. Lui alzò gli occhi al cielo, prendendo un'altra felpa e andando in bagno.
Una volta giunti in cucina, mi accorsi che Mattia non era più solo. Carola, Luigi, Alex e Sissi erano intenti a mangiare.
«Conosco quella felpa» azzardò il biondo. Cercai di non cadere nell'imbarazzo, ma nel momento in cui il ballerino di hip hop mi poggiò un braccio sulle spalle, stringendomi a se, persi il lume della ragione.
Notai come lo sguardo di Alex fosse fisso su di me, mentre mordeva duramente quelle povere fette biscottate. Non riusciva a vedermi con lui, ricordai le sue parole. Ma perché? Perché non ci riuscivi, Alex? Perché ti infastidisce così tanto? E perché dovrei starti a sentire lasciandoti avere il controllo su di me?
«Va'?» sentii chiamarmi. Era proprio Christian.
«Cosa?»
«Andiamo, prendi il borsone» mormorò, ed io annuii. Salutai Carola e Luigi, e poi ci incamminammo verso gli studios.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora