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«Più slanciata nel bacino, non avere paura! Hai tutta la possibilità di farlo» mi incalzò Elena, la ballerina.
Ero in saletta, con Christian, lei e Umberto. Avremmo studiato con loro la coreografia assegnataci da Todaro. Proprio quest'ultimo mi ha detto di restare calma e divertirmi, ma non riuscivo a fare altro che demoralizzarmi. I passi mi venivano male ed ero incapace di fare scatti veloci da una sequenza all'altra.
«Riproviamo di nuovo, va bene?» chiese Umberto, facendo partire la base.
Christian ed io ci mettemmo dinanzi allo specchio, lui era perfetto. Si trovava nella sua comfort zone, mentre io sembravo un'anguilla tremante.
Nel momento in cui, avrei dovuto posare il mio fondoschiena sul dinanzi dei pantaloni di Chri, trattenni il fiato. Nonostante avessi provato tre volte, non riuscivo a neutralizzare questo movimento.
«Vai tranquilla, non devi sentirti a disagio. Stiamo solo ballando, Va'» disse Christian, vedendomi affranta. Era facile per lui, chissà quante volte si sarà trovato in questa situazione.
«La lezione è finita, ma hai fatto un piccolo miglioramento Vale. Devi solo essere più sicura di te» disse Elena, uscendo dalla saletta con il ballerino.
Mi appoggiai alla sbarra per poi sedermi sul pavimento. Non capivo perché non ci riuscissi, eppure ho cercato di partire col piede giusto.
«Riproviamo un'ultima volta, ti va?» domandò Chri, piegandosi alla mia altezza.
«Per vedermi fallire ancora? No, passo. Ho bisogno di rilassarmi adesso» sbuffai, portandomi una mano nei capelli.
«Mi hai detto che ballavi spesso hip hop con tuo fratello, giusto?»
«Si, perché?» domandai perplessa.
«Fai finta che tu stia con lui, divertiti come quando ballavi in sua presenza» cercò di confortarmi. Sorrisi leggermente a quelle sue parole, il ricordo di mio fratello spazzava via ogni pensiero negativo.
«Se è per quell'avvicinamento.. tranquilla, possiamo chiedere di toglierlo» disse in imbarazzo. Le mie guance si colorarono di rosso e feci una risatina alla sua richiesta.
Scossi la testa; «no, non ce n'è bisogno. Non è quello che mi spaventa» dissi, vedendo un sorriso comparire sulle sue labbra.
«Allora, alza quel bel culetto che ti ritrovi e mostrami che sei capace di fare questa coreografia» disse alzandosi, porgendomi una mano. Aspettate, aveva appena alluso sulla bellezza del mio didietro?
«Guarda che ti ho sentito forte e chiaro» risposi, afferrando la mano e alzandomi a mia volta.
«Mea culpa» disse con un sorrisetto. Aveva una faccia così dolce che avrei voluto prenderlo a schiaffi. Si, era un desiderio contorto il mio.

Ballammo più volte. Man mano iniziavo a sciogliermi di più e così facendo i movimenti del corpo divennero meno dinamici e più spediti.
«Adesso mi sei piaciuta» disse Christian, portandosi indietro i capelli leggermente sudati.
«Dobbiamo continuare a provare»
«Quando vuoi» disse lui.
Detto questo, andammo in sala relax dove Alex e Luigi interruppero la loro conversazione per posare lo sguardo su di noi.
«Com'è andata?» domandò il cantante di Rudy.
«Benino» risposi, stringendomi nelle spalle.
«Sicuri che siate soli? Non è che un Luca si sia nascosto da qualche parte?» ironizzò Luigi, facendo ridere Christian.
«Ancora con questa storia?» sbuffai.
«È che prima parlava di te» intervenì Alex, con labbra serrate e sguardo basso. Dopo stanotte non gli ho più riferito parola. Forse per l'imbarazzo, forse per salvaguardarmi. Ma ricordo ancora bene il tocco delle sue dita sulla mia pelle.
«Mi sa che dovrò parlarci io con Luca» disse Christian, mettendomi un braccio sulle spalle. Questo gesto attirò la sua attenzione, portandolo a spostare lo sguardo dal braccio a me.
«E- cosa dovresti dirgli?» domandai, cercando di non farmi pressare dalla presenza di Alex.
«Che sei la mia compagna di ballo e che lui, sfortunatamente, dovrà limitarsi a guardare» disse guardandomi. In altre circostanze avrei riso, adesso mi limitai a creare un muro di imbarazzo. Soprattutto perché l'aveva detto dinanzi a loro.
«Oh, bene bene. Non bastavano Albe e Serena, adesso anche voi due» scosse la testa Luigi, mentre Alex restò in disparte senza dire nulla.
«No, non fraintendere. E poi cosa c'entrano Albe e Sere?» chiesi.
«Li ho visti molto vicini questa mattina sulla panca, si sono staccati imbarazzati quando sono giunto io. Eppure volevo solo fumare una sigaretta e mi sono ritrovato a fare il terzo incomodo» spiegò. Risi leggermente restando colpita. Sarei corsa subito dalla bionda a chiedere spiegazioni.
«Adesso vado, Zerbi mi aspetta» disse salutandoci. E come sempre, restammo solo noi tre. Sembrava un deja-vù.
«Vado anch'io, tu non hai altre lezioni?» chiesi al ballerino.
«No, ne ho una l'ora dopo. Ma resto qui ad aspettare Mattia, tu va' pure»
Annuii e lo salutai, prendendo il borsone che stamattina avevo lasciato sulle gradinate, dove adesso era seduto Alex.
Mi avvicinai veloce, volendo scappare al più presto da questa situazione.
«Tieni, era sul tavolo» fu Alex a parlarmi, calando la voce, non volendo farsi ascoltare da Chri. Mi diede il mio mp3.
«Grazie, se non me lo avessi dato molto probabilmente adesso starei circolando alla sua ricerca come una disperata» dissi.
«Si, credo che ne saresti capace» bozzò una risata. Indossai il giubbotto e misi il borsone sulla spalla.
«Ti accompagno?»
«Come?»
«In casetta, posso accompagnarti?» precisò.
«Non hai lezione, scusa?» chiesi alzando un sopracciglio.
«No»
«E allora cosa ci fai qui?»
«Qui non c'è nessuno» disse.
«Neanche in casetta c'è nessuno, soprattutto a quest'ora» risposi, appoggiando il peso del corpo su una gamba sola.
«Insisti eh?» sorrise di poco.
«In che senso?»
«Cerchi sempre di arrivare fino in fondo, qualunque sia la circostanza»
«Semplice curiosità» feci spallucce.
«Non hai risposto alla mia domanda» disse lui, alzandosi e bloccandosi sul posto.
«Cosa ti aspetti che risponda?» feci per arretrare di un passo. Stare troppo vicina a lui mi fece vacillare.
«Forse un si?» domandò facendo un'espressione buffa. Ma ai miei occhi apparve così carina.
«Perché mi chiedi sempre il permesso?» domandai aggrottando la fronte.
«Perché mi rispondi facendo altre domande?»
«L'hai appena fatto anche tu» dissi io, con sguardo vincente. Sussurrò un 'touché', che mi fece sorridere.
«Andiamo, allora» dissi sospirando. Lui, con addosso il suo giubbotto che lo rendeva ancora più adorabile, ed io che sembravo appena uscita da un corso di pilates.
«Perché ridi?» chiese, uscendo dalla sala relax. Non mi ero accorta che stessi ridendo. Maledetto il pensiero di me intenta a fare pilates.
«Niente, non capiresti» feci un gesto della mano, come di lasciar perdere e continuammo a camminare lungo il corridoio rosso.
«Non ti ho visto assai contenta quando sei arrivata in sala» disse , mentre teneva lo sguardo calato sul pavimento.
«Chi ti dice che io sia sempre contenta?»
«Non alludo a questo. E sappi che noto quando una persona è felice oppure no» disse, uscendo dagli studios. L'aria gelida mi colpì in faccia e lungo le gambe, lasciandomi la pelle d'oca.
«È solo che non sono convinta di potercela fare. Certo, le ultime due volte che abbiamo provato sono andate meglio.. ma-»
«Ma pensi di non essere abbastanza» disse lui per me, interrompendomi. Mi fermai sull'uscio del cancello chiuso. Come faceva? Come faceva ad azzeccarci sempre?
«Tu mi fai paura» dissi, impalata sul posto.
«E perché?» sorrise.
«Perché pare che tu sappia tutto» gli puntai il dito contro.
«Non so niente, Valeria. Sono i tuoi occhi a parlare per te»
Le gambe tremarono leggermente, i miei occhi si persero nei suoi, ancora una volta. Senza telecamere, senza nessuno a guardarci. Solo io e lui. Ed io mi sentivo così stretta, in gabbia. Era successo già una volta, sulle gradinate. La mia bolla di insicurezze e sensibilità. Lo disse guardandomi negli occhi.
«Stai bene?» domandò, calandosi leggermente per arrivare alla mia altezza. Feci 'si' col capo, ma dentro ero spiazzata.
«Entriamo? Ho freddo» dissi, aprendo il cancello e salendo le scale. Entrai in casetta, dritta in camera mia.
«Va', oh, ma che fai?» mi corse dietro Alex.
«Non ho fatto niente» dissi io, prendendo il pigiama.
«Sei letteralmente scappata non appena varcato il cancello, che ti è preso?» domandò, sedendosi sul mio letto.
«Nulla, Alex. Adesso vorrei fare una doccia, se non ti dispiace» dissi oltrepassando il mio letto, ma venni presa dal polso.
«Non cambiare argomento»
«Non ho nulla» dissi.
«Se non avessi nulla, non saresti scappata così da me. Ho detto qualcosa di male?» domandò, con un velo di malinconia negli occhi. Scossi la testa.
«Puoi sederti qui accanto a me?» fece per farmi spazio sul mio stesso letto. Feci come detto, mentre continuava a tenermi per il polso. Non mi stringeva con forza, il suo tocco era sempre così delicato per me.
«Non voglio parlarne» non con te, avrei aggiunto.
«Ti capisco se non vuoi, ma non voglio che tu stia così per qualcosa che ho detto io»
«Non sei tu il problema, lo sono io» calai lo sguardo in basso sulla sua mano, che istintivamente accarezzai.
«Non sarai mai tu il problema» mi sussurrò.
«E come puoi riuscire a precedermi la parola, azzeccando sempre?» domandai.
«Hai detto che sono un insieme di insicurezze e sensibilità, oppure che non mi senta mai abbastanza» continuai stizzita.
«È solo quello che penso tu creda di essere. Non ho mai detto che tu lo sia ai miei occhi»
«Non voglio che ti passi quest'immagine di me. Non voglio che passi a nessuno in realtà. Ma sei stato l'unico a dirmelo, gli altri no»
«Mi guardi?» chiese, prendendomi il mento tra l'indice e il pollice. Mi girò verso di lui e Dio solo sapeva come mi sentivo in quel momento.
«Gli altri non sanno leggerti»
«Questo non vuol dire che io debba essere un libro aperto per te» risposi.
«Non lo sei. Sono solo intuitivo la maggior parte delle volte» disse, lasciando andare la mano da sotto il mio mento. Sapeva che non mi sarei mossa e che non avrei più distolto lo sguardo da lui. Lo sapeva eccome.
«Va', non devi crearti troppi problemi. E comunque sia, questa cosa resta tra noi» sussurrò, togliendosi le scarpe e stendendosi sul letto.
«Sei pulito, almeno?» risposi al suo gesto.
«Vuoi testare?» sorrise, mettendo le braccia dietro la testa.
«Non ci tengo, grazie» feci una risatina.
Poi, tirata dal braccio, mi ritrovai stesa anch'io. Si sistemò meglio, mettendosi sul lato destro col capo appoggiato sulla mano. Mi misi nella sua stessa posizione, così da ritrovarci faccia a faccia.
«Faresti anche la mia ballerina personale?» domandò, leccandosi il labbro. Non commentai quel gesto, ma lo trovai terribilmente bello in quel momento.
«Sono già occupata» risposi vaga, facendo comparire sul suo viso la famosa fossetta.
«Ti vogliono tutti» sospirò.
«Non mi vuole nessuno»
«Luca e Christian ti muoiono dietro, non scherziamo» disse. Credo che in parte avesse ragione, notavo strani comportamenti da parte di quei due nei miei confronti.
«Ma Luca e Christian non sono tutti» dissi io, guardandolo per bene.
«Parlavo in generale»
«E hai detto una cazzata» sbottai.
«E quindi? Saresti anche la mia ballerina? Anche io ho voglia di vederti ballare per me» parlò con tono malizioso. Dannazione.
«Non ballerei mai per te»
«Cazzo, questa è stata davvero tosta» ironizzò, facendo una faccia mezza sorpresa.
«Non sottovalutarmi» risi.
«Ora stai meglio?» cambiò tono di voce, ritornando l'Alex tranquillo e dolce.
«Si, grazie» calai lo sguardo, facendo un mezzo sorriso. La realtà è che odiavo essere vista come quella debole, ma a quanto pare solo il ragazzo qui dinanzi a me se n'era reso conto. E questo diceva tante cose su di lui.
«Vuoi che ti lasci sola, adesso?»
No, non volevo.
«Hai una doccia in sospeso o mi sbaglio?» continuò, alzandosi dal letto lasciando un vuoto su di esso. Mi alzai anche io e presi l'asciugamano dal mobile. Appena mi girai, notai Alex giocare divertito con quello che sembrava essere.. il mio reggiseno!
«Cosa stai facendo, imbecille?» gli corsi incontro, togliendoglielo dalle mani.
«Sicura che non vuoi compagnia sotto la doccia?» domandò malizioso.
«Vai fuori, prima che prendi a schiaffi quel sorrisetto che ti ritrovi» dissi imbarazzata.
«La mia era una proposta del tutto pulita e senza alcun segno di malizia» sorrise ancora, divertito.
«Siamo in un programma televisivo Alex, spero con tutta me stessa che questa cosa non vada in onda» dissi disperata.
«Quindi vuol dire che se non fossi stata qui, l'avremmo fatta? Guarda che me lo segno, e ne terrò conto una volta usciti da qui»
«Alex!» urlai, rossa paonazza.
«Perché fai così? Sei già impegnata?» domandò curioso, ed io scossi la testa negando.
«Perfetto, allora tienine conto anche tu» disse, lasciandomi un bacio sulla fronte per poi uscire definitivamente dalla mia stanza. Lasciandomi lì, sola, imbarazzata e col cuore a mille.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora