ALEX'S POV
Diciannovesima puntata. Ore undici di un mattino tipico a Roma, col cielo coperto da nuvole e lo scorgere di un quarto di sole. Il cancello della casa mi venne gentilmente aperto dalla ragazza mora dinanzi a me, alla quale allacciai il mio braccio alle sue spalle, stringendola forte al mio fianco. Camminammo lungo il marciapiede, uno accanto all'altro, spintonandoci a vicenda com'eravamo soliti fare. La sentii ridere, mentre da dietro ascoltai il vociare di Luca e Dario, che borbottavano qualcosa di incomprensibile su noi due. Gli lanciai velocemente un'occhiata, al che si mutarono. Alzai gli occhi al cielo, scuotendo la testa rassegnato. Entrati in sala relax, iniziai a riscaldare la voce con degli esercizi consigliatimi dalla vocal coach. Indossai le cuffie, agganciandole al mio ripetitore di musica tascabile, al cui interno conservavo, gelosamente, le basi a chitarra e piano che ho personalmente composto. Ripetei a bassa voce il testo della cover che ho scelto per l'apposita gara di oggi, guardando la mia ragazza provare a pochi metri da me. Mi persi nel farlo, osservando ogni centimetro della sua pelle scoperta a causa della tutina nera che indossava, che le lasciava nude le gambe e le braccia, ma al contempo, le fasciava perfettamente il corpo. Quel corpo che ho toccato e dominato più volte, che mi ha fatto impazzire, che ho desiderato principalmente col pensiero. Spesso rinunciavo a credere che una come lei, abbia scelto di stare con un disastro come me. Delicatezza e innocenza si sono scontrate contro oscurità e sfacciataggine. Un miscuglio tra due mondi completamente opposti ma, in fondo, così simili. Simili nella nostra timidezza, nella capacità di tenerci dentro il più possibile fino a scoppiare, nella nostra testardaggine, nel nostro orgoglio perenne. Hegel affermava, nella sua teoria filosofica, che solo attraverso l'altro avremmo capito noi stessi, con la consapevolezza di chi siamo realmente. Con lei sono venuto a contatto con una parte di me che, credevo, di tener nascosta. Ha scavato nei meandri del mio cuore, portando a galla quel sentimento che ho sempre temuto. Ha avuto voglia di scoprirmi, volontà di entrarmi dentro e farsi carico dei miei pensieri. E nonostante non avessi voluto, per evitare di appesantirla maggiormente, lei ha comunque insistito e non ho avuto modo di negare.
«Ho qualcosa che non va?» mi chiese, togliendomi le cuffie dalle orecchie.
Mi scossi leggermente, risvegliandomi dal mio sogno improvviso, attorcigliando il filo degli auricolari sul bancone alla mia sinistra. La guardai e con un cenno del capo le dissi di no.
«Sembravi un maniaco» scherzò, avanzando di un passo, nel suo striminzito tessuto nero, il quale non esitai a portarne i lembi più in basso. Rise, prendendo le mie mani, valutando in che parte del suo corpo posizionarle. Mi morsi leggermente il labbro quando le poggiò sui suoi fianchi, accostando il suo petto al mio.
«Non giocarmi brutti scherzi» mormorai.
«Sto facendo la brava» alzò lo sguardo verso di me, giocherellando con la collana di perle che avevo al collo. Fottutamente divina, ecco cos'era. Con due occhi penetranti e labbra morbide come marshmallows. Al pensiero che qualcun altro avrebbe potuto baciarle, mi si rizzarono i nervi. La figura di Calma seduta sulle gradinate mi portò in testa le parole della mora quella mattina in doccia. Odiavo vederla piangere, soprattutto per colpa mia. Ma io non c'entravo niente quella volta. Era stato quel bastardo a rovinarla in quel modo. L'aveva toccata, baciata, oppressa. Il cuore mi batteva forte dalla rabbia, le mie vene pulsavano al solo ricordo.
«Alex?»
Respirai, riportando l'attenzione su di lei, che mi guardava confusa. Le accarezzai una guancia, scuotendo la testa.
«Sono qui» sussurrai.
«Cosa ti ho detto?» sospirò, ed io annuii. Dovevo aiutarla a dimenticare, e ripensandoci non avrei risolto assolutamente nulla. Ma la voglia di prenderlo a pugni era così forte, che solo una forza divina mi avrebbe fermato dall'agire.
«Come ti senti?» domandò poi, appoggiando le braccia sulle mie spalle.
«Tranquillo» risposi; «e tu?» chiesi io.
«A differenza tua, io sto per essere risucchiata da una voragine d'ansia» rise amaramente.
La questione del serale la stava ammazzando mentalmente. Tornava dalle lezioni distrutta, spesso con lividi sulle caviglie a causa delle punte. So certo che fosse abituata a questo stile di vita, essendo le gare e spettacoli eventi all'ordine del giorno nella sua vita pre-Amici, e so anche quanto lei sia brava e che dovrebbe smetterla di puntare alla perfezione. La stessa Maria ha insistito col ripetiglielo più volte e anche lei, così come la Celentano, credeva molto nelle sue capacità.
«Non sono affatto sorpreso» sdrammatizzai.
Alzò gli occhi al cielo, toccandomi una ciocca di capelli dietro la nuca.
«Hai preparato le cover?» mi chiese, cambiando argomento. Le accennai un sì col capo, e ripensai al testo della canzone che decisi di portare. Ne avevo preparate un paio in sala con Lorella, ma di ognuna di esse, non mi sentivo sicuro di esporle. Una piccola parte di me nutriva timore di quelle parole. E questo pensiero continuò a rimbombarmi in testa anche quando mi ritrovai dinanzi ad Emma Marrone. La puntata iniziò con la solita gara, fui l'ultimo ad esibirmi.
«Cosa canti?» mi domandò la conduttrice.
Caddi nel pallone. La testa iniziò ad incasinarsi di idee e conseguenze. Non potevo farlo, non in questo modo.
«Vita, di Lucio Dalla» dissi.
In quel momento potei constatare le facce perplesse di Lorella e Maria, convinte che avessi cantato un'altra canzone. Non mi era mai capitato di cambiare idea all'ultimo momento. Ma Questo piccolo grande amore.. era una cosa che richiedeva tempo e che V. avrebbe dovuto godersi appieno.
Non appena ebbi terminato, la classifica venne stilata, capitando nella fascia rossa accompagnato da Luigi. Presi la maglia, poggiandola dinanzi alla mia istruttrice, la quale senza esitazione mi mandò a posto, esiliandomi dal rischio di eliminazione. Lanciai uno sguardo alla mora in alto, la quale sembrò sollevata a quel gesto. Non avevo dubbi, questa volta. Sapevo quanto Lorella credesse in me e quanto avrebbe voluto che continuassi il mio percorso. Rudy, invece, sentì il bisogno di riascoltare il mio amico sulla base del suo nuovo inedito Tondo, scritto da Nigiotti. Fu salvo dal tornarsene a casa e tornò a sedersi, mentre sia Leonardo che John Erik si esibirono per la riconferma della maglia.
«Passiamo alla prossima gara di versatilità» pronunciò Maria; «a giudicarvi sarà Marcello» continuò, mentre il ragazzo fece la sua entrata in studio.
Non appena la bionda lo denominò 'papà', un grande applauso si fece largo nello studio: Giulia Pauselli era incinta.
«Vorrebbe anche ballare col pancione, tu che ne pensi?» rise Maria.
«Che sarà, probabilmente, lo spettacolo più bello che io possa mai vedere» rispose lui.
Istintivamente, sorrisi. Cercai di passare inosservato, serrando le labbra tra loro, ma le immagini che mi si seguirono in mente erano così buffe che non riuscii a trattenermi. La causa del mio sorriso mi si piazzò di fianco, sulla scalinata. Sebastian e Cecilia dimostrarono, mentre lei, insieme agli altri, iniziò a riscaldarsi. Indossò una felpa e un pantalone largo dall'aria familiare.
«Quello è mio» glielo indicai.
«Già» fece spallucce, togliendosi il microfono, appoggiandolo sul mio banco. Si mosse freneticamente sul posto, scrollando le spalle, allungando le braccia. Ridacchiai, beccandomi uno schiaffo sulla spalla sinistra, il tutto sotto gli occhi del pubblico. Poi fece un passo verso di me, portando la sua mano tra i miei capelli. Mi rilassai, mentre il primo gruppo si esibì. Gli occhi di alcuni erano solo su di noi. Non ci siamo mai spinti così oltre, questo approccio così riavvicinato l'avrebbe notato chiunque. Dai capelli scese in basso, iniziando a giocherellare con il lobo del mio orecchio e quando la conduttrice la richiamò, un vociare del pubblico si innalzò improvvisamente.
Maria rise guardando prima lei, poi me, consapevole della nostra storia. Scossi la testa, riportando l'attenzione sulla sua figura intenta a ballare il pezzo di hip hop, che le avrò visto provare circa un centinaio di volte. Poi si spogliò e sul suo corpo ritornò quella tutina nera striminzita, che le risaltava qualsiasi cosa lei avrebbe voluto nascondere. Battei le mani non appena terminò, andando al suo posto. La seguii con gli occhi e, vedendomi penzolare il suo microfono tra le mani, si portò una mano in fronte. Scese velocemente, facendo ridere la bionda in poltrona, le mimai uno 'scema' e ritornò a sedersi.
«Da che posizione partiamo?» chiese.
«Dalla prima, no?» disse Marcello; «credo di averle dato il punteggio massimo, perché ho visto un grande miglioramento da parte sua. Già nella scorsa gara pomeridiana mi era piaciuta. Questa volta di più» sorrise, guardando i banchi.
In quel momento il nome apparve sullo schermo, e nel leggere il suo, battei le mani soddisfatto. La guardai e dalla sua espressione sembrò non aspettarselo. Vidi Dario batterle la cinquina, contento per lei. Speravo riuscisse a capire quanto spettacolare fosse. In ogni caso, glielo avrei fatto capire da solo, perché ne aveva bisogno.
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DIFFERENT | Alex Wyse
Fiksi Penggemar"Il mio stupido cuore aveva scelto, stupidamente, te" Dove il bianco incontra il nero. La fusione di due bolle e mondi diversi tra loro, che creeranno una storia d'amore completamente incasinata. Lei, con solo la danza nella testa. Timida, delica...