eighty-two

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«Dal parlarne scherzosamente, a praticarlo in saletta» borbottò Carola, non appena entrammo in sala undici, dove ad aspettarci vi furono Elena e Cecilia, le due professioniste. Il guanto di sfida contro Serena, prevedeva l'esercitazione di un pezzo con la pertica. La cosiddetta pole dance, un'attività sportiva a tutti gli effetti, che univa danza classica e ginnastica. Eravamo io, Serena, Nunzio, Michele e l'altra mia compagna di stanza. Questa sarebbe stata una lezione base, senza far nessun riferimento alle diverse coreografie assegnateci. Nell'apposita sala, vi erano due pali distanziati tra loro. Uno di essi sarebbe stato utilizzato dalle ballerine, l'altro da noi.
«Vi vedo parecchio terrorizzati» scherzò Elena, guardando in direzione di Serena, la quale passò un intero pomeriggio a piangere alla saputa di questo guanto. Il pezzo con Nunzio era oggettivamente più facile, rispetto a quello che la maestra ha assegnato a noi due, in quanto prevedeva prese e slanci abbastanza complessi.
«Iniziamo dai passi base» disse Cecilia, aggrappandosi alla sbarra verticale, girando su di essa come se fosse una piuma.
Un lavoro concentrato sull'allenamento di spalle, bicipiti, quadricipiti, schiena.. insomma, qualsiasi parte del corpo sarebbe stata coinvolta.
Michele fu il primo a provare, riuscendoci al secondo tentativo. Essendo ballerino di danza classica, si trovò in una situazione di vantaggio, rispetto ad un Nunzio o una Serena. Nulla che non avrebbero potuto fare, però.
«Come posso, mh? È totalmente impossibile per me eseguire quei passi. Ci vuole fisico, leggerezza e grandi aperture- che io non ho, e che non riuscirò a formare in una sola settimana» sbuffò la bionda, rientrando in sala relax.
«Non sconfortarti già da ora, Sere. Non ci hai nemmeno provato, come puoi saperlo?» fui io a parlare; «hai grande forza nelle braccia e nelle gambe, ed è ciò che serve in questo pezzo. Devi solamente provare, una volta, poi due, fino a quando non sarai soddisfatta del risultato. Sono del parere che, se possiedi buona volontà, puoi giungere a qualunque traguardo tu voglia» dissi.
«Ho buona volontà» ribatté.
«Non lo metto in dubbio»
«L'hai sottinteso»
Scossi la testa perplessa, aggrottando la fronte. Forse non sono riuscita a spiegarmi bene, pensai. Ma nel momento in cui feci per ribattere, lei anticipò le mie parole.
«A te riesce facile tutto, Va'. Parli, parli, parli, non trovandoti in difficoltà in nulla di ciò che fai. Perché guardati- sei perfetta. Hai le giuste linee, altezza, flessibilità e tecnica. Pur trovandoti in uno stile completamente opposto al tuo, riesci ad ottenere complimenti e apprezzamenti di ogni tipo. Capisco che sia un guanto di sfida, e in quanto tale, esso debba mettere in difficoltà l'altro- ma odio il fatto che tu ci sia riuscita, nonostante non l'abbia mai praticato in passato-» disse, con tono di voce alterato, colpendomi dentro. Qualcun altro avrebbe percepito le sue parole come un elogio nei miei confronti, ma il disprezzo del suo tono fece intendere altro. Invidia, forse. Non seppi rispondere, restai ammutolita. Le parole mi si fermarono in gola, pur di non uscir fuori. Avrei accettato queste considerazioni da chiunque altro a me estraneo, e non da un'amica a me cara, che da mesi ha sempre apprezzato il mio lavoro.
«È versatile» disse Carola.
«Ed io non ci vedo nulla di male» continuò Nunzio.
Sfregai le mani tra loro, tremanti. Guardai Serena che, insensibile, guardò me.
«Lo hai sempre pensato?» domandai.
«Non volevo sembrare apatica-»
«Rispondimi» la interruppi, prima che potesse trovare una giustificazione plausibile.
«No» mormorò; «è stato solo uno sfogo» calò lo sguardo sui suoi piedi.
«E hai deciso di sfogarti proprio su di me?»
«Competere con te, mi fa paura» disse; «sei brava, e sei un avversario completo. Ho sempre pensato che saresti riuscita a battere chiunque, qui dentro. E le sfide, le classifiche, l'hanno dimostrato» continuò.
«Non privilegiarmi, Serena. Non parlare di te come se fossi la pecora nera del programma. Non mi pare che tu sia arrivata ultima nelle gare, o che abbia ricevuto così tanti commenti negativi. C'è tanta gente che ti apprezza, tra cui io stessa-» sospirai; «non ti avrei mai giudicato, non sarebbe da me. E fidati che sono stata a pezzi anch'io, perché ogni cosa richiede fatica. Non credere che io vada a lezione e che ritorni a casa contenta, come se non avessi più di bisogno di riprovare ancora. Sarebbe fin troppo facile così, non credi?» domandai, non volendo veramente ottenere risposta.
«Valeria, potresti raggiungere la sala sei?» disse la voce della redazione, interrompendo la situazione.
«Va'..» mi chiamò Serena, nel momento in cui calai la maniglia della porta. Mi voltai, ma non parlò. Scrutai solo tanto rammarico nei suoi occhi, misto a pentimento. Non potevo restare lì nell'attesa di altre sue parole, quindi decisi di uscire dalla stanza, dirigendomi in corridoio. Confusa, entrai in sala, e tutto mi sarei aspettata, tranne di vedere Alex e Lorella.
«Forse ho sbagliato-» mormorai.
«No, tranquilla. Sono stata io a richiamarti» disse la donna, sorridendomi.
Mi avvicinai cautamente al centro, dove vi era il castano, e guardai perplessa entrambi.
«Così sarà peggio» sospirò lui, portandosi una mano sul viso.
«Invece, io credo che lei possa aiutarti» rispose la Cuccarini, mentre io restai all'oscuro di spiegazioni.
«In cosa?» domandai allora.
«Per la preparazione di Sex Bomb, perché pare che Alex non riesca a farla. Come se vedesse nell'asta del microfono un'ancora su cui reggersi» mi rispose la maestra.
Guardai Alex, che a stento trattene un sorrisetto imbarazzato.
«Non è un problema di movimento, ma di interpretazione, essendo una canzone fuori dalle mie corde» disse lui.
«Devi divertirti, Alex. Voglio vederti sorridere, più spudorato. Quando hai cantato, prima, non sei riuscito a reggere il contatto visivo nemmeno un attimo» sospirò Lorella.
«Lo sguardo mi cade, ma è come se sentissi il bisogno di distoglierlo, dopo un lasso di tempo»
«Quel lasso di tempo equivale ad un secondo» ribatté la donna.
Un secondo che con me riusciva a trasformarsi in un'infinità di minuti. La maggior parte del tempo trascorso insieme, è dato dalla somma di sguardi che eravamo soliti scambiarci. Non c'era attimo in cui gli occhi di Alex non incontrassero i miei. Che sia da lontano, o da vicino. Riusciva a parlarmi pur stando in silenzio, mentre io navigavo in quel nocciola misterioso.
«Ed è per questo che lei è qui. Semplicemente perché, guardandovi, sono riuscita a captare la vera essenza di te, Alex. La guardi, la analizzi, non le stacchi mai gli occhi di dosso. Se la sua presenza può agevolarti il lavoro, ben venga» continuò lei, chiedendomi di posizionarmi dinanzi al ragazzo.
Forse questo sarebbe stato un giusto pretesto per dimenticare, anche solo per un'istante, ciò che era successo prima in sala relax. Quindi non obiettai, e seppur avessi la testa altrove, cercai di focalizzarmi il massimo per l'esibizione di Alex, il quale si mostrò a disagio. Iniziò a cantare, bloccandosi un attimo dopo. Ci riprovò ancora, ma una risata nervosa gli fuoriuscì dalle labbra.
«Non ci riesco» mormorò.
«Cosa devo fare con te, Alex?» sospirò Lorella, alle mie spalle.
«Posso- mh, posso parlarci io?» domandai timidamente alla bionda, rivolgendole la richiesta di lasciarci da soli. Capito il mio intento, girò i tacchi, andando via per qualche minuto. Ritornai a guardare il castano, con un sopracciglio alzato.
«Che ti prende?»
«Non posso farla, non è da me» disse lui.
«Puoi cantarla perfettamente, Alex. Di conseguenza, anche interpretarla. Ti basterebbe guardare intensamente chi hai davanti, così da ottenere punto-» dissi; «cosa ti ferma?» chiesi, a braccia conserte.
«Me stesso» sospirò; «se questa canzone non mi fosse stata assegnata, non avrei mai deciso di cantarla di mia volontà. Non riesco ad essere provocante e al tempo stesso serio, o ammiccare qualche sorrisetto dinanzi ai giudici per poi sentirmi dire che non ne sono capace» si sfogò.
«Non si tratta di esserne capaci o meno. È che fa tutto parte del tuo carattere e della tua poca abitudine di cimentarti in brani del genere. Demoralizzandoti non riuscirai ad ottenere risultati, e questo lo sai. Sei qui per imparare, uscire fuori dagli schemi, così che tu possa diventare un cantante a trecentosessanta gradi. Quindi- se non ti dispiace, prendi quel microfono e canta questa canzone» dissi, mettendo da parte l'asta, così che avesse potuto evitare di starle attaccato.
«E tu?» domandò.
«Assisterò» dissi; «sperando che il mio ragazzo metta da parte questa sua sottile timidezza, e sappia entrare nelle vesti di sex symbol a cui sono abituata» puntualizzai, facendolo ridere.
Scrollò le spalle e le braccia, bevendo un sorso d'acqua, per poi portarsi il microfono alle labbra. La base partì nello stesso momento in cui gli occhi di Alex si posarono su di me. Lentamente, mi venne incontro. In modo scherzoso, fece scorrere le sue dita dalle mie labbra al mio petto, recandomi leggeri brividi sulla pelle.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora