thirty

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Era la decima volta che continuavo a rigirarmi nel letto in cerca di una pozione decente in cui dormire, ma non ci riuscivo. Erano le quattro di mattina, avevo dormito circa due ore, ed eccomi adesso nel tentativo di riprendere il sonno. Chiusi nuovamente gli occhi, e quelle immagini mi si ripetevano dinanzi come scene di un film. Me ed Alex in quel bagno a fare cose che non avremmo dovuto fare. Mi facevo baciare da uno e toccare dall'altro. Ero forse impazzita? Molto probabilmente si. Non riuscivo a darmi una regolata e sapevo bene che, prima o poi, avrei dovuto chiudere la questione con entrambi. Non volevo fare del male a Christian, non volevo prenderlo in giro. E d'altro lato, non volevo più cadere nelle tentazioni di Alex. Ma era così difficile non farlo. Come se avesse una calamita pronta ad attirarmi a sé.
Sbuffai straziata, scostando i lembi delle coperte dal mio corpo. Di controvoglia, mi alzai e mi diressi in cucina, preparandomi del latte caldo nel silenzio più totale. Fuori era buio pesto, ad illuminare il tutto era il bagliore di luna e la luce dei lampioni. Accesi la fiamma dal piano cottura e aspettai seduta sullo sgabello. Tutti dormivano tranne me. Maledetta la mia mente confusionaria e maledetti i miei pensieri. Mi privavo del sonno solo a causa loro, e non potevo certo continuare così a lungo. Strofinai il viso con entrambe le mani, prendendo il latte dal pentolino per versarlo in una tazza. Mi appoggiai comodamente sul divano, mentre sorseggiai piano il liquido ancora caldo. Una volta finito, appoggiai la tazza gialla sul pavimento e feci per adagiare su di me la coperta che si trovava già sul divano. Mi accasciai su di esso, mettendo la testa su un cuscino. Ringraziai la presenza dei termosifoni che riscaldarono l'aria, altrimenti sarei morta di freddo. E nel silenzio della notte, da sola in questa stanza, mi addormentai di nuovo.

Il mio stato di bella addormentata venne interrotto da una mano che tentò di scuotermi. Lasciai un leggero verso, restando ad occhi chiusi. La parte inconscia di me non aveva alcuna intenzione di svegliarsi adesso. Ma questa persona sembrava non smettere ed ero a un passo così dal prenderla a schiaffi con i cuscini.
«Che ci fai da sola sul divano? Perché non sei in camera?» mi domandò. Ci misi poco a capire che si trattasse di Carola. Mi portai la coperta grigia su metà viso, era così calda che avrei voluto essere imprigionataci per sempre.
«Che ore sono?» mormorai ancora assonnata.
«Le otto del mattino» rispose la ballerina. Lasciai un verso lamentoso, dato che non avevo lezioni mattutine quest'oggi.
«Perché mi hai svegliata?» domandai straziata, restando con gli occhi chiusi.
«Perché mi sono stranita nel vederti qui e non in camera» disse.
«Non riuscivo a dormire, quindi ho deciso di preparami del latte e sono finita con l'addormentarmi qui sopra» spiegai in breve e lei restò in silenzio.
«Ti consiglio di andare in camera. Serena ed io andiamo a lezione, così sarai da sola. Qui adesso si sveglieranno tutti e ti disturberanno il sonno» mi disse, accarezzandomi la spalla lentamente. La ringraziai e, con fatica, mi incamminai nella stanza rossa. Il mio letto, ancora disfatto, mi accolse nelle sue braccia. E fortunatamente, non ci misi tanto a riaddormentarmi. Ancora una volta.
Dopo tre ore di pieno sonno, che non era sufficiente al mio corpo, mi alzai dal letto. Sistemai la mia camera e, dopo essermi lavata velocemente, andai in cucina. Qui vi trovai Luigi e Alex, in giardino invece c'erano Dario e Sissi. I due ultimamente si comportavano in modo strano e dubitavo sul loro rapporto. Ne dubitavo anche perché, a parer mio, alla riccia sembrava interessare il cantante della Cuccarini. Quindi non ne trassi conclusioni affrettate.
«Buongiorno, fiorellino» mi salutò Luigi, dandomi un bacio sulla guancia. Lo ricambiai e, mi portai i capelli su una spalla. Alex lanciò una sguardo alla mia figura, persistendo sull'immagine del mio collo scoperto. Presi posto su uno sgabello e vidi i preparativi per il pranzo.
«Forse è meglio che rimetti i capelli dov'erano. Mi sa che Christian si è divertito nel lasciarti quel regalino» scherzò Luigi, guardandomi. Feci un'espressione confusa, non capendo di cosa parlasse. Lui capì e mi indicò il collo. Cosa c'era che non andava? E cosa c'entrava Christian?
Feci per alzarmi e recarmi nel corridoio che legava alla stanza delle gradinate. Nel grande specchio intravidi la mia figura minuta ricoperta ancora dal pigiama, con gli occhi contornati in delle occhiaie. Mi avvicinai per scrutare bene il mio collo e quasi non mi venne un colpo nel vedere una piccola macchia rossa su di esso. Portai frettolosamente i capelli sul segno e chiusi gli occhi per mettere a fuoco la situazione. Qui non si trattava di Christian, lui non mi ha mai baciata da nessun'altra parte se non sulle labbra. Qui si trattava di Alex. Lo stesso Alex che si trovava in cucina, lo stesso Alex a cui avrei dovuto urlare contro per questo. Ma non potevo. Nessuno doveva sapere cosa fosse successo e non potevo perché, nonostante tutto, io c'ero stata al suo gioco.
Mi incamminai, impassibile, verso l'isola della cucina. Lo sguardo di Alex non si staccò dalla mia persona. Stava cercando una mia reazione, si aspettava dicessi qualcosa. Ma non potevo dinanzi a Luigi, non potevo dinanzi a nessuno. Se stanotte ci siamo nascosti in bagno è stato proprio per evitare gli occhi di tutti puntatici addosso.
«Non oso immaginare cos'altro ti abbia fatto» disse Luigi, vedendomi arrivare.
«Non mi ha fatto un bel niente. Smettila di pensare a qualsiasi cosa tu stia pensando» gli dissi, puntandogli il dito contro. Lui fece una risatina, mentre Alex restò a guardarmi indifferente. Sapeva che fosse lui l'artefice di tutto questo. Ma era così bravo a nascondere l'evidenza che nessuno l'avrebbe notato.
«Vuoi dirmi che quelle occhiaie non sottintendono una notte passata a fare-»
«Sht, zitto. Non dire un'altra parola» lo interruppi nel pieno imbarazzo.
«Che succede?» domandò Carola, sbucando dal corridoio. Si appoggiò vicino all'isola e ci guardò con sguardo confuso.
«Niente» mi affrettai a risponderle.
«Hai dormito bene?» domandò poi, sedendosi vicino ad Alex che si trovava di fronte a noi.
«Abbastanza. Tra uno sbalzo qui e un altro lì, non sono riuscita a godermelo del tutto» sospirai.
«Quanto hai dormito?» domandò, questa volta, Alex. Feci per pensarci su, contando le ore.
«Circa sette orette, se non di più. Ma non sono state continuative. Però sto bene, mi sento riposata almeno il minimo» dissi.
«Hai lezione?» continuò.
«Questo pomeriggio» risposi.
«Posso parlarti?» domandò, incondizionato dalla presenza di Luigi e Carola. Feci un cenno con la testa e lo seguii nella sua stanza. Entrai per prima e lui, dopo di me, chiuse anche la porta.
Presi posto sul letto di Luca e lui si appoggiò al muro sulla mia sinistra.
«Che vuoi, Alex?» sospirai, calando lo sguardo sulle mie pantofole pelose.
«Vorrei chiederti scusa»
«Mi sembra il minimo» feci una risatina amara.
«Ho detto che vorrei, ma non lo farò» disse, sedendosi sul suo letto, di fronte a me. Alzai lo sguardo su di lui e aveva quel sorriso da sfacciato che si portava sempre dietro.
«Non ti sto a chiedere nemmeno il perché» dissi, stringendomi nelle spalle.
«Perché sai anche tu, tanto quanto me, che quel che è successo tra noi in quel bagno ti è piaciuto da morire» mi provocò. La scia di brividi non tardò ad arrivare. Ma nonostante ciò, cercai di reggere il suo sguardo senza mostrarmi debole.
«Ti sbagli» mentii.
«Credo che esista di meglio» fui io questa volta a provocarlo.
«Guarda che eri tu, stanotte, quella a compiacere il mio nome» mormorò con voce roca. Ed io non risposi, perché aveva ragione.
Lo odiavo, lo odiavo tanto per questo.
Feci allora per alzarmi, intenta ad uscire da quella stanza. Ma la sua stretta al polso, mi frenò.
«Non puoi scappare sempre, V.»
«Non sto scappando» dissi, guardandolo dall'alto mentre lui restava seduto sul letto. Mi attirò su di esso, così che mi ritrovai seduta al suo fianco.
«Resta qui» mormorò.
«E se entrasse qualcuno?» domandai titubante.
«Ho chiuso la porta a chiave, in ogni caso busseranno» disse e sembrò che, in quel momento, mi sentii sollevata. Ma perché? Perché ero consapevole che nessuno ci avrebbe scoperti? Perché sapevo che stava per accadere qualcos'altro?
«Ci sei?» domandò.
«Mh?»
«A cosa stai pensando?»
«Niente, lascia perdere» feci spallucce, guardando un punto fisso sul pavimento. Ma ritornai cosciente quando la sua mano prese i miei capelli, scostandoli di lato. Accarezzò il segno da lui stesso procuratomi e in quel momento lo guardai. Troppo vicini, fin troppo.
«Non è così evidente» disse.
«Avrai fatto di peggio» dissi retorica.
«Probabile» soffiò sulla mia pelle. Il solo pensiero della bocca di Alex su altre ragazze mi fece stizzire i nervi. Che siano state le sue fidanzate o passatempi.
«Bene, perché non voglio che succeda anche a me. Ci tengo al mio corpo» risposi indifferente.
«Quindi alludi che ci sarà una prossima volta?» domandò, mostrando le sue fossette.
«No! No, no, no- io non intendevo quello. Questa è stata la prima ed ultima volta. Che non ti vengano in mente strane idee» dissi, cercando di trovare una giustificazione alle mie parole.
«Certo, Valeria. Sei stata molto chiara» sospirò, stendendosi sul proprio letto. Lo guardai mentre si portò le braccia dietro la testa, divaricando leggermente le gambe ricoperte dal suo pantalone di tuta nero. Il lembo della sua maglia scoprì di poco la parte inferiore del suo basso addome.
«Potresti fare altro oltre che guardarmi, sai?» disse, una volta guardatami negli occhi. Com'era possibile che venissi sempre beccata nel momento meno opportuno?
«Sono solo le dodici di mattina e ti ostini ad essere un pervertito perenne?» domandai straziata.
«Mh, si» rispose con nonchalance. Nella norma, insomma. Feci una risata rassegnata, che gli provocò una faccia divertita e confusa.
«Sei proprio scemo»
«Grazie» disse, portandomi un cuscino in faccia.
«Allora sì che sei permaloso» dissi, prendendolo in giro.
«Neanche così tanto» fece spallucce.
«L'importante è che lo creda tu» dissi, alzandomi e prendendo il cuscino dal pavimento.
Quando feci per tornare a sedermi, vidi Alex osservarmi da testa a piedi. Si leccò di poco le labbra e con una mano si aggiustò il ciuffo di capelli. Io, con il cuscino stretto al petto, feci l'ultima cosa che credevo di poter fare. Mi misi a cavalcioni su di lui, sulla parte inferiore del suo corpo. Mi tolse subito il cuscino dalle mani, per poi far scorrere le sua mani sotto la maglia del mio pigiama. Trasalii nel momento in cui accarezzò la mia schiena bollente, giungendo ai miei fianchi che tanto amava stringere.
«Mi dai del filo da torcere» mormorò con voce roca.
«Se noti attentamente, io non sto facendo niente. Sei tu quello assetato dalla voglia di toccarmi» risposi, con tono provocatorio. Per una volta, volevo essere io quella ad avere controllo e vedere se gli facevo effetto allo stesso modo.
Appoggiai entrambe le mani sul suo petto e sentii battere il suo cuore in maniera irregolare. Mi spostai leggermente per essere più comoda e si morse il labbro trattenendo un verso appagato.
«Non muoverti, che peggiori le cose» mormorò. Ma non gli diedi retta e continuai a strusciarmi il minimo sul tessuto dei suoi pantaloni. Prese saldamente i miei fianchi e mi fermò. Stavo ottenendo una reazione e per quanto assurda fosse la situazione, mi elettrizzava.
Mi calai sul suo corpo, adagiando il mio petto al suo e appoggiai i gomiti ai lati della sua testa. Le sue mani perlustravano ogni centimetro della mia schiena e trattenni il fiato quando si avvicinò al gancio del mio reggiseno.
«Non farlo, Alex» mormorai.
«Perché non dovrei?» sussurrò sulle mie labbra.
«Perché ieri eravamo in un bagno, da soli. Adesso siamo ripresi» dissi.
«Allora smettila di provocarmi»
«Volevo solo ripagarti con la stessa moneta» soffiai sul suo viso. E mi sentivo così sbagliata nell'essere qui con lui, in questa posizione, quando dall'altra parte della casa c'era Christian.
«Non dovrei» mormorai, chiudendo gli occhi e appoggiando la mia fronte alla sua. Le sue mani che prima si trovavano sulla mia schiena, raggiunsero il mio viso. Mi accarezzò, con entrambi i pollici, le guance e sospirò rassegnato.
«Però sei qui» disse lui.
«Cosa faresti al mio posto?» gli domandai, allontanandomi di poco per poterlo guardare. Lui serrò le labbra, per poi scostare una ciocca di capelli dietro il mio orecchio.
«Farei ciò che mi sembra giusto. Starei con chi il cuore ha deciso di stare. E nonostante possa farti sentire male, o in colpa, sappi che lo stai facendo per te. Non per qualcun altro» sibilò.
«Sei un casino Alex» sussurrai, appoggiando la mia testa al suo petto. Lo sentii ridere e fece per accarezzarmi i capelli scuri. Quando ritornai a guardarlo, ancora imbarazzata, fece per cambiare le posizioni.
«Per quanto mi piaccia vederti avere il controllo, preferisco starti sopra» disse, una volta che mi ritrovai sotto di lui. Divaricai le gambe in modo che potesse sistemarsi meglio e nascosi un sorriso nel vederlo così vicino a me. Avvinghiai le mie braccia al suo collo e lo avvicinai. Le punte dei nostri nasi si sfiorarono e il suo respiro si fuse col mio.
«Guarda che, se ti andasse, il bagno è quello. Possiamo rinchiuderci quando ti pare» disse Alex, beccandosi un colpo al fianco con la mia gamba.
«Dovresti smetterla di colpirmi» disse lamentoso.
«E tu dovresti eccitarti di meno»
«Non hai nemmeno idea di cosa ti farei in questo momento, V. Non ne hai» mormorò, mordendosi il labbro. Dannazione, quanto era bello.
«Cosa, Alex? Cosa mi faresti?» lo stuzzicai, accarezzandogli i capelli. Lasciò un piccolo gemito e sorrisi soddisfatta.
«Ti prenderei su questo letto e-»
«Ragazzi, ballerini, raggiungiamo le scalinate» disse la voce di Maria, interrompendolo. Restai immobile solo alle prime parole da lui dette, quasi mi strozzai con la mia stessa saliva nel sentirle. L'immagine di me ed Alex, qui in questo letto, mi fece sentire come una pentola a pressione.
«Devo lasciarti andare» disse, facendo il broncio. Si spostò da me, così che ebbi modo di alzarmi. Il mio cuore si intenerì nel guardare la sua faccia da cucciolo bastonato.
«Veniamo sempre interrotti» disse, avvicinandosi alla mia altezza. Mise entrambi le mani sulla mia schiena e mi lasciò un tenero bacio sulla guancia.
«Mh, mh» dissi io, chiudendo gli occhi al suo tocco. Mi baciò lungo il collo, arrivando all'angolo della mia bocca. Respiravo a fatica e lui lo notò. Fece per allontanarsi da me, ed io ancora spiazzata, lo seguii poco dopo raggiungendo le gradinate.

Sotto gli occhi di tutti, in quanto ultima ad arrivare - per di più con Alex - andai a sedermi sulla seconda scalinata. Christian mi guardò confuso, ma cercai di restare impassibile e mi concentrai sulle parole della conduttrice. La Celentano avrebbe voluto dare un banco ad una ragazza, Virginia, della quale era convinta avesse grandi potenzialità. Ad esclusione mia e di Carola, gli altri avrebbero dovuto decidere se accoglierla o meno. Riguardo alla seconda opzione, la ragazza sarebbe andata in sfida con uno di loro. Dopo aver visto un video di Virginia, dove rimasi ammaliata dai suoi movimenti fluidi, i ragazzi decisero di confermare la sua entrata, evitando che qualcuno uscisse in una sfida.
«Ha delle belle linee, si vede che è preparata» commentò Christian. Non diedi attenzione al suo commento, dato che Alex era rimasto appoggiato di lato alla gradinata su cui ero seduta e osava punzecchiarmi il fianco senza farsi notare.
«Grazie ragazzi, lo riferirò alla maestra allora» disse Maria, continuando ad andare avanti con le buste blu. Poi si riferì ai cantanti, ai quali i professori assegnarono una canzone fuori dal proprio stile, e stava a loro la decisione se cantarla o meno. Scoppiai in una risata quando a Sissi capitò una della Dark Polo Gang. La sua faccia sconvolta diceva tutto. A Luigi venne assegnata Lady di Sangiovanni mentre ad Alex, che si era seduto accanto a me, venne data I Wanna Dance With Somebody della Houston. Quando la canzone venne fatta ascoltare, tutti alzarono un coro generale verso Alex. Lui invece, si trattenne nel nascondere un sorriso ma fallì dato che le sue fossette spuntarono fuori. Non potei fare altro che guardarlo, mentre gli altri scherzarono su di lui.
«Dovrò provarla con una tonalità più bassa, perché così.. mh, non lo so. Non ce l'ho ben in mente» disse lui, leccandosi le labbra. Distolsi i miei occhi dalla sua figura, ritornando cosciente con la testa sulle spalle.
«Basta che le sorridi, Alex. Lo scopo del tuo compito è questo» disse Albe, ma il castano non rispose. Infondo lo capivo. Si ostinavano così tanto a volerlo cambiare, a far uscire fuori - forse anche contro la sua volontà - quella parte che lui tendeva a nascondere. Come quando, alle cene di famiglia, mi veniva detto ironicamente che parlassi troppo quando io, in realtà, non parlavo mai. E odiavo tanto che mi venisse ripetuto sempre. Quel peso che portavo dentro cresceva e cresceva, alimentato dalle loro stupide battute.
Maria, dunque, andò avanti mostrando le altre assegnazioni. E quando ebbe terminato, andai in cucina per bere dell'acqua.
Quando si fece pomeriggio, e feci per uscire dalla casetta, la voce di Christian mi fermò.
«Va'»
«Ehi, dimmi» dissi, voltandosi verso di lui.
«Tutto okay?» domandò, ed io annuii perplessa. Forse aveva percepito la mia lontananza nei suoi confronti.
«Ti va se parliamo dopo?»
«Certo» dissi, facendogli un sorriso debole. E la nostra conversazione terminò li, prima che potessi uscire e andare a lezione.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora