Oggi.
La fine del gioco.
L'addio ad un percorso intero.
Sfiorai con delicatezza il carillon posto sulla superficie del mio comodino. Mi guardai attorno e le immagini di sette mesi iniziarono a fluire nella mia mente, come un rullino fotografico. Ogni cosa mi sarebbe mancata. A partire dallo scambio di parole con le mie amiche in giardino, alle piadine di Luigi. Gli scherzi di Albe, le pulizie con Sissi, cucinare assieme a Christian, ballare tango con Leonardo o latino con Mattia. Mi mancheranno le gradinate, il doverci disporre sui cuscinetti azzurri per stare comodi, o guardare i programmi trasmessi in televisione con dei biscotti alla mano. Giocare a carte, litigare per chi avrebbe ottenuto la fetta di torta più grande, festeggiare i compleanni, organizzare feste, preparare dolci. Mi mancherà entrare in saletta, il sorriso della Celentano nel vedermi danzare, i consigli delle professioniste, le chiacchierate con Maria. Le corse in palestra la mattina, fare gli esercizi alla sbarra con Luca ad imitarmi, fingere di seguire una lezione a distanza per parlare con Nunzio. Mi mancherà addirittura fare la spesa con Carola, mangiare i biscotti preparati da Rea, vedere Alice allenarsi alle tre del mattino. Così come correre da una stanza all'altra, osservare gli altri dormire, beccarmi insulti vari ad ogni pugno o schiaffo dato. Mi mancherà cenare tutti assieme, vedere Michele in mutande indossare un giubbotto per fumare, le battute di Cristiano su Harry Potter, indossare le maglie di Elena quando il mio armadio non mi dava consigli e le discussioni riguardo i turni in cucina.
Se dovessi rifare tutto?
Se fossi consapevole del mio intero percorso, non rifarei tutto allo stesso modo. Cambierei le cose, l'andamento degli eventi. Se perdessi la memoria e dovessi rientrare in casetta, in quel caso, sì. Solo inconsapevolmente sarei arrivata a quella che sono adesso. Ripercorrendo ogni passo, ogni conoscenza, ogni parola. Tutto sarebbe andato come doveva andare. Avrei conosciuto i miei compagni, avrei scelto di stare nella stanza rossa, sarei stata allieva della maestra e mi sarei innamorata di Alex.
Lui, che in questo momento era steso sul letto, fissando il soffitto in completo silenzio. Presi posto al suo fianco, tenendomi la testa con una mano, mentre l'altra sfiorò il suo petto coperto da una maglia nera. Giocherellai con la collana di perle al suo collo, al che sorrise per avergli provocato un sottile solletico.
«È bello essere qui» mormorò; «con te».
I suoi occhi scuri incontrarono i miei e in un secondo persi la capacità di respirare.
«Condivideremo questo sogno insieme» dissi.
«Comunque vada» replicò lui.
Sapevo che avrei vissuto di Alex la piena essenza, una volta fuori di qui. Non mento, però, che mi mancheranno i momenti che insieme abbiamo trascorso nelle mura di questa casa. Ho vissuto la sua piena quotidianità. Dal mattino appena sveglio, di notte prima di dormire. Conoscevo a memoria i suoi orari di lezione, il numero di docce fatte al giorno, la marea di spuntini al seguito di una lezione. Non avrei sopportato di tenerlo lontano, non mi sarebbe bastata una videochiamata per sentirlo vicino. Forse sbagliavo, non avrei dovuto dipendere così tanto da una persona. Con Alex sentivo il bisogno costante di tenerlo al mio fianco, sempre, come se incarnasse il mio sostegno. Non so come avrei reagito senza. Non so quante volte sarei caduta, debole, sulle ginocchia. Non saprei nulla della mia vita, se la vita stessa vivesse distante.
Quindi, comunque vada.
Sarebbe stato bello comunque. Parte del viaggio comprendeva anche questo. Tutto incluso, nulla tralasciato. Se fosse stato facile, noi due non saremmo stati qui. Non ci saremmo abbracciati, come adesso. Non ci saremmo guardati negli occhi fino a perderci dentro, annegando nelle tempere più scure di entrambi. Non ci saremmo toccati, sfiorati, sorrisi. Non sarebbe successo nulla e questo bacio, che gli regalai, sarebbe solo stata un'illusione.
Chiusi gli occhi, scontrando la mia fronte sulla sua, la mano sulla sua guancia, ascoltando i respiri profondi confondersi tra loro. Il suo braccio, stretto attorno alla mia vita, mi spinse maggiormente contro di lui. I corpi si legarono, i cuori batterono all'unisono su una melodia silenziosa. Una tranquillità capace di addormentarti, per poi essere spezzata dal timbro della sua voce.
«Ricordi quando ti ho detto che non eravamo soli?»
Mi spostai leggermente. Le lentiggini si schiarirono sul suo naso e la fossetta si presentò sul suo viso.
«Sì» annuii.
Sospirò; «perfetto. Perché sappi che ci ho scritto una canzone».
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DIFFERENT | Alex Wyse
Fiksi Penggemar"Il mio stupido cuore aveva scelto, stupidamente, te" Dove il bianco incontra il nero. La fusione di due bolle e mondi diversi tra loro, che creeranno una storia d'amore completamente incasinata. Lei, con solo la danza nella testa. Timida, delica...