fifty-eight

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Due mattine dopo, mi svegliai interrotta da un continuo rumore di sottofondo. Schiusi gli occhi, era appena mattina e il sole batteva forte attraverso la grande finestra circolare posta accanto al letto di Carola. Fu proprio quest'ultima a svegliarmi. Gironzolava per la camera alla ricerca di qualcosa a me sconosciuta, e sospirai, strofinandomi gli occhi con i pugni delle mani.
«Che ore sono?» mormorai.
«Le nove del mattino»
«Che ci fai sveglia? La puntata si registrerà questa sera» squittii, mettendomi a sedere.
«Ho promesso a Dario di aiutarlo nelle pulizie»
«E cosa stai cercando, esattamente?» chiesi.
«I miei occhiali da vista» sbuffò.
«Quelli lì?» le indicai la testa.
A tastoni, si picchiettò, trovando ciò che stava cercando. Risi per la sua sbadataggine, e mi alzai dal letto, andando a lavarmi in bagno.
Indossai un pantalone di tuta e un top corto a lunghe maniche, entrambi neri. Presi a volo una mela dal portafrutta in cucina, per poi dirigermi in giardino. Approfittai della bella giornata, godendomi del sole caldo che mi si scontrò contro. Amavo questi periodi. Il freddo e il sole insieme, un contrasto universale. La porta si aprì, però, interrompendo quel momento di tranquillità che stavo avendo. Era Luigi, seguito da Calma. Il primo prese posto su una sedia, l'altro invece si sedette accanto a me restando a distanza.
«Che bella giornata, eh?» fu proprio lui ad iniziare la conversazione, alla quale Luigi diede conferma.
«Pronto per la sfida?» gli chiese poi.
«Certo, non ho nessuna paura» rispose Calma.
«Dovrai esibire il tuo cavallo di battaglia, ecco perché non hai paura» mi intromisi, guardando dritto dinanzi a me.
«Come, scusa?»
«La canzone che canterai è inerente al tuo stile, quindi sei avvantaggiato. Non lo saresti stato se, al contrario, avresti dovuto portare un pezzo che si aggancia a quello che è lo stile di Alex» spiegai, prendendo le difese dell'ultimo ragazzo citato.
«Cosa te lo fa pensare?» domandò.
A quel punto, portai i miei occhi sulla sua figura e tentennai prima di rispondere, non volendo risultare scorbutica. Anche perché, non ne avevo motivo di esserlo. Ma il pensiero di Alex fuori di qui, non mi fece ragionare di una virgola.
«Non lo so, non sono nessuno per giudicare. Soprattutto perché non ti ho sentito cantare in altre modalità. Ho solo espresso una mia opinione, posso? O ti infastidisce?» domandai, sottintendendo il fastidio che gli provocò, invece, l'opinione di Alex.
«No-» fece un sorrisetto furbo; «non mi infastidisce affatto» disse.
In quel momento, destino o casualità, il ragazzo di cui stavamo parlando varcò la porta.
«Sei già sveglia?» mi chiese, trascurando la presenza degli altri due ragazzi.
«Colpa di Carola» sbuffai; «anche tu, vedo» gli indicai il pigiama che indossava.
Tremendamente bello e sexy anche di prima mattina. Per non parlare del sole che gli illuminava i capelli castani e che gli fece strizzare gli occhi per il fastidio. Trattenni un sorriso a quella vista. Mi piaceva davvero tanto.
«Si, ma continuo ad avere sonno» sospirò.
«Buongiorno anche a te, Alex» scherzò Luigi, ma il ragazzo in tutta risposta fece spallucce.
Si concentrò sulla figura del ragazzo al mio fianco, e solo adesso sembrò rendersi conto del fatto che mi stesse vicino.
Mi spostai verso l'estremità della panchina, picchiettando con la mano il vuoto, così che avrebbe potuto sedersi. Si accostò, sedendosi, e appoggiò una mano sulla mia schiena.
Lo guardai e mi indicò con gli occhi le sue gambe. Capii subito e, senza pensarci due volte, mi sedetti su di esse. Vidi Calma confuso, Luigi divertito e Alex soddisfatto. Continuò a tenere la mano sul mio fianco, mentre io gli appoggiai un braccio attorno al collo. Il nuovo arrivato si schiarì la voce e si alzò, fece un sorriso di circostanza ed entrò dentro. Fu solo in quel momento che Luigi scoppiò in una risata liberatoria.
«Si è zittito in due secondi» disse.
«Ah, perché era qui? Non ci avrò fatto caso» fece vago, Alex. Roteai gli occhi al cielo per quanto stupido fosse. Il cantante di Rudy si alzò, ridendo ancora, per poi andare dentro, lasciandoci soli.
«Non ci hai fatto caso, eh?» lo guardai.
«È una coincidenza che si sia seduto proprio vicino a te?»
«Non iniziare» sospirai, appoggiando la mia fronte sulla sua tempia.
Fece per spostarsi, scontrando i suoi occhi nei miei.
«Non mi va giù» disse; «né lui, né Crytical» continuò.
«Mh, mh» non lo stetti a sentire.
Seguii con il polpastrello ogni centimetro del suo viso, partendo dalle guance, arrivando alla sua bocca.
«V.»
«Alex»
Sospirò, cacciando fuori le sue fossette. Sapeva che fossi una testa dura e che non avrebbe avuto via di fuga con me.
«Continuiamo a parlare di loro o-» lasciai la frase in sospeso, prima che potesse baciarmi.
Mi accarezzò piano le labbra con le sue e sorrisi appena, contagiandolo. Poggiai la mano sulla sua guancia, mentre le nostre lingue cominciarono ad aggrovigliarsi tra loro.
La sua mano salì lungo il mio giro vita, sullo strato di pelle lasciato scoperto dal top. L'altra, nel frattempo, raggiunse il mio collo.
Lasciai un piccolo gemito nel sentirlo stringere le sue mani contro la mia pelle, per sentirmi vicina, per sentirmi sua.
Mi staccai, a mancanza di fiato, e appoggiai la mia fronte alla sua.
«Mi sento un'idiota a non avermi concesso prima il privilegio di poterti baciare dove e quando mi pare» sospirò.
«Sei un'idiota e basta, Alex» mi allontanai.
«Lo so» sussurrò; «ma mi hai perdonato» disse.
«Tu credi?» alzai le sopracciglia.
«Non lo credo. Ne sono convinto» mi corresse.
«Oh, avevo rimosso questo suo essere saputello, Rina»
Mi pizzicò la pelle, facendomi ridere e lui mi seguì a ruota. Poi mi alzai, stiracchiandomi. Alex agganciò una mano alla mia gamba, posizionandomi in mezzo alle sue. Guardandolo dal basso, mi resi conto della mela che avevo appoggiato sulla panchina e che non avevo azzardato a mangiare.
Infilai le dita tra i suoi capelli e glieli accarezzai lentamente. Mi accasciai di poco, lasciandogli un bacio a stampo.
Restando in silenzio, affatto imbarazzante, entrammo in casetta. In camera sua, fece per appoggiarsi sul suo letto ancora disfatto.
«Alza quel culo e rifai il letto» lo ammonii.
«Non potevi dirmelo prima che mi stendessi?» sbuffò.
«In realtà dovrebbe essere stato un tuo pensiero primario, non sta a me avvisarti»
«Mi aiuti?» indicò le coperte, una volta alzatosi.
«A casa tua chiedi aiuto per fare un letto?» dissi, a braccia conserte.
«Lo chiederò a te, quando dormiremo insieme» fece un sorrisetto malizioso.
Trattenni un sorriso, ma il rossore delle mie guance parlò per me. Sorrise modesto, iniziando a ripiegare le coperte, senza lasciare una piega.
Restai a guardarlo, restando seduta sul letto di Luigi. Quando ebbe terminato, finse di asciugarsi la fronte per la troppa fatica.
«Sarà un problema, sai?» disse improvvisamente.
«Cosa?»
«Quando usciremo da qui»
«Non capisco, perché?»
«Perché siamo distanti, ed io sono abituato ad averti vicina tutti i giorni» sospirò, sedendosi di fronte, sul suo materasso.
Capivo bene le sue parole. Non avrei sopportato nemmeno un po' di avere Alex lontano da me. Non avevo alcuna idea di come sarei riuscita a tollerarlo.
«Lo so» dissi.
«A meno che uno dei due non si trasferisca dall'altro- io non vedo altra soluzione» disse; «oppure, potremmo dividerci. Un mese da me, l'altro da te, e così via» continuò.
Ridacchiai alla sua proposta, seppur affrettata. Dall'esterno può sembrare una pazzia, ma non era male come idea.
«Va bene» risposi; «constatando che i miei sono a casa poco, e che Timmy è spesso da mia nonna.. noi due avremmo casa libera quasi sempre» spiegai, sedendomi accanto a lui.
«Non tentarmi, V.» mormorò, con un sorrisetto tirato di lato.
«Lo faresti davvero?» domandai poi.
«Siamo giovani e io amo rischiare. Se non lo facessimo, finiremmo col pentircene entrambi» disse; «mi basta che quei due scompaiano dalla mia vista» si riferì a Francesco e Calma.
«Potremmo invitare anche loro» dissi sarcastica.
Si voltò a guardarmi come se fossi una pazza.
«Sarò egoista, ma-» si avvicinò; «io ti voglio solo ed esclusivamente per me» mi baciò.
Si sporse sul mio corpo, facendomi stendere al di sotto di lui. Prese con la mano una mia gamba, la quale agganciai al suo bacino. I nostri petti si scontrarono, le mie mani vagavano sulla sua schiena coperta da una t-shirt bianca. Le sue labbra si spostarono sul mio collo, mordendomelo appena. Diede via libera alla sua lingua di giocherellare con i lembi della mia pelle. Con una spinta, però, cambiai le posizioni. Fui a cavalcioni e si fece largo in me quella sensazione di piacere nel vederlo sotto. Come se in quel momento, tutto il potere lo concentrassi nelle mie mani. Appoggiai queste sul suo petto che respirava a fatica.
«Avevo dimenticato cosa si provasse» mormorò, leccandosi le labbra.
Era passato un po' dall'ultima volta che lo avevo toccato. Feci scorrere le mie mani sull'estremità della sua maglia e lui inarcò la schiena per permettermi di sfilargliela.
Mi calai piano su di lui, lasciandogli un bacio a stampo. Proseguii sul suo collo, delicatamente e appassionatamente. Seguii una linea immaginaria che arrivò fino al suo ombelico, scendendo più in basso verso l'elastico dei suoi boxer. Mi alzai, in quell'istante, per chiudere tutte le serrature.
«Tieni sempre in mente la regola numero uno, brava» ammiccò.
«Cosa che a te sfugge spesso» dissi, ricordando il momento in cui, la notte di Capodanno, non chiuse la porta della mia camera, ritrovandoci Luigi e Carola subito dopo sul letto di lei.
Lui, in risposta, rise. Mise entrambe le braccia dietro la nuca, aspettando che continuassi il mio operato.
Alzai, come sempre, lo sguardo verso le telecamere: erano spente. Ma nonostante questo, era comunque imbarazzante.
«Loro sanno tutto» mormorai.
«Se fosse stato un problema ci avrebbero già richiamati, non credi?» disse lui.
Sospirai, mettendo in secondo piano le paranoie che mi si stavano creando in mente.
«V.» mi richiamò; «non pensarci- piuttosto.. perché non mi dai un'anteprima di tutti i risvegli che mi riserverai una volta fuori di qui?» mi stuzzicò.
«Tutti?» mi avvicinai al lato del letto; «non sei un tantino esagerato?» mi pizzai le dita.
«Va bene, non tutte. Ci alterneremo, qualche volta lascerai fare a me» disse.
Scossi la testa divertita. Altro che preliminari, tutto ciò che avremmo fatto è dormire.
Mi morsi un labbro, appoggiandomi in ginocchio sul suo letto. Calai velocemente i pantaloni grigi del suo pigiama e non fui sorpresa della protuberanza nelle sue mutande. Uno sgroviglio nello stomaco e il resto del corpo totalmente in fiamme.
Calai i suoi boxer, prendendolo in mano. Lo accarezzai, lasciandolo in attesa di andare più velocemente. Trattenne un verso di piacere, mettendosi seduto, così che lo avessi più vicino a me.
Alzai lo sguardo verso di lui e sembrò uscire fuori di testa.
«Non guardarmi così, V.» mormorò con voce roca.
Ma non gli diedi retta, continuai a guardarlo, mentre le mie mani si mossero su e giù sul suo membro.
Gettò la testa all'indietro, mordendosi il labbro. Mi accostai a lui, prendendolo per la nuca con l'altra mano libera. Lo baciai. Mi morse il labbro e schiuse le labbra godendo. Quando fu sul punto di venire, accostai la mia bocca sulla sua lunghezza. Lo leccai e il suo liquido non tardò a fuoriuscire.
Mi allontanai e portò la sua mano nei miei capelli, portandomeli su un lato.
Subito dopo tornò a coprirsi l'intimità ed io mi stesi accanto a lui, alla sua sinistra. Con metà schiena sullo schienale, fece per appoggiare la sua testa sul mio petto. Gli accarezzai i capelli, col dito tracciai i lineamenti del suo naso dritto, quando fui sulle sue labbra fece per lasciarci un piccolo bacio. Sorrisi e restammo così per un po'. Dopo circa un quarto d'ora, presi l'ukulele dal suo comodino. Alex si mise seduto a gambe incrociate dinanzi a me e rise nel sentire il suono che creai pizzicando le corde.
«Io suono, tu canta» dissi.
«Ma sei incapace» ridacchiò, beccandosi un colpo sulla pancia dal mio piede.
«Cosa vuoi che canti?» si arrese.
«Ci devo pensare bene. Alex Wyse sta per cantarmi una canzone» dissi e fui io, questa volta, a beccarmi uno schiaffo sulla gamba.
«Okay, ce l'ho» dissi; «Straordinario, di Chiara».
Mi misi in posizione, non sapendo dove poggiare le dita, in quando fosse ben diversa da una chitarra.
«Sei pronta?»
«Certo che sono pronta. Non mi avrai mica presa per una principiante?» scherzai ironica, facendolo ridere.
Poi ritornò serio, schiarendosi la voce. Avevo scelto questa canzone perché gliela sentii già cantare nelle sue storie di Instagram e mi piacque tanto. Si, beh, mi sarebbe piaciuto in qualsiasi pezzo.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora