ninety-five

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I ricci di Alberto mi sfiorarono il volto, provocandomi un leggero fastidio all'altezza del collo. Le sue lacrime bagnarono la mia spalla ma non gliene feci una colpa. Stava male per l'uscita di Serena. Mancava tanto a lui, tanto quanto mancasse a me.
«Sono solo pochi giorni, Albe» mormorai, accarezzandogli la schiena.
Continuava a ripetermi di saperlo, che questa settimana e poco più sarebbe trascorsa velocemente. Fingeva di stare bene, ma era come se qualcosa mancasse al suo fianco: quei riccioli biondi, tanto simili ai suoi. La voce di Alex ci fece staccare appena, quando entrò nella stanza delle gradinate. Scompigliò i capelli al suo amico, dandogli una pacca sulla schiena. Ci avvertì che la sfida su Dada Umpa si sarebbe tenuta tra poco e che quindi, saremmo dovuti andare agli studios.
«Te la senti?» gli domandai.
Annuì; «sappi che sono un tipo esigente. Tieniti pronta quando perderai» mi prese in giro.
Mi finsi offesa, portandomi una mano al petto. Fui sollevata dal suo modo di deviare la conversazione, cercando di sdrammatizzare. Dunque, dopo aver legato tra loro i lacci bianchi delle scarpe, mi recai all'esterno della casa. Seguii Dario e Michele, tenendo le mani nelle tasche della vecchia felpa di Christian. Rimasi in top non appena ebbi occasione di spogliarmi. Alex mi lasciò un bacio sulla spalla prima che entrambi entrassimo in studio, dove Maria aspettò ferma stante sulla poltrona blu. Decise di iniziare proprio dal castano e dal suo partner, ridendo sotto i baffi quando li vide riscaldarsi. Scoppiai a ridere con Luigi quando Alex iniziò a ballare. Sebbene avessimo provato per ore, la metà dei passi non riuscì ad imprimersi nella sua mente. Motivo per cui, fugacemente, spiava il filmato alla sue spalle per copiarne i movimenti.
«Siete stati pessimi entrambi» rise Maria; «dovremmo far aggiungere un'altra divisa» continuò, e fu in quel momento che entrambi si resero conto di dover investire il ruolo di maggiordomo.
«Come dicevi, Albe?» scherzai, alzandomi.
Mi posizionai al centro con Dario, beccandomi una linguaccia dall'altro. Mi sorpassarono con le proprie grucce, entrando in sala relax. Prima che iniziassimo, il vociare dei miei compagni si duplicò quando Nunzio prese posto accanto alla bionda. Mi piegai sulle gambe, ridendo, per poi lanciare un bacio volante al ballerino. Mi fece l'occhiolino, ritornando serio quando la base partì. Sentii gli occhi di tutti su di me, ma non mi feci distrarre, non avevo alcuna intenzione di indossare quella divisa.
«Mi dispiace, Da'. Ho preferito lei» sibilò Nunzio, facendo una smorfia soddisfatta del suo giudizio.
Risi, ringraziandolo, spingendo il mio amico verso l'appendiabiti in ferro bianco.
«Sai con chi condividere il tuo premio?» mi chiese la conduttrice, accavallando le gambe.
«Con me» sentii dire; «penso di meritarmelo».
Quando mi voltai, vidi Alex in piedi sulle scalinate, intendo ad indicarsi il vestiario. Serrai le labbra tra loro, non volendo ridergli in pieno viso. Il pantaloncino lungo fino alle ginocchia, un gilet che gli rimase nudo il petto e una giacca nera. Un maggiordomo moderno, insomma. Guardai Maria come a darle conferma della mia scelta. Avrei portato Alex a prescindere, non perché se lo meritasse. Eppure quella divisa gli donava perfettamente, così tanto che sarebbe stato meglio senza.
«V?»
«Mh?» mi risvegliai, scuotendo la testa, cacciando via quei pensieri.
«Dobbiamo andare» mi disse il castano, salutando un ultima volta Nunzio, così feci anch'io.
«Mi piaci così» confessai quando giungemmo sulla soglia della sala relax, prima ancora di aprire il portone. Gli solleticai il petto con i polpastrelli, accarezzandolo delicatamente. Prese la mia mano, arrestando qualunque cosa io avessi avuto intenzione di fare.
«Non provocarmi» sussurrò.
«Altrimenti?»
«Altrimenti non smetterei. E non hai idea di quanto ti desideri in questo momento» mormorò a un passo dalla mia bocca.
Sussultai quando le sue mani mi presero il viso, costringendomi a guardarlo. Mi era difficile dopo le sue parole. Lui non avrebbe smesso, io non glielo avrei concesso. Lo volevo tanto quanto era lui a volere me. Sul punto di baciarmi, lo sbattere di una porta ci raddrizzò entrambi. Saremmo dovuti andare via, seguire gli altri in casetta e, a malincuore, così facemmo. Questa sera sarebbe stata organizzata la nostra sorpresa, in studio. Così approfittai del tempo libero per una doccia. Se la mia pelle fosse stata commestibile, dolci fette alla vaniglia avrebbero gustato il palato di tutti. Da piccola mi hanno insegnato quanto la pulizia e l'ordine siano fondamentali. Mai avrei pensato di prendere alla lettera quel ragionamento. Forse avrei potuto concludere che Alex possa essere un tipo preciso tanto quanto me. In qualsiasi ambito. Gli appunti che incisi con la penna, in quel preciso istante, ne erano la dimostrazione.
Gli errori a cui ho lavorato in palestra, con la Celentano, vennero riportati su questo foglio di carta. Pochi per chi avesse letto, tanti per me: gambe più distese, la schiena inarcata, il collo allungato. Non venni criticata per questo. Per la maestra non furono gravi problemi, ci avrei lavorato sopra come ho sempre fatto. Non l'avrei delusa. Tenevo a mente qualsiasi lezione, anche a livello umano e personale, mi avesse offerto. Le dovevo tanto, forse tutto. Mi ha scelta e mi ha resa quella che sono. Se non mi avesse richiamata, molto probabilmente adesso non sarei qui.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora