nine

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Ritornati in casetta, corsi in bagno per fare una doccia, precedendo Serena.
«Hai messo dei turbo al posto dei piedi?» domandò fuori dalla porta. Risi, ma non risposi. Feci si che l'acqua calda sciogliesse ogni mio nervo, ne avevo bisogno. Mi insaponai con un bagnoschiuma alla vaniglia, mentre canticchiavo versi dell'inedito di Luca. Quella canzone mi piacque sin dall'inizio e mia mamma era una grande fan di LDA. Ricordo che, durante la mia permanenza qui a Roma per i casting, mi chiamava spesso volendo sapere se lo avessi conosciuto. Tutto ciò perché lei è cresciuta ascoltando canzoni di suo padre. Quindi, come biasimarla. Credeva che la mia amicizia con Luca potesse creare un pretesto per farle conoscere Gigi D'Alessio. A questa notizia, non potei che scuotere la testa rassegnata. Non lo avrei detto a LDA, non volevo credesse a questa goffaggine di mia madre. Non ero sua amica per questo, ma perché credo che sia davvero una bella persona: simpatica e solare.
«Sei lì dentro da un quarto d'ora» bussò alla porta Carola. Diavolo, non pensavo di averci messo così tanto. Anche se, ero abituata a starci un'ora quando ero a casa mia. Quindi questo per me era un record.
Uscì dalla doccia, per coprire il mio corpo con un asciugamano. Aprii la porta e l'aria fresca entrò in bagno, annebbiato dal vapore dell'acqua calda.
«Non pensavo fossi stata alla spa, la prossima volta dimmelo che ci vengo anch'io» disse Luigi. Aspetta, che cosa ci faceva lui qui? Appoggiato sul letto della riccia, mentre io indossavo un misero manto bianco di spugna.
«Dovresti uscire» dissi.
«Non potresti cambiarti qui, ci sono le telecamere. Quindi torna in bagno» disse lui, con presunzione e sarcasmo. Chiusi gli occhi in due fessure e mi richiusi in bagno, dopo aver preso il mio pigiama.

Quando arrivai in cucina, presi posto al tavolo con Ale e Tommaso. Questa sera Dario avrebbe cucinato, ed io morivo di fame. Sentii delle risate provenire alle mie spalle: sul divano c'erano Albe e Serena che si scambiarono chiacchiere e sguardi sospetti. Forse Nicol aveva ragione e qui sta succedendo qualcosa.
«Dopo dovremmo fare qualche piccola riunione con Serena» mi si avvicinò Carola.
«Contaci» risposi, mettendomi composta.
In questi giorni ho cercato di legare un po' con tutti, e credo che Albe sia una persona meravigliosa e gentile. Serena altrettanto e, se stare con Albe significava ridere in quel modo, credo che non potesse essere stata fatta scelta migliore. Poi, è tutto da vedere.
«Posso?» la voce di Alex risuonò nelle mie orecchie. Non lo stava facendo per davvero. Non dopo come mi sono comportata.
«Mh?»
«Posso sedermi qui?» specificò, indicando la sedia alla mia sinistra. Che buffone. Prima fa il modesto e adesso mi chiede il permesso per sedersi.
«Siediti dove ti pare» risposi fredda.
Lui fece spallucce, tirando la sedia verso di se e sedendosi. Iniziai a muovere la gamba nervosamente sotto il tavolo. La sua presenza mi rendeva così. E odiavo questa sensazione di debolezza.
«Sono andate bene le lezioni?» domandò.
«Perché vuoi saperlo?» dissi, restando immobile sulla sedia.
«Giusto per chiedere»
«Si, sono andate bene» ed era una mezza verità, se non avessi avuto la mente occupata. Lui annuii e sapevo bene che mi stesse guardando. Ma io no, non volevo ricascarci.
Poi d'un tratto, due mani si appoggiarono sulle mie spalle, chinai la testa all'indietro e sorrisi nel vedere Christian. Lui fece alterando e non mi scappò origliare uno sbuffo da Alex.
«Interrompo qualcosa?» domandò il ballerino.
«Si, stavamo parlando» rispose il castano in modo scocciato. Dio, ma è serio?
«No, non hai interrotto nulla» dissi poi io, e fu in quel momento che lo guardai. Ma non tranquillamente, se avessi potuto incenerirlo con lo sguardo lo avrei fatto.
«Ma io ho bisogno di parlare con te» disse.
«Tu ne hai bisogno, non io»
«Ragazzi, che succede?» ci interruppe Christian, restando in piedi impalato ad osservare.
«Niente» rispondemmo in unisono.
Alex si alzò bruscamente dalla sedia, mormorando un 'insopportabile' a cui non diedi peso. Andò in camera sua, senza nemmeno mangiare. Forse avevo esagerato io, avrei dovuto ascoltare cosa aveva da dirmi. Ma il mio istinto non ne ha voluto sapere niente. Sospirai pesantemente, prima di alzarmi e andare via anch'io. Mi era passata la fame e Chri cercò di trattenermi.
«Magari mangio qualcosa più tardi, adesso non ne ho proprio voglia» feci un sorriso di circostanza, andando poi in camera mia. A dividerci c'era solo un corridoio, ma non avrei fatto nulla. Forse era colpa mia, forse di entrambi. Un litigio per così poco, una futilità. Se fossi stata zitta, non sarebbe successo niente. Ma Alex aveva ragione, a volte parlavo anche abbastanza. E quando lo facevo, creavo casini.

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora