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A chi deve ancora
imparare ad amarsi.
A chi ha pianto e urlato
in silenzio.
A chi, come Aiden, ha avuto
il coraggio di andare avanti.

Aiden's pov

La prima volta che Anastasia Beer mi molestò, avevo dieci anni.

Era il primo anno di medie e tutte le mie compagne mi guardavano affascinate dalla mia bellezza che, a detta loro, era troppo elevata per la mia età. Molte, dopo la prima settimana di scuola, mi avevano chiesto di essere il loro ragazzo e ricordo di essermi sentito lusingato da tutti quei bigliettini a cui però avevo sempre risposto negativamente: prima di fidanzarmi con una ragazza, volevo conoscerla e di tutte loro sapevo solo e unicamente il nome.

Di alcune nemmeno quello.

Ovviamente, sotto alla croce che segnava "no", avevo aggiunto una lunga dedica a ognuna, per non farle restare troppo male.

Forse era per quello che avevano continuato a starmi dietro,nonostante le avessi rifiutate.

Tutti, e non solo le mie compagne, mi dicevano che ero un bambino bellissimo e che sembravo molto più grande di quanto fossi.

Avevo sempre amato ricevere quei complimenti, che aumentavano a dismisura la mia autostima, fin quando non avevo iniziato a riceverli durante i rapporti che avevo con la Beer.

All'inizio erano solo baci, mi diceva che avevo una bocca bellissima e carnosa, molto più bella del suo ragazzo. Parlava sempre così male di lui...

Diceva che io in confronto ero bellissimo e che avrebbe voluto avere una relazione con me invece che con lui.

Avevo capito fin da subito quanto fosse malata.

Lei stessa ci aveva insegnato che con gli adulti non bisognava avere certi rapporti, quelli che voleva e avevamo io e lei. Insomma, quando faceva quei discorsi guardava spesso le ragazze, ma immaginavo valesse anche per noi ragazzi giusto?

Nonostante ciò,non avevo osato ribattere. Erano solo baci e infondo erano innocui, pensavo che forse mi considerava come un figlio a cui voleva tanto bene.

Ma poi le sue mani si erano intrufolate nei miei pantaloni, precisamente dentro le mie mutande, ed io avevo capito.

Avevo capito che quello che provava per me non era un semplice affetto, ma qualcosa di più. Qualcosa di sbagliato.

Mi ero costretto a non piangere mentre lei faceva su e giù con la mano accarezzando le mie parti più intime, mentre si prendendeva tutta la mia innocenza.

Mentre distruggeva la mia infanzia.

Quando erano arrivate le vacanze di Natale ero felicissimo: finalmente avrei avuto un po' di pace. Ma erano solo tre settimane ed erano passate così velocemente che neanche me ne accorsi.

Infatti, quando mia madre, il sei gennaio, mi ricordò di dover sistemare lo zaino per il giorno dopo, protestai. Sapevo di sembrarle un bambino capriccioso, ma non mi importava, ero stanco di fare e subire cose che non volevo.

Mia madre però non ne volle sentire di farmi stare ancora un po' a casa ed ignara di quello che mi sarebbe successo, mi mandò a scuola il giorno dopo.

E così avevo ripreso la mia solita routine: andavo a scuola, seguivo tutte le prime lezioni, poi arrivava il suono della campanella che segnava l'arrivo della pausa merenda e lei mi trascinava nello sgabuzzino delle scope.

Quando finivamo, lei mi dava un bacio in bocca e mi ripeteva sempre la solita frase: "Non è successo niente".

E se io provavo a ribattere partiva uno schiaffo.

don't abandon meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora