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"Un castello fatto di carta e noi dentro, anche se dici di vederne la fine, anche se sai che crollerà presto

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"Un castello fatto di carta e noi dentro, anche se dici di vederne la fine, anche se sai che crollerà presto. Anche alla fine di tutto, se tu sei con me io sto bene. Anche se dici che è un sogno inutile, resta qui un altro po'."


Non poteva esserci niente di più perfetto di svegliarsi tra le braccia dell'uomo che amava. Oh, qualcosa c'era: che quest'uomo sapesse di essere amato così tanto.

Ormai, le parole che voleva dirgli stavano imprigionate nella sua gola da un po', impazienti di uscire per rendere Jungkook la persona più felice del mondo.

Cosa c'era ancora a bloccarlo?

Prese a baciare ogni centimetro del volto addormentato del maknae, accarezzandogli le ciocche corvine per poi scendere a sfiorargli le guance, consapevole che il più piccolo non si sarebbe destato ancora per un po'. Dannato dormiglione.

Ma se la storia aveva insegnato qualcosa a Taehyung, era che non si sarebbe potuto godere una singola mattina in quella maledetta stanza d'hotel senza che qualcuno arrivasse a disturbarlo.

Come se l'avesse evocato, un paio di squilli al suo telefono lo avvisarono che Namjoon lo stava chiamando.

«Pronto?» borbottò allontanandosi dal letto, domandandosi come mai il maggiore non avesse direttamente bussato alla sua porta, ma ringraziando il fatto che non avesse svegliato Jungkook con la sua decisione.

«Ho bisogno che vieni di sotto. Soltanto tu» chiarì il leader, con un tono che non ammetteva repliche.

Il panico si impossessò di Taehyung, che da fuori sembrava mantenere il sangue freddo, mentre si liberava della vestaglia ed indossava degli abiti comodi. Li avevano scoperti? Yoongi e Jimin già sapevano cosa stava succedendo, quanto tempo ci voleva prima che se ne rendessero conto anche gli altri, in fondo? E in effetti, non poteva nemmeno costringerli a dargli la loro benedizione, anche se un po' si aspettava il supporto dei suoi migliori amici.

Lanciò un'ultima occhiata a Jungkook, che riposava beato, poi prese le chiavi della stanza e uscì.



«Che succede 'sta volta?» chiese infastidito il castano, massaggiandosi il retro del collo. La cosa migliore era fingersi indifferente. Già il fatto che a parlargli fosse Namjoon e non il loro manager significava che c'era ancora qualche speranza, no?

«Guarda tu stesso, Taehyung.»

Il minore afferrò il polso di Namjoon, per avvicinare a sé il suo cellulare, e il suo sguardo ricadde sulla foto nello schermo acceso.

Ritraeva lui e Ara, nel momento in cui stavano per salire sull'auto che li avrebbe condotti all'albergo dell'attrice.

Taehyung le stava tenendo la portiera aperta, in un gesto di cortesia.

Il titolo dell'articolo che seguiva lo scatto era "V e la sua collega Go Ara insieme dopo Hwarang, ma non è solo per lavoro".

Il leader provò a decifrare l'espressione dell'altro, che aveva gli occhi fissi sul telefono e non stava muovendo un muscolo, per capire quanto effettivamente fosse grave la situazione. Provò a far scorrere la pagina verso il basso perché potesse leggere il testo dell'articolo, ma il vocalist parlò con un tono talmente sommesso da farlo trasalire.

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