Capitolo 14 - Tempesta

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Ero riuscita a scappare.

Ero riuscita a svignarmela quando il gruppo si era fermato per far abbeverare i cavalli, erano stati distratti per un paio di secondi. Mi era bastato che distogliessero lo sguardo da me giusto per un momento e poi me la ero data a gambe.

E ora correvo come una forsennata, correvo a più non posso nel bosco di chissà quale Regno, la notte stava calando e sentivo dei passi dietro di me. No, forse ero io a fare quel rumore.
Per terra c'erano così tante foglie secche che era impossibile muoversi silenziosamente, anche se avessi rallentato avrei comunque emesso abbastanza rumore da farmi seguire.

Dietro di me non c'era nessuno, lo sapevo perché mi ero girata più volte per vedere se a seguirmi ci fosse un lupo, o una strega, o un altro mutaforma o il demone.

No, non c'era nessuno se non io e gli occhietti brillanti degli animali notturni che si erano subito incuriositi a causa di tutto quel movimento. Eppure, anche se non c'era nessun altro, sentivo comunque una presenza dietro di me. E quindi correvo, anche se non sapevo dove andare, anche se probabilmente mi avrebbero raggiunto presto.

Loro erano addestrati per gli inseguimenti, io ero una principessa che era stata rinchiusa nella sua stanza per diciotto anni.
Patetica, no?

Il cuore mi rimbombava così forte nella cassa toracica che il suo palpito raggiungeva le orecchie. Sentivo solo il suo scalpitare. Guardavo ovunque, ma in realtà non mettevo a fuoco niente perché l'istinto di sopravvivenza prevaleva e mi gridava di continuare a muovermi.

Qualcosa si mosse in un cespuglio più in là e le mie gambe si fermarono come se avessero vita propria.
No... non erano le mie gambe ad essersi fermate, ma delle grandi radici fuoriuscivano dal terreno rapide e mi si attorcigliarono attorno. Mi stritolavano e salivano sempre di più fino a costringermi ad inginocchiarmi spingendomi contro il terreno. Mi bloccarono qualsiasi movimento e il panico iniziò a invadermi.

Ero spacciata, nessuno sarebbe venuto a salvarmi, non potevo muovermi, non potevo scappare, non potevo fare niente di niente. Tutto perché ero maledetta! Tutto perché non avevo neanche una briciola di magia!
Se ne avessi avuto soltanto una piccola goccia mi sarei liberata dalle radici da sola.

Il cespuglio si mosse ancora, delle ombre scure iniziarono a circondarmi e mi impedivano di vedere. Il bosco cominciò a trasformarsi in un luogo di completa oscurità. Non c'era più niente. Solo io.

Poi scorsi un luccichio.
No, non un luccichio, erano dei... capelli. Capelli bianchi.

La figura si avvicinava e si faceva avanti verso di me, ogni suo passo metteva in risalto un po' di più della sua figura e faceva dissolvere le ombre scure come se il suo passaggio le cancellasse.

Era sempre più vicino e le radici mi tenevano stretta, quasi mi soffocavano.
Poi lo vidi.
Dankan era lì.
Era proprio lui. Il suo viso l'avrei riconosciuto tra milioni di persone. E mi sorrideva. Era qui per salvarmi. Mi aveva trovata. Ce l'aveva fatta.

«Dankan! Dankan, sei proprio tu! Oh, cielo. Sono così felice di vederti.»

Dankan non rispose, continuava a sorridere in quella sua tipica maniera gentile e ad avvicinarsi finché una sua mano si posò sulla mia guancia. Calda e tenera mi accarezzava con lentezza. Poi con l'altra estrasse un pugnale ma subito i suoi occhi dorati si spostarono su qualcosa o qualcuno dietro di me.

Scossa da un brivido di freddo tentai di girarmi ma le radici me lo impedirono.

«Chi c'è? Dankan, aiutami a slegarmi.»

Ma non si muoveva, fissava silenziosamente dietro di me, immobile e privo di espressione. Perché diavolo si comportava così?

«Dankan! Dankan, taglia queste radici!» urlavo e mi dimenavo, ma più mi muovevo più le radici si stringevano e mi provocavano dolore.

La regina della vita e della morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora