Il demone.
Forse non avrei dovuto lasciarla andare da sola nel bosco.
Forse non avrei dovuto fare un sacco di cose che invece avevo fatto senza pensare.
Come abbracciarla da dietro e sussurrarle all'orecchio.Era stato un errore e lo sapeva pure lei.
Non sarebbe più successo, io non ero così, non ero gentile, non ero premuroso, né affettuoso.
Odiavo le persone e amavo stare da solo.
Amavo dare ordini e odiavo chi non li eseguiva.E cazzo, lei non ne eseguiva neanche uno.
E non sapevo cosa mi fosse preso quando le avevo detto di continuare a fare di testa sua, di non ascoltarmi, di sfidarmi e provocarmi.
Merda.
Le avevo detto che mi piaceva esattamente così.
Non avevo mentito.
Mi piaceva il fatto che mi andasse sempre contro. Con quella boccaccia impertinente che si permetteva di insultarmi nel peggiore dei modi.
Mi stimolava costantemente, mi induceva a ripensare ai miei modi troppo aggressivi, mi spingeva a riflettere ma al tempo stesso a non pensare più. Come se quel suo essere un po' bambina influenzasse anche me.
Da sempre tutti avevano paura di me e del mio potere.
Avevano paura delle conseguenze, giustamente. Se istigato ero capace di fare cose che non si potevano descrivere con leggerezza.
Avevo fatto cose spregevoli e le avevo segnate su tutto il corpo, per non dimenticare ciò che ero. Per non dimenticare che ero il figlio dell'oscurità e che questo non potrà mai cambiare.Non mi era mai pesata la paura degli altri. A me piaceva incutere terrore e mi piace tutt'ora. Le mie capacità me lo permettevano. E la vita mi aveva insegnato ad essere solo e soltanto in un unico modo: il demone.
Ero cresciuto da bastardo e col tempo ero diventato il peggiore dei bastardi.
Ma lei, così piccola e delicata, non aveva paura.
Lei forse non lo sapeva, ma ero stato io a rapirla. Era stata pura casualità in realtà. Se non l'avessi notata probabilmente sarebbe ancora libera. Sarebbe bastato soltanto un minuto più tardi e non ci saremmo mai incontrati.
La stavo cercando, certo, ma non credevo di incontrarla da sola nel bosco di Armarhal con una camicia con toppe ovunque e dei pantaloni di due taglie più grandi di lei, ingialliti e rovinati in più punti. Stringeva tra le mani un semplice sacchetto con del cibo e correva così velocemente da qualcosa o qualcuno.
Avevo sentito il suo odore e ne ero stato subito incuriosito. Sapeva di lillà e lavanda.
L'avevo vista tagliare le corde del ponticello che collegava il villaggio alla parte settentrionale del bosco. Forse credeva di rallentare chi la stava inseguendo e devo ammettere che era stata un'ottima idea.
Poi avevo notato il velo che le copriva metà volto e avevo capito che lei era il mio bottino, ciò che cercavo, colei per cui mi avevano assoldato.
L'avevo osservata ancora per un po', incuriosito dal suo comportamento, dal suo modo un po' buffo di correre e da quel viso nascosto, poi avevo agito liberando le mie ombre e attaccandola ancor prima che si accorgesse di me.
Aveva lottato, si era dimenata fino all'ultimo, aveva resistito più che poteva fino a quando il mio potere aveva avuto la meglio ed era svenuta.
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La regina della vita e della morte
FantasyPrimo libro della saga Sanguis Ignis. Disponibile su Amazon in versione cartacea ed EPUB. ⚠️ La storia contiene contenuti espliciti e non adatti a persone sensibili. ------------------------- "E a me, e a lui, andava bene così. Perché in fin dei con...