Capitolo 37 - Sono acciaio

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Avevo la gola secca, ogni volta che deglutivo mi sembrava di ingoiare degli aghi.

La testa, che aveva preso una bella botta, presentava sicuramente un nuovo bernoccolo e forse qualche taglio.

Tentai di aprire gli occhi ma le ciglia sembravano incollate tra loro. Mi indestardii e dopo un po' riuscii in quella che mi sembrava un'impresa.

La prima cosa che vidi fu un viso familiare, bello e giovanile, un naso grande e dritto, labbra tirate in un leggero sorriso e capelli grigio fumo.

Rick.

Mi uscì un suono simile ad un lamento e cercai di alzarmi scoprendo quanto ancora fossi lontana dall'essere un'ottima combattente.

Mi faceva male tutto.
Ogni singolo muscolo. Persino le ossa.

La testa iniziò a vorticare e la tenda dentro a cui mi trovavo cominciò a muoversi in modo frenetico. Mi portai la mano alla fronte e tastai in cerca di sollievo, senza ottenere alcun risultato.

Tornai subito nella mia posizione iniziale e il lupo mi posò in testa un pezzo di stoffa bagnato.

Battei le palpebre e mi leccai le labbra secche.

«Cosa...» tentai, ma evidentemente ero ridotta molto peggio di quel che pensavo, «Cosa è successo?»

Rick mi sorrise mostrando due canini bianchissimi poco più lunghi del normale. Li ammirai, quasi incantata, e mi chiesi se avesse mai morso qualcuno.

Il demone lo aveva fatto.

Scacciai quel pensiero e tornai al lupo che mi aveva avvicinato alla bocca una borraccia d'acqua. Bevvi voracemente come se mi fossi completamente prosciugata.

«Hai combattuto con Egor e... non ti è andata bene.»

Oh.
Adesso ricordavo.

Il demone mi aveva fatto combattere con Egor. Era stato un combattimento cruento e aggressivo. Egor era stato bravo, impeccabile e assolutamente professionale.

E... avevo perso.

Imprecai a gran voce mordendomi un labbro per la frustrazione.

«Ehi, ehi, ehi! Hai lottato benissimo!»

Lo spazio tra le sue sopracciglia si arricciò, il suo sguardo divenne severo e una sua mano si posò sulla mia spalla stringendo leggermente.

Grugnii per il dolore e il lupo spostò la mano rivolgendomi uno sguardo di scuse.

Avevo una spalla fasciata. Le bende che mi avvolgevano metà braccio e la parte superiore presentavano delle chiazze rosso scuro.

Mi accigliai e mi voltai verso Rick non ricordando di essere stata ferita.

«Quando Egor ti ha sbattuta contro l'albero alcune schegge hanno trafitto il tuo braccio e la spalla era uscita dalla sua posizione normale. Abbiamo messo a posto l'osso e tirato fuori le schegge e fasciato come potevamo quel disastro.»

Io mi sentivo un disastro.

Mi ricordai tutto, persino i ricordi spiacevoli e istintivamente mi guardai la mano destra, fasciata anche questa.

Egor mi aveva spezzato le dita in così tanti punti. Avevo sentito ogni rottura, ogni rumore, ogni dolore. Avevo sentito tutto.

Eppure adesso la mano era sana, un po' dolorante, ma le dita erano dritte.
La mossi constatando se fosse guarito anche il polso.

Insieme al dolore arrivò anche la vergogna per la perdita, ma soprattutto la consapevolezza di aver lavorato tanto e non aver ottenuto assolutamente niente.

La regina della vita e della morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora