Capitolo 15 - Non chiamarmi principessa

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Non avevo la febbre ed evidentemente non ero morta di ipotermia durante la notte. Nonostante il disagio e la situazione stramba, il demone mi aveva salvato la vita.

Per la testardaggine e soprattutto per la mia inesperienza sarei andata incontro alla morte ancora prima di accorgermene.

Sembrava proprio il mio destino, quello di essere rincorsa dalla morte.

Ancora prima di nascere mi avevano maledetta, poi i miei genitori e tutti gli altri Reali volevano uccidermi, le guardie mi cercavano, ora i sicari mi avevano sequestrata e mi stavano riportando dai Re e dalle Regine di Birkenslow.

Ovunque andassi la morte mi seguiva e sembrava essere solo a un passo da me, potevo sentirne la presenza dietro la schiena come se mi stesse dicendo: "Voltati e mi troverai".

Quindi non potevo fare altro che scappare, vivere gli attimi di libertà e godermeli, perché alla fine sarei ritornata al palazzo, alla fine li avrei rivisti, alla fine sarei morta.
Loro erano in sette, io ero una sola.
Ero una principessa senza il suo castello.
Ero una erede al trono senza il trono.

Quella mattina mi ero svegliata da sola, il demone si era già alzato - e vestito - lasciandomi dormire.

Ancora non mi capacitavo di aver dormito nuda con lui. Non mi capacitavo di tante cose in realtà.

Mi vestii in fretta e furia temendo che potesse entrare senza preavviso e che vedesse la mia debolezza più grande: il mio corpo.

La tuta ormai si era asciugata e sembrava che la tempesta fosse passata da ore lasciando umidità nell'aria.
Non ero sicura di voler abbandonare il calore e il silenzio della tenda, ma il solo pensiero di rimanermene rinchiusa mi dava la nausea.
Come se fossi stata troppo tempo in gabbia.
E pensandoci bene, era così.

Presi un respiro e scostai un lembo di tessuto, mi affacciai e poi uscii con tutto il corpo pronta a soffrire il freddo. Invece, sorpresa, ritrovai un'aria del tutto diversa. Il sole brillava, il cielo era azzurro e il terreno umido si stava asciugando.

La pace dopo la tempesta.

«Ehi, principessina!»

Rick fu il primo ad accorgersi di me.
Non indossava le protezioni come suo solito ma portava dei semplici pantaloni di cuoio, una camicia di lino un po' ingiallita che lasciava intravedere la leggera peluria del petto e degli stivali di cuoio marrone scuro che si adattavano perfettamente al suo piede.

«Ehi, lupo. Dove sono tutti?»

C'era troppo silenzio nel campo. L'avevo notato immediatamente quando ero uscita dalla tenda.

«Shaila sta cacciando, Egor riempie le borracce e il demone... beh, il demone fa il cazzo che vuole come sempre.»

Ma certo... faceva quello che voleva.
Tutto gli era dovuto.
Tutto era legittimo.
Tutto gli era permesso.
Guardai in giro, nessuna traccia di lui.
Per fortuna.

Alastor brucava l'erba con gli altri Mustang, mi avvicinai e gli accarezzai il collo nella zona che gli piaceva tanto al tal punto che mi ritrovai la sua testa appoggiata sulla spalla, come se ci stessimo abbracciando.

Mi piaceva così tanto quel cavallo, sembrava parlasse la mia stessa lingua o almeno sembrava capirla.

«Già, qualcuno dovrebbe dirgliene quattro.» borbottai tra me e me, ma uno sbuffo mi fece capire che in realtà mi avesse sentita persino Rick.

«Non essere arrabbiata con lui, principessa.» disse con tono accondiscendente.

Voleva davvero farmi cambiare idea?
Sapeva benissimo che il demone non ci andava leggero con me. Era troppo severo e ingiusto.

La regina della vita e della morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora