Capitolo 44 - Origliare

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Tornammo alla locanda con varie buste in mano. Thormes ne aveva approfittato per fare un po' di compere per casa sua e a me e Surya faceva piacere aiutarlo.

Avevamo scoperto nuovi lati di Thormes, quelli che andavano oltre il fae dal viso duro e autoritario.

Era una persona dolce, premurosa, gentile, che teneva tantissimo alla sua città e che riponeva nei suoi abitanti una grande fiducia.

Lo avevamo ascoltato parlare ore e ore e noi non ci eravamo astenute dal fargli domande.

Era nato nella Città dei Sicari centoquarant'anni fa. Sua madre era una fae dolcissima che aveva lavorato come cameriera nelle bettole più squallide dei Regni. Poi aveva conosciuto un sicario, un fae, nonché il padre di Thormes e se ne era innamorata perdutamente. Si erano trasferiti qui quasi immediatamente concedendo a lei una vita degna di nota e subito era nato il frutto del loro amore.

Thormes parlava dei suoi genitori con orgoglio e fierezza e anche un po' di emozione. Avevo notato i suoi occhi lucidi al ricordo di qualche aneddoto che riguardava i suoi genitori.
Poi, però, ci aveva spiegato che erano morti per colpa dei Reali.

Non parlò più dei suoi genitori e noi non osammo porre ulteriori domande.

«Grazie per la compagnia.» ci disse fuori dalla locanda "da Speed".

Aveva voluto accompagnarci nonostante avessimo insistito sul fatto che non ce ne fosse bisogno.

«Grazie a te per averci fatto da guida.» rispose Surya, «E grazie per i regali.»

Annuii, concordando.

Avevo un sacco di cose da dire, un sacco di domande da porgli, ma dalla mia bocca non usciva niente, neanche una parola. Ero a disagio, bloccata. Avevo dovuto ricredermi su molte cose oggi e ancora dovevo far pace con i miei pensieri, da sola.

Surya si congedò farfugliando qualcosa sull' avere un sonno tremendo e dover dare da mangiare ad Estella.

Probabilmente aveva capito che necessitavo di un momento da sola con Thormes e aveva scelto di lasciarmi spazio tirando fuori una scusa qualsiasi.

Sentivo lo sguardo del fae addosso. Era davanti a me, con i sacchi in mano, in attesa di qualsiasi cosa da parte mia.

«Grazie per oggi.» sussurrai, deglutendo a fatica.

«È stato un piacere. Spero di non essere stato troppo invadente...»

«No! No, assolutamente, anzi... mi dispiace per il mio comportamento.» iniziai, sospirai e presi coraggio per ammettere quello che ormai pensavo, «Avevi ragione. Non si dovrebbe parlare quando non si conosce la verità. Non avevo idea di quali fossero le vostre usanze. A dire il vero, non vi capivo. Ero fissata su un pregiudizio solo perché...»

Thormes si avvicinò, quasi volesse mantenere un minimo di privacy di quella conversazione. In effetti alcune persone si stavano avvicinando per entrare nella locanda e noi eravamo proprio lì all'entrata.

«Solo perché lui ti ha catturata.»

Già. Proprio così.
Lui mi aveva catturata e tutto era andato a puttane. Era sempre stato quello il problema, in fin dei conti. Ero un oggetto da usare, da sfruttare. Ero questo e niente di più. E io avevo proiettato quel giudizio che avevo - che ho - di lui verso tutti i sicari di quella città senza neanche conoscerli.

«Tu conosci il motivo, non è vero?»

Mi sorrise dolcemente e affermò: «Tutti noi conosciamo il motivo, ma sta a lui rivelarlo.»

Questo lo sapevo. Probabilmente non avrei mai voluto saperlo da nessun altro se non da lui.

«Lui mi ha detto che gli hanno sottratto una cosa molto importante a cui tiene tantissimo.»

La regina della vita e della morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora