Capitolo 18 - Gioco segreto

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Shaila aveva guarito completamente Pike, o meglio, aveva suturato la ferita tramite la sua magia. Ma non avrebbe più rivisto il mondo con due occhi, questo era un dato di fatto.

Il soldato aveva gridato tutto il dannato tempo mentre la strega faceva del suo meglio per aiutarlo a guarire.

Pike, essendo un fae, si sarebbe anche potuto guarire da solo, ma sarebbe morto dissanguato prima ancora che la sua magia facesse effetto.

Pike aveva urlato contro di me cose irripetibili, qualcosa sul fatto che fossi una stronza maledetta e che prima o poi sarei morta. Aveva persino provato ad attaccarmi, ma il demone lo aveva fermato affermando in modo molto chiaro che io non andavo neanche sfiorata con un dito.

Altrimenti al diavolo la mia protezione, lo avrebbe ucciso.

Il comandante sapeva di cosa era capace il demone, aveva assistito a tutta la scena.
Aveva visto cosa poteva succedere se lui dava il via libera al suo potere. E quando glielo avevamo ricordato si era quasi pisciato addosso.

Dopo la minaccia del demone e un'altra replica delle mie, Pike venne lasciato libero di tornarsene ad Armarhal. Con un occhio in meno, ma vivo.

I sicari non erano stati per niente contenti di aver ricevuto un ordine da me, soprattutto Shaila che era rimasta ad imprecare e a bruciare di rabbia tutto il tempo.

Li capivo, in parte.

Prima cosa, avevo mentito.
Io sarei tornata al castello perché prima o poi i miei genitori mi avrebbero trovata, ma non avrei mai potuto far valere la mia giurisdizione su Pike, né le mie minacce sui sicari. Perché io, lì dentro, non valevo un cazzo.
Ma questo loro non lo sapevano e così doveva rimanere.

Seconda cosa, lasciare libero Pike era stata una mossa azzardata.
Se prima eravamo anche solo minimamente localizzabili, con la liberazione del soldato i Reali avevano raggiunto un bel vantaggio. Avrebbero potuto mandare altre guardie. Avrebbero potuto mettere la pulce nell'orecchio agli abitanti degli altri villaggi, magari aggiungere anche una ricompensa.
Per soldi si faceva questo e altro.

Terza cosa, Pike avrebbe rivelato la nostra posizione e ben presto l'informazione sarebbe viaggiata tra i Regni spingendo così tutti gli eserciti ad iniziare una lotta tra loro per accaparrarsi il bottino più temuto e aspirato di Birkenslow: me.

Non avrei avuto solo un esercito contro di me. Ma ben quattro milizie addestrate, crudeli, disperate e assetate di sangue.

L'unica cosa che dovevo fare era rimanere con i sicari, cercare di mandarli fuori rotta e allungare il tempo che mi rimaneva prima di tornarmene da dove ero venuta.

Perché sì, anche loro erano i miei nemici, ma si erano appena trasformati nelle uniche creature capaci di proteggermi.

Li avrei usati.
Come loro stavano usando me per raggiungere uno scopo.

Avevamo ripreso il viaggio come se niente fosse. Ancora prima ci eravamo assicurati che i corpi dei soldati morti venissero nascosti per non destare sospetti in qualsiasi persona passasse per di lì.

Eravamo stati cauti.
Era così, per lo meno, che si muovevano i sicari. E io semplicemente mi adattai.

Ero stranamente tranquilla.
Quello che avevo visto non mi aveva scandalizzata. O forse lo ero e non riuscivo ad esprimerlo come avrei voluto.

Avrei voluto urlare.
Avrei voluto ridere.
Erano tutte emozioni contrastanti quelle che provavo.

Avrei dovuto sentirmi in colpa, forse.
Per le loro morti. Per l'occhio di Pike.

La regina della vita e della morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora