Capitolo 49 - Indomabile

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Era la prima volta che dormivo così serenamente. Non c'erano stati incubi a tormentarmi, nessuna faccia dei Reali pronti a trafiggermi con una spada luccicante o a sgozzarmi con un pugnale. Quella notte non avevo rivisto la morte di Melisande, né il sangue versato e i corpi bruciati dai fuochi appiccati dai soldati, né gli occhi del Macellaio e ciò che vi avevo scorto dentro.

Non c'erano stati quei demoni ad affliggermi. Per la prima volta, avevano dormito anche loro e mi avevano lasciata in pace.

Un calore gentile e piacevole mi riscaldava il viso. Aprii gli occhi, svuotata di tutti i problemi che continuavo a trascinarmi dietro, e un raggio di sole lieve mi accecò momentaneamente.

Li strinsi e li riaprii fino a quando non si abituarono alla nuova luce del giorno che mi baciava il viso come un'amante.

I muscoli erano intorpiditi per la posizione rannicchiata mantenuta per ore, poi però mi resi conto di aver un corpo per metà sdraiato su di me. Un corpo massiccio, muscoloso, pesante e rassicurante.

Il sole baciava anche lui e illuminava il suo viso rassenerato dal sonno. I tratti duri erano più morbidi facendolo sembrare un ragazzo dalla bellezza rara. Disteso a pancia in giù, senza maglietta, con i capelli spettinati e gli occhi chiusi, nessuno avrebbe mai detto che si trattasse del capo degli spettri.

La rabbia che ribolliva nel sangue era nascosta, così come il suo potere vivo e pulsante e il suo caratteraccio impertinente e dispotico.

Sembrava un'altra persona.

Quello era un altro lato del demone che io avevo il piacere di ammirare.

Lo avevo conosciuto in preda ad una furia cieca.
Lo avevo conosciuto durante un attacco di panico.
Lo avevo conosciuto spensierato, sorridente e divertito.
Lo avevo conosciuto intimamente dentro una bolla di oscurità.
E adesso l'avevo conosciuto in pace, in un momento di vulnerabilità come adesso.

Mi piaceva ogni suo lato, ogni sua impressionante e particolare sfaccettatura. Mi piaceva che fosse diverso. Mi piaceva che fosse problematico perché io mi impegnavo a capirlo, a scorgergli dentro.

Io ero una sfida per lui, perché ero un'enigma oscuro irrisolto persino per me stessa. Ma lui, allo stesso modo, era per me un filo annodato da sciogliere con minuziosità.

E io l'avrei sciolto.
Era più forte di me.
Ero testarda.

Ma mentre io tiravo un'estremità, lui tirava l'altra e lo faceva con tutto sé stesso.

Per una volta, però, ero riuscita a scavargli dentro, a trovare nella sua corazza una piccola fessura in cui infiltrarmi per arrivare in quell'anima oscura così simile alla mia. Mi ero armata di coraggio e avevo fatto breccia nel suo scudo di ghiaccio.

Non sapevo perché, ma non riuscivo a lasciar stare. Non sopportavo l'idea di lui insieme ad un'altra. Soltanto un bacio. Soltanto quello era bastato per innescare un effetto a catena fatto di guerra, pace, desiderio, passione e così via.

Ero pazza. Pazza da legare.
Ma ne avevo bisogno, più di quanto temessi, più di quanto immaginassi.
Avevo bisogno di lui.
E del suo corpo attaccato al mio. E di quegli occhi addosso. E di quelle labbra sulla pelle che risucchiavano tutto di me.

Sentivo ancora i baci languidi che mi aveva dato per ore e ore. Ci eravamo persi in quella fusione di corpi, in quella attrazione frenetica e non ci eravamo più ripresi.

Non eravamo andati oltre. Anche se avrei voluto, anche se il suo corpo mi parlava e mi aveva urlato che lo desiderava tanto quanto me.

La regina della vita e della morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora