Capitolo 32 - Sanguis ignis

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"Non toccare mai più ciò che è mio."

Si riferiva a me, era abbastanza intuibile.

Pike mi aveva pugnalata alla coscia e il demone era intervenuto prima che tutto degenerasse.

Mi aveva protetta e ultimamente lo faceva in continuazione.

Prima con i soldati di Armarhal, poi con il Macellaio, adesso con Pike.

"Non toccare mai più ciò che è mio."

Era una frase pre-organizzata?
O dettata dall'istinto?

Voleva semplicemente intimidire Pike?
O era davvero preoccupato che io, il suo oggetto di scambio, ero stata ferita?

Ma soprattutto: ero sua?

Odiavo con tutto il cuore che qualcuno si rivolgesse a me così. Come un oggetto da conquistare, da usare.

Non ero proprietà di nessuno.

Ma una parte di me, piccola e fragile come una scintilla in mezzo a tanta oscurità, provava un senso di piacere.

Un senso di piacere dettato dal fatto che appartenessi a qualcuno, non in senso materiale ma emotivo.

Mi bastò poco a capire che questo non era il mio caso.

Le ombre erano ancora ancorate a Pike e lo tenevano fermo, in modo che non causasse nessun guaio.

Non osai alzarmi. Il sangue che colava dalla mia coscia era davvero troppo.

Strappai un pezzo di stoffa dalla tuta e lo legai a mo' di laccio emostatico. Quello sarebbe bastato, avrei pensato dopo a curare la ferita.

Strinsi i denti e sfilai il pugnale di Pike notando quanto la lama fosse seghettata.

Ecco perché perdevo così tanto sangue.

Smorzai un altro urlo.

Il fetore del mio sangue invase l'intero spazio in cui ci trovavamo. Le narici del demone fiutarono quella puzza quasi mi stesse controllando. Ma non si girò mai a guardarmi.

Si posizionò di fronte a Pike e disse: «Come sei arrivato fin qui?»

Lo stava davvero interrogando in questo momento?

Mi issai su una mano e con l'altra gamba mi aiutai ad alzarmi senza peggiorare la situazione della mia ferita.

Il suo potere si contorse attorno alla figura del comandante dell'esercito di Armarhal e piano piano si affievolì lasciandogli almeno la possibilità di parlare.

Pike sputò a terra.

«Non ti dirò nulla.»

Il demone lo esaminò dalla testa ai piedi. I suoi occhi nient'altro che ghiaccio e neve e grandine e tempesta e uragano.

Come diavolo era possibile che la devastazione si concentrasse in una sola persona?

Poteva tutto.
Incuteva un senso di forza e autorevolezza che non passava indisturbato. Persino i più forti tremavano quando lui si scatenava.

Quella sua aria glaciale, concentrata, controllata era peggio di una sfuriata, dell'ira.

L'indifferenza era sempre peggio delle emozioni come la rabbia.

«Oh, certo che lo farai solo che non te ne rendi ancora conto.» ghignò strafottente e Pike si irrigidì davanti a tutta quella sicurezza.

Lo sguardo di Pike scivolò verso terra, magari in un segno di arrendevolezza o ammissione, non sapevo bene quale delle due scegliere.

La regina della vita e della morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora