Capitolo 43 - Diamanti

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Avevo trascorso la notte ad allenarmi, come ormai era mia abitudine.

Non solo perché avevo dormito tanto il pomeriggio, ma perché il mio cervello aveva il doppio delle energie rispetto al mio fisico e così mi risultava difficile dormire quando e quanto avrei dovuto.

Avevo passeggiato un po' per la città e poi avevo trovato un posto sicuro in cui dar sfogo alla mia angoscia. Era una specie di recinzione per i cavalli inutilizzata ma non ne ero tanto sicura. Lo spazio era troppo vasto e inoltre, al suo interno, il recinto era suddiviso in altre aree. Una con la sabbia, un'altra col cemento, un'altra ancora con il terriccio e così via.

Uno strano posto per far riposare i cavalli che avevano bisogno soltanto di un po' di fieno e un secchio di acqua fresca.

Ma alla fin fine non mi ero posta così tante domande, avevo scavalcato la recinzione di legno e avevo dato inizio alla mia sessione di esercizi.

Non mi erano però passati inosservati gli sguardi delle guardie notturne che sia sulle mura, sia quelle nascoste negli alberi più folti, erano rimasti ad osservarmi tutta la notte come se fossi una criminale da tenere sotto controllo.

E alla fine, quando i muscoli avevano urlato di lasciarli riposare, ero andata a fare una passeggiata per la città.

Peccato che tutti i negozi fossero chiusi.

Avevo deciso di rientrare alla locanda alle prime luci dell'alba perché sapevo che avrei trovato qualcuno sveglio.

Spalancai la porta del locale con una mano e una volta oltrepassata la lasciai oscillare avanti e indietro facendo stridere i cardini che la tenevano appesa.

Tutti si girarono. Non dovevo avere un bell'aspetto, d'altronde avevo passato la notte sveglia a sudare.

Tuttavia non era quello ad attirare l'attenzione, ma come sempre era il mio velo a fare scalpore.

Notai subito i miei compagni di viaggio. Mi incamminai verso il loro tavolo con l'andamento un po' zoppicante. Mi faceva ancora male la coscia che Pike mi aveva pugnalato.

Mi sedetti, sfinita, e il mio stomaco si contorse dalla fame.

Non mangiavo da... ieri a colazione?
Non ricordavo più.
Non era colpa mia. Sentivo il bisogno di mangiare ma semplicemente me ne dimenticavo.

«Nuray, dove sei stata? Io ed Estella ti abbiamo aspettata ma poi ci siamo addormentate.» mi chiese Surya.

Mi poggiò una mano sulla spalla e con occhi preoccupati visionò tutta la mia figura.

«Mi sono allenata.»

Le feci un leggero sorriso e poi mi versai un bicchiere d'acqua fresca che tracannai in un solo sorso.

Solo in quel momento mi resi conto di avere tutti gli sguardi addosso.

«'Giorno...» bofonchiai.

«Buongiorno a te, cucciola.» mi salutò Thormes.

Era strano... vederlo la mattina presto.
I capelli erano ancora un po' stropicciati ma almeno si era accorciato la barba. I suoi occhi chiari erano luminosi e contornati da piccole rughettine. Inoltre indossava una veste decisamente poco ufficiale. Niente armi, niente armatura. Niente che facesse pensare di lui come un sicario.

Tutti gli altri mi rivolsero un accenno. Tranne le gemelle, quelle non facevano e non dicevano mai niente.

«Cosa vuoi da mangiare?» mi chiese Egor, dall'altra parte del tavolo.

«Un po' del tuo stufato di coniglio non sarebbe male...»

Qualcuno sghignazzò e rimasi stranita, non avevo detto niente di divertente.

La regina della vita e della morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora