Capitolo 64 - Non è lei

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Il demone.

"Si è svegliata"

La mia bestiolina si era svegliata dopo tre giorni di puro caos, di disordine, di irrequietezza.

Il mio corpo ci mise un secondo per metabolizzare il fatto che finalmente avrei risentito la sua calda voce, le sue piccole mani sulla mia pelle, avrei rivisto il modo in cui le sue labbra si contraevano in una smorfia quando le impartivo un ordine pretendendo che lo eseguisse.

Dovevo andare da lei, subito.

Brianna era ancora incastrata tra me e la parete della stalla, con il respiro corto e il cuore che le batteva veloce. Rick guardava prima lei, poi me, cercando di capire cosa stesse accadendo.

Mi allontanai dalla strega con un lamento basso che proveniva dalla fine della gola.

«Non finisce qua.»

Ed era un promessa e al tempo stesso una minaccia perché qualsiasi cosa sapesse Brianna su Eileen e qualsiasi fosse il motivo per cui non me l'avesse confessata, avrei fatto in modo che la strega pagasse.

Mi diressi verso la casa con un umore a dir poco pessimo. Odiavo chi mi mentiva e odiavo ancora di più chi occultava. La mia fissazione per il tenere tutto sotto controllo non aiutava. Da sempre, ero avvezzo a manie di controllo: dovevo sapere tutto su tutti, dovevo sempre avere un piano B, un piano C e un piano D. Non erano ammessi errori, non erano ammesse ripercussioni gravi. Tutto doveva andare per il verso giusto.

Ahimè, da quando avevo conosciuto la mia bestiolina, il controllo mi era sfuggito di mano.

Con lei non potevo organizzare e pianificare, perché era ribelle, scostante, non eseguiva mai gli ordini e questo la portava ad attrarre costantemente guai.

Odiavo perdere il controllo in sua presenza.
Odiavo tutto di questa situazione perché mi rendeva debole, insicuro, sul punto di cadere in un precipizio profondo.

Eppure ne ero attratto.
Eppure quando era il momento di mollare la presa, quando avevo la possibilità di tirarmene fuori, quando potevo mettere un punto, io come una molla tornavo indietro da lei.

E ora, proprio come la medesima molla, andavo dritto da lei, con un vortice nello stomaco e una guerra nel petto.

Sentii il brusio delle voci nel soggiorno zittirsi del tutto non appena varcai la soglia a passo deciso. Gli occhi dei miei sicari puntarono verso di me ma senza ottenere una risposta. Forse volevano sapere cosa fosse successo, forse volevano sapere come mai fossi stato pronto ad attaccare un principe per salvare il mio oggetto di scambio. Li ignorai tutti, non mi interessava dar pace ai loro pettegolezzi.

Ancora una volta salii le scale a due a due, superai il corridoio e mi fermai sulla soglia della mia camera, quella stessa camera che da bambino era stata la mia casa, il mio posto sicuro colmo di felicità e spensieratezza.

Scacciai via l'immagine del mio passato, del me bambino e di quella che era la mia vita tanto tempo fa, quando ancora non conoscevo il dolore della morte, il profumo del sangue e l'apatia di un paio di occhi che perdevano il loro tocco di vita.

Sospirai, pronto ad affrontarla, ma la porta si aprì interrompendo la mia mano ad un passo dalla maniglia.

Gli occhi verde rugiada di Namery mi colsero alla sprovvista. Non tanto per la sua presenza, ma per l'amarezza e la sofferenza che ci lessi dentro. Stranamente, l'amica di Eileen non mi riversò contro la sua rabbia, né il suo rancore, ma mi guardò con uno sguardo triste, gli occhi infossati e luccicanti per aver trattenuto le lacrime.

Namery uscì dalla stanza con fare silenzioso e incerto. Distolse lo sguardo da me, si guardò i piedi e con un soffio disse: «Non è lei.»

Feci per chiedere che diavolo significasse ma la bionda mi lasciò in balia di una profonda confusione. La guardai allontanarsi fino a sparire oltre le scale.

La regina della vita e della morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora