Trust me

CAPITOLO 40

È un sogno anzi un incubo, non trovò altra spiegazione e ora mi sveglierò tra le braccia di Alex, nel suo letto, si non può essere vero tutto questo. L'uomo davanti a me è solo un'illusione, non può essere qui, No....NO! NO!

-salve a tutti, spero che questo che state per vedere sia di vostro gradimento cari mamma e papà-

il terrore mi attraversa facendomi perdere completamente il senno della ragione, la sua voce, la sua figura sono reali, come il dolore che solo in questo momento percepisco in testa e al sapore ferroso del mio sangue in bocca che mi dà il vomito.

Ricordo di essere salita in auto e di essermelo trovato sul sedile posteriore con una pistola, dopo la sua voce ho sentito solo il dolore alla testa prima di riprendere i sensi. Mi sono ritrovata questo posto legata contro le fredde mattonelle di questa piscina abbandonata senza sapere come ci sia arrivata, quanto tempo è passato?

La sua voce risuona ancora di più a causa dell'eco che si propaga nell'area vuota e fatiscente, facendomi andare nel panico. Siamo solo noi due qua e so perfettamente cosa accadrà

-ho atteso dieci anni per questo, anzi ventidue. Mi avete tolto tutto, lei mi ha tolto tutto venendo al mondo e ora io la toglierò a voi che l'avete preferita a me-

parla verso quello che sembra un pc accesso ma non riesco a vedere bene mentre cerco di liberarmi dalla corda con cui mi ha legata. Devo riuscire a liberarmi, non può pensare che mi farò uccidere così, senza provare a difendermi o cercare di scappare, tiro talmente tanto le corde che sento la pelle bruciare fino a scorticarmi.

-ora noi due ci divertiremo bestiolina e loro potranno solo guardarti morire, tutti loro, i miei cari genitori, quei due idioti dei tuoi amici e quel bamboccio che non doveva tornare nella tua vita. Potranno solo vedere quello che ti farò fino a farti crepare-

mi schiaccio contro le mattonelle fredde dietro la mia schiena, fulminandolo con occhi carico di odio e con un pizzico di panico, mentre il cuore mi martella talmente tanto velocemente che penso possa uscirmi dal petto.

Mi sollevo come riesco ma le mani legate non aiutano ovviamente. Osservo Jacob che si sistema le maniche per non sporcarsele, quel gesto l'ho sempre trovato inquietante e il panico prende completamente il sopravento

-NO! non avvicinarti a me! stammi lontano-

non so se sto parlando o urlando, non ho più il controllo delle mie emozioni mentre tengo gli occhi fissi su di lui che lentamente e con appagamento, fa il giro della piscina restando sopra al bordo esterno, come un gatto che gioca con il topo. Qualcuno mi troverà se davvero sta inviando le immagini agli altri potranno rintracciare il segnale del wi-fi e trovarmi, devo solo resistere...solo questo...

-puoi urlare e dimenarti quanto vuoi bestiolina, nessuno verrà in tuo aiuto. Ti ricordi qual era il mio lavoro prima del bellissimo scherzetto che mi avete fatto tu e i miei, vero? -

interrompe i miei pensieri e sento il mondo crollarmi addosso. Ricordo perfettamente quello che faceva come lavoro, era un programmatore, un mago in quello che faceva, non c'era sistema operativo o di sicurezza che non sapeva raggirare o attivare e per questo ci permetteva di avere una vita agiata agli occhi di tutti. La consapevolezza che siamo davvero solo io e lui mi travolge, inizio a tremare e singhiozzare mentre le lacrime salate mi rigano il volto.

Lui sorride soddisfatto della mia reazione mentre arriva all'altezza della scaletta dove sono io e mi guarda dall'alto senza levarsi quel dannato sorrisetto perfido dalle labbra

-quando troveranno il ripetitore da cui parte il mio segnale per te sarà troppo tardi-

mentre parla si lega i capelli nel suo tipico codino, lasciando solo una ciocca a ricadergli sul lato destro del viso.