CAPITOLO 27

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I giorni passano tranquilli, le lezioni sono finite e quindi passo il tempo con Liz e Will o con Alex, anzi quasi sempre con lui e dormo spesso a casa sua anche se dormire è un eufemismo.

Lo facciamo praticamente su ogni superficie oppure rimaniamo a parlare come ai vecchi tempi, nonostante alcune cose lui ancora non me le dice per proteggermi e questo ogni tanto è motivo di discussione.

Devo ammetterlo, non mi sono mai sentita così bene, è una strana sensazione anche se c'è una cosa che dentro di me mi tormenta e cioè perché non ho trovato la sua lettera 10 anni fa?

Se realmente era sotto lo zerbino come tutte le altre che mi ha lasciato chi poteva...

Mi blocco nel letto dandomi dell'idiota, chi poteva se non quel bastardo?

È stato lui a dirmi che Alex mi aveva abbandonato, è stato lui a godere dell'accaduto e buttarmelo addosso con così tanta sicurezza, è una cosa a cui dovevo arrivare prima dannazione.

Il risentimento che provo dentro mi fanno scattare in piedi, ho il desiderio di andare da lui e urlargli tutta la rabbia e il dolore che mi ha causato e voglio capire il perché.

Scendo le scale di corsa e chiedo a nonno

-devo chiamare Douglas-

Lui e la nonna si scambiano uno sguardo prima di chiedermi

-per cosa garinion? Ancora non ci sono novità per quella faccenda-

dice lei ma io scuoto la testa

-devo far arrivare un messaggio a....Jacob-

Loro mi guardano sorpresi dalla mia richiesta, so di averli stupiti perché in 10 anni non ho mai chiesto di scrivergli o di vederlo ma ora ho bisogno di sapere la verità anche se sento il petto pesante come un macigno, voglio che lui mi dica perché lo ha fatto.

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Passa qualche giorno dalla mia richiesta e ora mi sto preparando perché stasera si va ad Humboldt Alexander Von Park, uno dei parchi più belli di Chicago a detta di Liz, che ha voluto organizzare quest'uscita tutti insieme compresa Tiffany, spero tanto che non crei problemi.

Mi infilo dei pantaloncini corti rigorosamente a vita alta, un cardigan chiaro leggero e largo con sotto una canotta bianca che infilo nei pantaloncini e le scarpe da ginnastica, ho lisciato i capelli sciolti, sono così lunghi che mi arrivano praticamente all'osso sacro.

Prendo la borsa e scendo, saluto come sempre i miei nonni e mi avvio alla porta,. Quando la apro però davanti mi trovo Douglas che mi saluta con calore

-ciao piccola Rachey, stavo cercando giusto te, ti spiace? –

mi dice mentre lo faccio accomodare, seguendolo poi dentro il salone dove ci sono anche i miei nonni che lo accolgono con calore

-stavi per uscire vedo, mi spiace disturbarti ma ho la risposta di tuo padre e non credo ti piacerà-

Sento una stilettata al petto quando lo chiamano a quel modo perché lui non è mio padre, forse biologicamente, ma di fatto non lo è per me.
Mi siedo sul divano stringendo i pugni

-cosa ha risposto? –

Gli chiedo osservando i miei nonni di sfuggita che si stringono la mano, Doug prende un respiro profondo e dice

-ha detto che se vuoi sapere la verità dovrai andare in carcere a trovarlo-

Resto immobile sul divano, senza emettere un fiato.
Sperare che quello stronzo parlasse senza chiedere nulla in cambio è stato davvero stupido e infantile, come potevo pensare che lo facesse?

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