CAPITOLO 13

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Ci fermiamo sul ciglio del parcheggio del Maggie Daley Park, scende e mi aiuta a fare lo stesso, mette la moto in sicurezza bloccando le ruote per poi mandare un messaggio con il telefono, io mi levo il casco e lo guardo accigliata

-non si guida senza casco-

gli dico rendendomi conto solo in quel momento di quello che ha fatto, poteva farsi male, mi guarda e i suoi occhi cambiano un po' diventano più limpidi e sorride beffardo

-non è quello che mi aspettavo dicessi dopo averti salvata little fairy-


Allunga una mano verso di me un po' divertito, sposto lo sguardo da lui alla sua mano

-dove vuoi andare? - 

gli chiedo sentendomi stordita da tutti i sentimenti che ancora sento

-vieni e vedrai, non ti farei mai del male o nulla che tu non voglia-

Mi dice allungando di più la mano verso di me

-fidati di me little fairy-

Dice queste parole con tono serio calmo profondo facendomi sentire un dolce calore nel petto, come riesce a farmi quest'effetto ancora non me ne capacito, devo fidarmi? Non lo so ma è apparso quando avevo bisogno di aiuto e so che non era li per caso per cui tenendo gli occhi nei suoi gliela prendo me la stringe forte portandomi con se nel parco, la sua mano avvolge completamente la mia scaldandomi e la sua presa è ferma e rassicurante.

Camminiamo in silenzio e mi porta nell'area giochi dove ci sono le altalene, lo guardo con un piccolo rossore sulle guance perché so il motivo per cui mi ha portata qui, ci siamo incontrati in un parco giochi la prima volta. Si ferma vicino le altalene e mi ci fa sedere mettendosi su quella accanto a me, tengo sulle gambe il suo casco e resto in silenzio, tutte le emozioni che ho provato tornano a galla e cerco di restare calma dondolando lentamente, sento i suoi occhi addosso che mi scrutano

-che cosa è successo Little fairy?-

Mi domanda con estrema calma e io stringo le corde dell'altalena guardando in basso

-mi stavano aggredendo lo hai visto anche tu-

gli dico facendo finta di non capire a cosa si riferisce e vedo la sua mascella tendersi mentre stringe le corde anche lui

-non con quei...schifosi-

dice con disprezzo con un tono di voce da mettere paura per la forza della rabbia che nasconde

-ma al gala, sai che intendevo li-

Prendo un respiro che mi si spezza, fermo il dondolio e chiudo gli occhi rovesciando la testa in dietro cercando di restare calma e usare le parole giuste

-hanno accettato la riapertura del caso di Jacob per concedergli o lo sconto di pena o gli arresti domiciliari-

gli dico mormorandolo come se dirlo così basso lo facesse sembrare meno vero, ma non è così, lui vuole uscire di lì e so perfettamente cosa accadrà quando questo avverrà e solo pensarci il mio corpo torna a tremare, sento i suoi occhi non spostarsi da me e mi copro con una mano il volto iniziando a ridere dal nervoso in modo isterico

-un avvocato, uno dei migliori in circolazione ha accettato la sua richiesta pro bono e lo rappresenterà, sembra una barzelletta di cattivo gusto-

La voce mi esce rotta dalle risate e piccoli singhiozzi, non ho più pianto da quando avevo 10 anni, ho sempre trattenuto tutto dentro e forse sarà la quasi aggressione o le informazioni che mi ha dato quell'uomo o solo che Alex mi fa tirare fuori tutto senza farmi più capire niente che mi fa cedere

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