cap. 19 il discorso con la prof

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<<le posso parlarle un secondo?>> chiesi davanti alla cattedra mentre la professoressa si stava alzando
<<è successo qualcosa?>> chiese prendendo la sua borsa.
<<si tratta di robin>>
<<oh, siete stati fuori tutta l'ora, dovrò mettere l'assenza ad entrambi. che cosa avete fatto?>>
<<proprio di questo volevo parlarle.>>
uscimmo dalla classe
<<so che a lei probabilmente non importa...però...volevo chiederle se, magari, potesse evitare di mettere l'assenza a robin. prima ha avuto un attacco di panico>>
non sapeva che cosa dire, poi parlò
<<sai il motivo?>>
<<gli manca suo padre, prof. è morto solo pochi mesi fa...non ha ancora accettato completamente la cosa...e...penso che lei lo stia pressando un po' troppo...>>
dio...sembravo così...impaurita.
<<io pretendo certe cose da lui, so che può arrivarci. pretendo cose da lui come da tutti voi>>
mi feci finalmente corraggio.
<<no, questo non è vero. non esagera con noi come con lui. lei è arrabbiata con robin per il fatto delle pagelle dell'anno scorso!>>
mi guardò con sguado deluso, ma io non smisi di parlare.
<<l'unica cosa che riesce a vedere di robin è il suo credersi superiore, e la capisco, era così anche per me fino a qualche settimana fa. ma io le giuro che robin arellano è molto più che un menefreghista. ci sta provando, glie lo giuro che ci sta provando. la prego, gli dia tregua per un attimo>>
la prof continuava a fissarmi amareggiata e io credetti di aver solo specato fiato, però in quel momento qualcosa in lei cambiò.
<<torna in classe, ci vediamo domani. dii pure a robin che gli porterò la sua verifica>>
lo feci, tornai in aula nel bel mezzo della lezione di geografia, mi sedetti al mio banco e mandai un biglietto:

"rob, quella stronza mi ha detto che domani ti porta la verifica"

vidi fare un sorriso mentre leggeva, poi il pezzo di cartá volò di nuovo sul mio banco

"ma che hai fatto?"

"gli ho parlato...non so se sia servito a qualcosa, ma ci ho provato lo stesso"

"sei unica"

mi girai verso di lui, sorridendogli.

la giornata di scuola finì, per fortuna, ed io potei andare a casa.
era da un po' che non passavo un po' di tempo con le mie migliori amiche, quindi le invitai da me, guardammo un film e chiacchierammo di tutto quello che stava succedendo nella nostra vita.
verso le sette di sera se ne andarono via e, prima che potessi mettermi a dormire, dopo aver cenato e preparato il tutto per l'indomani, vance venne da me.

<<buonanotte principessa>> si mise vicino al mio letto, si sdraiò vicino a me e mi abbracciò.
<<devo preoccuparmi di qualcosa?>> chiesi.
non era normale quell'affetto da parte sua.
<<no, perchè?>>
<<perchè sembra che tu abbia appena assunto droghe, sei troppo gentile>>
<<ah si?>> chiese stringendomi più forte <<preferisci che io sia cattivo?>>
avevo capito tutto.
<<no, no, scherzavo, vai bene così...>>
troppo tardi.
si alzò dal letto e si mise a farmi il solletico e non sembrava aver intenzione di fermarsi.
io ridevo come una matta, non riuscivo a smettere, più che altro perchè era lui a non fermarsi.
<<basta, ti prego!>> implorai con le lacrime agli occhi
<<di che mi vuoi bene>> ordinó lui <<altrimentì non la smetterò mai!>> continuò ridendo
<<sei un figlio di puttana!>> scherzai cercando di liberarmi dalle sue grinfie
<<non era quello che volevo sentirmi dire>>
<<va bene, va bene, hai vinto!>> mi arresi <<ti voglio bene vance! ti voglio bene, ma adesso lasciami!>>
fortunatamente mi lasciò andare, io cercavo di mantenere il respiro saldo, avevo riso troppo.
certe volte mi ritrovavo a chiedermi se mio padre sarebbe stato capace di trattarmi come faceva vance, e spesso, nonostante gli innumerevoli racconti di mia zia, mi ritrovavo senza una risposta.
lo abbracciai forte.
<<ti voglio bene, vance>> ripetei, questa volta con sincerità
<<te ne voglio anche io, principessa>>
mi diede un bacio sulla fronte <<buonanotte>>
<<'notte>>
se ne andò ed io potei finalmente addormentarmi.

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