8. Spellbound

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ma hai deciso
di annientare me tra tutti,


Mi ero adagiata alla mia quotidianità, avevo imparato così bene a fingere di essere una ragazza normale con un lavoro, che si allenava, che aveva buoni amici, che avevo iniziato a credere che fosse possibile ricostruirmi una vita. Ricominciare da quel punto.

Avevo creduto davvero che sarei stata libera.

Greg, però, era arrivato come un tifone a spazzare via tutte le cose positive della mia vita. Le aveva rese stupide, inutili. Mi aveva rimessa in riga, ricordandomi che eravamo soltanto pedine nel suo malato gioco di vendetta.

Affrontarlo, mantenere la calma e non cedere alle sue minacce era stata dura, ma ce l'avevo fatta, l'avevo cacciato, ma per cosa?

Era tutto inutile, alla fine sarebbe tornato a prendersi quello che voleva, cioè me.

Greg non sapeva accettare un no come risposta. Avrebbe trovato il modo di costringerci a fare il suo volere, di convincere me a seguirlo.

Questa volta, però, non ero certa di voler combattere. Non volevo una guerra, non volevo vittime e feriti sulla mia coscienza. Non avrei mai più voluto vedere i miei amici morire per difendermi. Se Greg avesse fatto del male a qualcuno di loro, o alla mia famiglia, non me lo sarei mai perdonata.

Dal momento mi aveva dato la schiena e se n'era andato dal bar, avevo preso una decisione: sarei andata con lui prima di sporcarmi le mani con il loro sangue.

Cris, invece, non era della stessa idea. Si stava allenando come se dovesse combattere il campionato della sua vita. Era intenzionato a non lasciargliela vincere, aveva persino convinto Carlo a iscriversi alla sua palestra e allenarsi insieme a lui. Non era una cattiva idea, Carlo era l'unico di noi a non avere abilità speciali e, di certo, conoscere un po' di arti marziali gli avrebbe dato un po' di vantaggio. Un calcio rotante in fronte avrebbe di sicuro sorpreso il mio carceriere.

Qualcosa dentro di me, però, sembrava essersi rotto: più li vedevo determinati e infuocati, più mi sentivo vuota e rassegnata. Ero così stanca di lottare. Combattere con me stessa per tenere a bada i miei poteri e i miei sentimenti contrastanti, stanca di combattere per tenermi lontana dal nemico, stanca di perdere i miei amici, di sognare quegli orribili esperimenti. Ero anche stufa di sperare in una vita normale.

Mi sembrava come se la mia vita non fosse mai davvero stata mia. Ero solo uno stupido esperimento, del Dottore e dei suoi investitori che si erano divertiti a giocare con la mia vita e con la mia morte. Ero il giocattolo di Greg, che pensava di potermi rapire e tenere stretta come un animale da compagnia per riempire i vuoti causati dai nostri traumi infantili con l'amore malato che provava per me.

L'unico vero momento in cui, forse, ero stata me stessa erano stati gli anni in cui avevo vissuto senza ricordi, ma ero davvero me stessa, senza abilità e senza una parte della mia memoria? Non lo sapevo più.

Ero così stanca di tutto.

Ogni mattina mi alzavo a fatica dal letto, dopo l'ennesima notte insonne. Guardavo l'alba sorgere su un giorno senza significato, o resti della mia vita che mi crollavano addosso come una casa costruita male. Erano le mie fondamenta a essere instabili, erano state consumate dal male che mi avevano fatto e non pensavo ci fosse più modo per rimetterle in sesto.

Ero una casa da abbattere.

Mi svegliavo tra le macerie di me stessa, ripetendo gli stessi gesti di tutti i giorni per inerzia. Arrancavo, trascinandomi verso la notte, verso quel ciclo infinito di nuovi giorni tutti uguali, come bloccata in un purgatorio eterno senza possibilità di redenzione.

APOKALYPSIS [Thanatos Trilogy Vol. 1&2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora