3. It's Been Awhile

421 12 0
                                    

che tu stessa
m'hai aperto nel petto

   
    
   

Il mio cuore si era fermato.

Tutto intorno a me, arcobaleni di mille sfumature danzavano in un caleidoscopio di luci. Una familiare sensazione di calore mi abbracciò il petto, era la madre di ogni cosa, la casa di ogni creatura. L'unico luogo di armonia e pace che avrei mai conosciuto.

Le mie gambe di bambina erano incorporee, così leggere da galleggiare in quella dimensione senza gravità. Non c'erano altre emozioni in me e intorno a me, se non calma e gioia.

Non volevo tornare indietro e dimenticare tutto, volevo restare per sempre in quello spazio eterno e amorevole, accogliente come il ventre della madre che non avevo mai conosciuto.

Ero materia unica, eppure parte d'un insieme infinito, come un atomo legato stretto ad altri atomi a creare una catena di molecole. Singolo e parte del tutto. Non esistevano più dualità o binarismo, solo una corrente perpetua. Nemmeno il tempo esisteva più, potevano essere passati giorni, ore, l'eternità o solo secondi.

Ero morta, ma ancora viva, in un modo che non riuscivo a definire, come incastrata a metà tra l'una e l'altra cosa.

Intorno a me le luci fluttuavano sinuose, riflessi prismatici in un labirinto di specchi. Rosse, gialle, blu, dorate. Avevano colori vividi eppure intangibili.

Qualcosa era diverso, però. Non riuscivo bene a capire cosa, ma turbava la calma di quel luogo.

D'un tratto una corrente fredda mi si avviluppò alle ginocchia, trascinandomi in avanti verso un fascio di luce rossa, quasi opaca, come i primi raggi di sole in una stanza attraversata da pulviscolo. Più mi avvicinavo, più la temperatura scendeva, facendomi rabbrividire, anche se non avevo pelle per sentirla.

Era un punto particolare quello, consumato, dove il tessuto tra le due realtà si assottigliava, le rendeva indistinguibili. Assomigliava al punto in cui venivo trascinata di nuovo alla vita dalle manovre del Dottore, un punto metà tra due cose così diverse. Una porta che segnava il passaggio tra l'Oltre e il luogo dove si trovava il mio corpo.

Quello che stavo osservando in quel momento, però, non era il mio mondo, non quello da dove provenivo io.

Era simile, ma insolito.

Emanava una frequenza in dissonanza con la mia, come note uguali di due strumenti accordati in modo differente. Mi sporsi più avanti e guardai attraverso quella strana finestra purpurea.

Il Dottore era chino sul corpo di un bambino, sembrava avere all'incirca la mia età, aveva capelli biondi chiarissimi e i suoi occhi erano chiusi come se stesse dormendo. Non lo conoscevo, non lo avevo mai visto all'orfanotrofio. Lo scienziato teneva sotto controllo un flusso di liquido vermiglio che entrava nel braccio del bambino attraverso il tubicino di una flebo. Poteva essere una trasfusione di sangue, ma il mio istinto mi diceva che non era così, avevo assistito a quelle procedure nei miei anni passati all'Istituto ed era diverso, quella sostanza sembrava più viscosa, ma allo stesso tempo fluida.

L'etichetta sulla borsa trasparente contenente il liquido riportava una «Y» greca e la dicitura «Hypnotex».

Doveva essere una medicina simile a quella con la T che il nostro Dottore ci dava durante i suoi esperimenti, ma la nostra era più scura, quasi nera.

Non potei fare a meno di pensare che anche quel bambino si trovasse da qualche parte tra la vita e la morte, esattamente dove mi trovavo io. Anche lui, come me, era legato ad elettrodi e macchinari complicati.

APOKALYPSIS [Thanatos Trilogy Vol. 1&2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora