24. Awake

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a sedare i crampi,
fame e dolore.

Il profumo del caffè e del pane tostato m'inondò le narici.

Sentii lo stomaco brontolare e aprii gli occhi controvoglia. Per un attimo, uno soltanto, prima di svegliarmi del tutto, pensai di essere ancora nel mio letto, nella mia prigione e che Greg mi stesse preparando la colazione. Poi ricordai.

Ero libera.

Ero al sicuro.

Scostai la coperta e mi alzai a sedere sul divano, gettando un'occhiata alla cucina.

Filippo era in piedi davanti a fornelli, fischiettando piano. Lo osservai riempire una grande caffettiera con caffè macinato, mentre una seconda era già sul fuoco e gorgogliava, saturando la stanza con il suo profumo delizioso.

Deglutii un groppo di saliva e fui sollevata nello scoprire che la gola non mi faceva più così male. Mi potrai le mani al collo, sfiorando la pelle. Le lesioni interne, sia quelle esterne, sembravano in via di guarigione e mi chiesi se il Thanatex ne avesse accelerato il processo.

Ricordai come Greg fosse guarito dalle tumefazioni della rissa, forse anche a me aveva fatto quell'effetto. Quando mi ero risvegliata in quelle condizioni, dopo quello che mi aveva fatto Greg, avevo temuto di aver subito dei danni alla laringe o addirittura alle corde vocali, ma forse il Thanatex aveva saldato le mie ferite, le aveva curate. Quelle fisiche almeno, le cicatrici che portavo sul cuore non sarebbero guarite così facilmente.

A dirla tutta, non avevo la minima idea di come funzionasse quella droga, non ero né una scienziata, né un magnate del narcotraffico, sapevo solo quello che mi aveva detto il mio carceriere.

«Caffè o tè?» domandò Filippo all'improvviso, facendomi sobbalzare dallo spavento.

Nonostante mi sentissi tranquilla, i miei nervi erano ancora scoperti, i sensi all'erta come se dovessi combattere o fuggire da un momento all'altro.

«Caffè va bene» mormorai, la voce rauca e la bocca ancora impastata dal sonno. «Grazie.»

Montai giù dal divano, un po' imbarazzata di starmene a letto in quella casa estranea, con uno sconosciuto che preparava la colazione. Infilai la felpa e raggiunsi Filippo in cucina. Avevo la testa leggera, lo stomaco che ruggiva e non vedevo l'ora di mettere qualcosa sotto ai denti.

Filippo spense la moka e riempì due tazze di caffè bollente. Me ne porse tra le mani. «Latte?» domandò. Il suo sguardo era diffidente e il tono neutro, quasi scocciato, forse di dover servire la colazione a una sconosciuta raccattata per strada dalla sua ragazza.

«Uhm, no, grazie.» Arrossii, sentendomi un po' in imbarazzo ad avanzare pretese quando ero un ospite indesiderato. «Sono vegana» spiegai.

Filippo mi guardò come se non potesse fregargliene di meno delle mie scelte alimentari. «Ho del latte di avena, Milo è intollerante al lattosio.»

«Oh.» Le mie guance diventarono di una sfumatura più scura di rosso. «Va benissimo, grazie.» Accettai l'offerta e diedi un lungo sorso al mio caffellatte vegetale, mentre il padrone di casa si beveva una tazza di triplo caffè.

Ci guardammo in un silenzio imbarazzato per qualche minuto, in piedi come idioti davanti al tavolo da pranzo. Il ragazzo sembrò studiarmi, indeciso se concedermi il beneficio del dubbio o gettarmi per strada e chiamare l'Amsa.

Filippo concluse il gioco di sguardi con un sospiro eloquente. «Non mi fido di te.»

Il sentimento era reciproco, ma non potevo biasimarlo. Dubitavo si sarebbe fidato di me anche conoscendo tutta la verità. Ero una vittima di rapimento in fuga dal proprio aguzzino con poteri soprannaturali e forza ineguagliabile, ogni minuto che passavo con loro mettevo sempre più a rischio le loro vite. Per non parlare del fatto che, in rare occasioni, potevo sfondare porte blindati con la forza del pensiero.

APOKALYPSIS [Thanatos Trilogy Vol. 1&2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora