14. Happiness In Slavery

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Miele di foresta
sulla verità di infinite menzogne


Era tutto il giorno che non riuscivo a pensare ad altro.

Dopo aver dato da mangiare alla palla di pelo impazzita, che miagolava ininterrotta davanti alla porta, avevo fatto colazione insieme a Greg, poi lui era uscito quasi correndo, dando risposte vaghe ed evasive alle mie domande a lasciandomi fissare il muro con una marea di punti interrogativi che mi vorticavano in testa.

Cosa diavolo voleva dire che domani saremmo andati a una festa?

Avrebbe organizzato una festa nel seminterrato solo per noi due? Avrebbe invitato altre persone? Per festeggiare cosa, poi? Natale era già passato e il mio compleanno non sarebbe stato ancora per qualche mese. L'idea di vedere un essere umano che non fosse Greg, all'improvviso mi terrorizzò. E chi se lo ricordava come fare a socializzare? Non avevo niente di interessante da raccontare, oltre alle trame del centinaio di libri che avevo letto e delle serie tv macinate insieme al mio carceriere.

E se la festa fosse stata fuori, invece? Avrebbe significato che finalmente avrei rivisto il cielo, il mare, le stelle? Era emozionante e spaventoso allo stesso tempo. Come mi sarei dovuta comportare con le persone che avrei incontrato?

Forse avremmo festeggiato la fine della mia prigionia.

O della mia vita.

Tutte quelle ipotesi iniziavano a soffocarmi. C'erano troppe incognite, troppe variabili. Avrei dovuto aspettare che Greg tornasse, prima di sapere qualcosa in più.

Pranzai in solitudine e, una volta sparecchiato, decisi di mettermi a fare il bucato. Avevo bisogno di tenere i miei pensieri occupati, altrimenti mi sarebbe venuto un attacco d'ansia a furia di pensare a quella benedetta festa.

Io, che non avevo mai stirato una camicia in vita mia, mi ritrovavo a fare la lavandaia per il mio rapitore. Come una Belle del ventunesimo secolo, segregata in un castello sotterraneo da una Bestia terribile travestita da principe. Odiavo l'idea di dover essere io a fare i mestieri di casa, però a volte mi aiutavano a sconfiggere la noia, mi rilassavano e mi tenevano impegnata.

E, poi, se avessi lasciato fare il bucato a Greg, avrebbe buttato bianchi, neri e colorati a sessanta gradi tutti insieme con una manciata di foglietti assorbi-colore.

Mi sedetti sul pavimento del bagno, davanti alla lavatrice e svuotai la cesta della biancheria, dividendo i capi scuri da quelli chiari. Avevo cambiato gli asciugamani, disfatto il mio letto e quello di Greg e messo delle lenzuola pulite.

Heisenberg si lanciò nella pila dei vestiti sporchi e iniziò a rotolare come un matto, facendomi scoppiare a ridere per la sua goffaggine.

Era diventato la mia ombra, mi seguiva ovunque andassi e non tollerava che chiudessi la porta del bagno se lui non era dentro con me. Osservava tutto quello che facevo e voleva giocare con tutto quello che toccavo, soprattutto se aveva dei lacci.

Quando tentai di mettermi a leggere le ultime cento pagine di Dio d'illusioni, Heisenberg si lanciò sul libro, domandando attenzioni. Perciò, mi arresi e passai il pomeriggio a giocare con lui. Adorava la bacchetta con una cordicella e le piume attaccate sul fondo, lo faceva impazzire. Era goffo e sembrava indemoniato quando correva da una parte all'altra della sala. E quando finalmente le sue batterie si esaurirono, si sdraiò a pancia all'aria accanto a me sul divano, facendo fusa rumorose come il motore di un trattore.

Quando l'ultima lavatrice e l'asciugatrice finirono il loro ciclo, era quasi ora di cena. Greg non era ancora tornato, lo aspettai per un po', ma dopo qualche ora sia io che Heisenberg eravamo affamati.

APOKALYPSIS [Thanatos Trilogy Vol. 1&2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora