25. Black Hole Sun

1.9K 140 24
                                    

E nella nebbia
non vedrai altro che luci.



Una mano si posò sulla mia spalla e sobbalzai per lo spavento. Alzai lo sguardo e incrociai quello preoccupato di Miriam.

«Scusami. Stai bene?»

Annuii. All'aria aperta stavo decisamente molto meglio. «Ho un pessimo rapporto con gli spazi chiusi» mormorai.

Miriam si sedette sull'erba accanto a me. «Soffri di claustrofobia?»

Dopo mesi passati in un appartamento sotterraneo col mio rapitore psicopatico, forse non era un'ipotesi così azzardata, ma non ero sicura di essere pronta per parlarne. Alzai le spalle.

«Sai, quando Milo si è ammalato, ho iniziato a soffrire di attacchi di panico» confessò. «Aveva sempre febbre altissima e finiva all'ospedale per ogni tipo di infezione. Io mi sentivo impotente: sono la sua sorella maggiore e non potevo difenderlo, né salvarlo.» Puntò gli occhi sulle mani, che accarezzavano l'erba in un gesto nervoso. «Arrivava un momento in cui pensavo di perderlo e non riuscivo più a respirare. Mi sentivo sott'acqua, con un peso immenso sul petto che non riuscivo a scollare di dosso. Mi succede ancora ogni tanto, soprattutto quando mi avvicino a un ospedale.»

La guardai, da una parte rattristata dalla sua storia, dall'altra sorpresa di scoprire di non essere la sola a provare il panico paralizzante dell'ansia. Desideravo abbracciarla, ma rimasi immobile. «Mi dispiace.»

Lei si strinse nelle spalle. «Non devi dispiacerti. Con le nuove cure, ora Milo sta molto meglio. I dottori dicono che sia quasi guarito.»

Ero curiosa, ma non volevo risultare inopportuna facendo domande sulla malattia del fratello. Mi sembrò un argomento delicato, di cui non parlava volentieri, ma se ne avesse voluto parlare, l'avrei ascoltata. In qualche modo, Miriam, raccontandomi quei dettagli così intimi, mi aveva fatta sentire al sicuro, come se potessi fidarmi di lei. Volevo aprirmi, raccontarle tutto, ma avevo paura.

Volevo dirle che avevo passato gli ultimi sei mesi della mia vita con un'unica persona, con il mio carceriere. Ero stata al suo gioco, avevo assecondato i suoi desideri, i suoi baci perfino e qualcosa dentro di me era mutato. Avevo iniziato a provare per lui un affetto tossico, una dipendenza malata, come per una droga che fa più male del sollievo che porta. Ero sola, disperata e mi ero attaccata all'unica cosa che mi restava: il mio aguzzino, la persona che con le sue azioni mi aveva isolata e portata alla disperazione. Annebbiata dalla tossicità di quel rapporto, mi ero lasciata andare, avevo abbassato del tutto la guardia e ci ero andata a letto con lui, il mio veleno e la mia cura.

E lui mi aveva ammazzata, mi aveva stretto le mani attorno al collo fino a soffocarmi.

No, non mi aveva ammazzata, perché era troppo codardo anche per quello. Non mi avrebbe mai lasciata andare, neanche alla morte. Mi voleva per sé, come un oggetto da collezione, di cui poteva sfruttare le abilità a suo piacimento, per portare a termine il suo piano di vendetta. Ma io non volevo farne parte, volevo solo vivere la mia vita e dimenticare quello ci era successo, gli esperimenti, il trauma. Io non ne volevo sapere niente di droghe sperimentali e poteri soprannaturali.

Greg mi aveva privata di ogni cosa e ora dovevo conviverci con le sue scelte, con le loro conseguenze.

Avevo paura per Miriam, Milo, anche Filippo e Carlo. Temevo che se mi avessero aiutata, se si fossero messi tra me e la furia di Greg, sarebbe finita male per tutti loro. Se Greg mi avesse trovata, avrebbe marciato sui loro cadaveri pur di prendermi e portarmi via con sé. Forse se non avessi condiviso con loro i dettagli del mio rapimento, della nostra infanzia e degli esperimenti, li avrebbe risparmiati.

APOKALYPSIS [Thanatos Trilogy Vol. 1&2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora