lontano dalla mia mente.
Nutrimi di paranoia
Ero al buio, la bocca chiusa da un pezzo di stoffa e i polsi e le caviglie legati. Scalciai e sbattei le ginocchia e i piedi contro qualcosa di metallico. Provai ad alzarmi, ma sbattei pure la testa. Gridai tra le labbra chiuse e ne uscì solo un brontolio ovattato. Sotto di me c'era un tappeto ruvido. Ascoltai il rumore familiare dell'attrito dell'aria, delle ruote sull'asfalto, sentii la spinta dell'accelerazione.
Ero nel fottuto bagagliaio di una fottuta automobile che non era di certo la mia minuscola fottutissima KIA Picanto.
Mugugnai altre imprecazioni.
Le cose si mettevano male: ero stata rapita da un tizio che sapeva il mio nome, che mi aveva aspettata davanti alla mia macchina. Oliai gli ingranaggi della memoria: ragazzo alto, occhi grigi, capelli scuri, forse. Tatuaggi. Voce roca e languida. Lo conoscevo? Ci eravamo già incontrati? Qualcosa mi diceva di sì, ma non riuscivo a ricordarlo. Non avevo idea di chi fosse o cosa diavolo volesse da me.
Meglio non pensarci. Ogni possibilità era spaventosa.
Continuai a scalciare e fare più rumore possibile, finché la vettura non si fermò, facendomi sbattere di nuovo la testa. Il bagagliaio si spalancò. Fuori era buio, ma misi a fuoco una sagoma che mi fissava interdetta. Era lo psicopatico che mi aveva attaccata.
«Questa roba doveva stenderti per diverse ore» borbottò confuso.
Mi puntellai su un gomito, cercando di sedermi e, magari, tentare la fuga.
Lo psicopatico tirò fuori un'altra siringa.
L'ultima cosa che vidi furono le stelle luminosissime di un cielo che non conoscevo.
⚜
Mi svegliai intontita e con lo stomaco sottosopra. Non ero né legata, né imbavagliata, però mi trovavo su un letto, in una stanza che non era la mia.
Una volta abituata alla luce, mi guardai intorno. Era una stanza piccola, con un letto a due piazze e una cassettiera in legno. C'era un bagno minuscolo, con un gabinetto e un lavandino. Una sola porta d'entrata e d'uscita. Nessuna finestra. Le mie scarpe erano allineate sul pavimento e sul comodino c'era appoggiata la mia copia dell'Orlando furioso.
Strinsi le gambe al petto e feci qualche lungo respiro profondo. Avevo bisogno di pensare, dovevo rimanere lucida. La buona notizia era che non ero ancora stata uccisa e scaricata in un fosso, la cattiva era che forse mi aspettava molto peggio. Se lo psicopatico mi aveva portata a casa sua poteva solo significare che avesse intenzione di tenermi per un po' e io avrei preferito morire subito. Veloce, indolore, dritta in Paradiso. O all'Inferno, chissà.
Il collo mi faceva male, avevo la nausea e la testa mi girava. Un braccio era scorticato dalla caduta ed ero certa di avere dei brutti lividi anche sulle gambe.
Era già mattina? Senza finestre, non avrei saputo dirlo. Forse avrei dovuto tentare di aprire la porta, investigare dove mi trovavo, ma volevo solo piangere e vomitare.
Soprattutto vomitare.
Qualsiasi cosa mi avesse iniettato, mi stava dando gli effetti di una brutta sbornia.
Mi tuffai ai piedi del letto e rigettai tutto il contenuto del mio stomaco. Trenette al pesto, un gelato, acqua e bile. Non che si potessero distinguere, ma volevo ricordare il mio ultimo pasto.
La porta della stanza si spalancò e per poco non caddi di faccia nel mio vomito.
Caddi però sul pavimento, strillai e gattonai fino all'angolo più lontano dall'ingresso.
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APOKALYPSIS [Thanatos Trilogy Vol. 1&2]
ParanormaleUn ragazzo misterioso dai poteri soprannaturali. Una ragazza speciale tenuta prigioniera. Una sostanza sperimentale che rende invincibili. Quando il passato torna a cercarti, non hai altra scelta che ricordare. O fuggire. ⚜ L'estate sta per finire...