2. Poem

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a lenire il dolore
ricucire lo squarcio
   



Avevo iniziato ad allenarmi da un paio di giorni, non avevo ancora imparato a fare calci rotanti, ma mi ero distrutta le nocche sul sacco. Tanto che Cris mi aveva regalato un paio di guanti per allenarmi senza sanguinare troppo. Era ancora presto per i parastinchi e guantoni da pugile, la maggior parte degli allenamenti consisteva nel farmi sudare facendo esercizi per migliorare la coordinazione, mentre Jessica mi aveva insegnato un po' di tecnica. Essendo l'ultima arrivata al corso, ero lenta e indietro rispetto agli altri ragazzi e ragazze, ma erano tutti molto pazienti con me.

Occupare la mente mi aiutava a tenere a bada i pensieri cupi e, nonostante fossero sempre lì presenti, mi sentivo di poterli gestire. Era come se finalmente fossi di nuovo in pieno possesso del mio corpo, mi sentivo sicura e consapevole. L'idea di imparare a combattere come Jess e Cris mi galvanizzava al punto di sentirmi già potente, anche se ancora il mio gancio era debole e sbagliavo sempre l'angolazione dell'anca quando tiravo un calcio.

Non avevo più causato incidenti al locale e, anche se era presto per dirlo, ero certa che stesse funzionando. Cristian aveva ragione, dovevo ammetterlo. Avevo sempre schifato lo sport, ma mi stava facendo bene.

Ero così tranquilla e sicura, che avevo preso una decisione importante: quella sera sarei andata a trovare la mia famiglia. Era pericoloso, certo, era il posto più ovvio dove sarei andata, ma ormai erano passati mesi e dubitavo che Greg, o qualcuno dei Damiani, fosse appostato sotto alla loro palazzina. C'era anche il rischio di mettere le mie mamme in pericolo raccontandogli tutto quello che era successo, ma ero la loro unica figlia e glielo dovevo. Meritavano di sapere perché fossi scomparsa e perché non potessi tornare a casa.

Mi armai di tutto il coraggio che possedevo e uscii in strada. Attraversai le viscere del centro città, diretta alla fermata dell'autobus più vicina. Passai davanti al BOOKonero e mi fermai davanti al banchetto con i libri usati, curiosando tra le offerte e lanciando uno sguardo alla vetrina con le novità in copertina rigida che non potevo permettermi. Non acquistai nulla, i soldi mi servivano per il biglietto del pullman, così continuai per la mia strada tra i vicoli. Lanciai un'occhiata alla parete grezza e mi venne un colpo al cuore.

Ho quasi vent'anni e non li sento.

Quella frase, scritta con la vernice spray, accanto alla locandina mezza strappata e consumata dell'ultimo concerto dei Komodo Dragons. Passai una mano sulla carta ruvida, sfiorando i loro volti. La fotografia in bianco e nero li raffigurava durante un live: Miriam urlava al microfono, il basso stretto tra le mani, Carlo era in ginocchio intento a suonare un assolo di chitarra elettrica e, sullo sfondo, Filippo picchiava con le bacchette sui piatti della batteria. Avevo ascoltato le loro canzoni in questi mesi, volevo ricordarli per la loro musica, la loro allegria e per avermi fatto sentire di famiglia nel poco tempo in cui li avevo conosciuti. Alla fine, avevo perdonato Miriam per essersi alleata con Greg e rimpiangevo di non aver fatto di più per salvare lei e il fratello.

Ricacciai indietro le lacrime e notai, poco più avanti, un'altra piccola locandina. La carta era ingiallita dal tempo, l'inchiostro leggermente sbiadito, ma la riconobbi subito.

Era quella dannata poesia.

Doveva essere lì da mesi, da quando ero tornata nella mia città, se non prima.

Come se Greg avesse sempre saputo che sarei tornata lì e volesse farmi sapere di essere un passo avanti a me, in questa nostra partita. Ricordarmi che ero solo una pedina nel suo gioco di vendetta e sadismo.

APOKALYPSIS [Thanatos Trilogy Vol. 1&2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora