Black

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"Caro diario, domani sarà il 7 Febbraio. È stato difficile metabolizzare ciò che c'era scritto in quella lettera. Rafael è rimasto con me per l'intera giornata e ha continuato a tenermi strettamente sotto osservazione nei giorni successivi, fino ad oggi. Adesso sono le 22:15 ma non riesco a prendere sonno. Ti chiederai che cosa abbia deciso di fare... Non ho avuto alcun dubbio: appena finito di leggere la lettera ho accartocciato il foglio, lanciandolo dall'altra parte della camera; in lacrime, ho detto ciò che penso tuttora : "La pagherà, non lascerò che vinca lui, che sia tra un mese oppure tra cento anni, lo ucciderò". Nonostante la mia sicurezza iniziale, adesso ho paura: non sono per niente pronto ad una battaglia e nessuno mi assicura che Black sarà da solo. Questa potrebbe essere l'ultima volta che ti scrivo oppure potrebbe essere solo l'inizio di una cosa, probabilmente, più grande di me. Penso che passerò la notte in bianco, immaginando tutti i possibili scenari (come ormai sono solito fare da diverso tempo). Però c'è una cosa alla quale voglio prestare attenzione: fino all'ultimo istante in cui starò in questa casa, terrò d'occhio chiunque; gli sguardi, i movimenti, le azioni, tutto mi servirà per restringere il campo dei possibili "Black". Domani sera, se tornerò vivo, ti dirò com'è andata"

I primi raggi di sole, che annunciavano l'alba del 7 Febbraio 1936, irruppero dalle finestre, inondando la camera del giovane Wilson. Tyler aprì piano piano gli occhi, abituandosi gradualmente a quella luce. Guardò l'orologio accanto al letto "Sono le 8:00... Avrò dormito sì e no 4 o 5 ore". Il ragazzo sospirò pesantemente e si mise seduto sul bordo del letto. Guardò davanti a sé, fissando un punto indefinito della porta, "Questa sera..."; ancora non era riuscito a calmarsi: non era sicuro nemmeno lui se quella che provava in quel momento fosse più rabbia nei confronti di Black oppure paura della consapevolezza di poter andare incontro alla morte. Infilò molto lentamente le sue ciabatte di stoffa e si diresse verso la porta; la aprì, ritrovandosi in corridoio, giungendo successivamente alle scale per poi imboccarle e ritrovarsi in cucina. Margaret e un'altra cameriera lo salutarono cordialmente, chiedendogli poi cosa volesse per colazione. Tyler non fu in grado di rispondere: per l'ennesima volta si ritrovò perso nei suoi pensieri, fissando il vuoto.

<<Signorino Tyler?>>

Margaret gli posò delicatamente una mano sulla spalla, facendolo tornare alla realtà. Quando il ragazzo si voltò verso di lei, questa gli diede una lettera.

<<Ѐ da parte di Rafael: ha detto che oggi dovrà sbrigare delle commissioni e di consegnarle questa... Sembrava molto preoccupato.>>

Il giovane Wilson prese lentamente la lettera, posandola ancora sigillata sul tavolo.

<<Grazie Margaret, potresti farmi un tè per favore?>>

<<Certo!>>

La donna gli sorrise e si diresse verso i fornelli, dove il bollitore già stava cominciando a fischiare. Versò un po' del liquido in una tazza per poi ritornare da Tyler, il quale era rimasto seduto al tavolo con la lettera ancora posata su di esso. Il ragazzo bevve in silenzio; riposta la tazzina sul piattino, prese la lettera e si diresse nuovamente in camera sua. L'altra cameriera rimase a guardare il giovane finché non uscì dalla sua visuale.

<<Margaret? Perché il signorino ultimamente è così freddo e chiuso in se stesso?>>

<<Non saprei cosa dirti: da qualche mese a questa parte è così... Forse sta solo passando un brutto periodo e, anche se Rafael gli è stato vicino in questi giorni, forse quando non c'è si sente solo...>>

Tyler si sedette a gambe incrociate sul letto, fissando la lettera che teneva tra le mani. "Perché... Perché quando ho bisogno di te, sparisci..." con più rabbia che tristezza, aprì la lettera.

"Signorino Tyler, lo so bene cosa dovrà accadere questa sera e sono profondamente dispiaciuto di non poter essere lì con lei ad aiutarla. Le prometto che in qualche modo mi farò perdonare ma stia attento e pronto alla fuga: la prego di non farsi prendere dall'ira e di non attaccare Black. Le auguro con tutto il mio cuore che questa cosa si risolva per il meglio.

Il suo fedele maggiordomo, Rafael"

"Perché Rafael?" Tyler cominciò a singhiozzare. "Non puoi essere tu, non voglio credere che tu c'entri qualcosa con Black... Con la morte di mio padre..". Il ragazzo prese un fazzoletto di stoffa da un cassetto del mobile posizionato di fianco al suo letto. Si soffiò il naso, calmandosi un po'. "No, non può essere: è solo una mia paranoia, non ho alcuna prova che sia Rafael."

Erano le 19:30 quando Tyler scese nella sala dove si sarebbe svolta la cena. Si accomodò al tavolo e, come ogni giorno, mangiò da solo e immerso nei suoi pensieri. Era talmente nervoso che non riuscì a finire tutto il suo pasto; si alzò, dirigendosi verso la porta d'uscita della villa.

<<Signorino? Vuole uscire a quest'ora?>> chiese Margaret, facendo capolino dalla cucina.

Il ragazzo esitò qualche secondo, prima di rispondere alla donna.

<<Qualsiasi cosa sentiate o vediate, rimanete chiuse in casa.>>

Tyler non aspettò la risposta di Margaret e uscì dalla porta, dirigendosi verso il bosco.

Non passò molto tempo prima che la luce fioca della luna piena, iniziasse a filtrare tra le fronde degli alberi. Tyler si trasformò, continuando a girovagare per il bosco, tenendo ogni senso in allerta.

Dei passi che fecero scricchiolare delle foglie secche e dei rami lo fecero girare all'improvviso: un grosso lupo nero gli si stagliava di fronte. Tyler cominciò a ringhiare ma l'altro non mosse un muscolo, continuando solamente a fissarlo. Il ragazzo non sapeva come reagire: "Lo attacco? Non sento l'odore di altri lupi ma, d'altronde, non avevo neanche sentito lui". Il tempo sembrò fermarsi: Tyler aveva di fronte colui che gli stava rovinando la vita, colui che aveva ucciso l'unico familiare che gli era rimasto, colui che lo stava minacciando di morte se non fosse entrato nel suo branco. Passarono svariati secondi di silenzio, silenzio nel quale si potevano udire solo il respiro e il battito del cuore dei due lupi. Né una mosca né alcun altro insetto stavano interrompendo quella quiete che altro non celava se non tensione: una qualsiasi mossa fatta da uno dei due poteva scatenare una lotta, della quale non era difficile immaginare il vincitore. E fu allora che Black, intuendo la decisione di Tyler, ululò. Il ragazzo non si scompose: continuò a ringhiare, in attesa di un'altra mossa del lupo nero. Passarono alcuni secondi prima che altri quattro lupi spuntassero dal bosco, schierandosi dietro Black. Il ringhio di Tyler scomparve, lasciando spazio alla paura e al tremore delle zampe. Il lupo nero e il suo branco rimasero fermi a fissare il ragazzo e lui riuscì a vederli meglio: erano due lupi marrone scuro, tendente quasi al nero; un altro era marrone un po' più chiaro mentre l'ultimo era beige. Quelli più scuri avevano anch'essi un paio di cicatrici lungo la pelliccia ma Black sembrava uscito da una lotta contro un intero branco: la cicatrice più evidente era formata da tre strisce sul fianco che partivano dalla schiena e arrivava al ventre; altre più piccole, probabilmente fatte da alcuni morsi, erano sparse sulle zampe e sulle spalle.

Black continuò per qualche altro secondo a guardare il ragazzo, "Perché non mi attacca?" fu la prima cosa che si chiese Tyler, "Ormai lo avrà capito che non ho intenzione di unirmi al suo branco". Black si girò verso gli altri lupi, incominciando a camminare, superandoli; loro continuarono a fissare il giovane lupo finché il capo non emise un latrato che li fece dileguare. Si girò, guardando per un'ultima volta Tyler, come a chiedergli conferma della sua scelta ma, non ottenendo alcun tipo di segnale di consenso, si voltò nuovamente, scomparendo nella boscaglia

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