Diamond 3

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<Ti diverte?> domandò. Proprio quello che non volevo accadesse, era successo. Mi voltai verso Black, che mi guardava infastidito, aspettando una mia reazione. Non gli risposi e mi alzai, dirigendomi verso le scale, ma dopo poco mi sentii tirare.

Era Xavier.

<Mio padre ti ha fatto una domanda. Non puoi semplicemente fuggire così, come se niente fosse, ragazzina.> Ragazzina? Liberai con forza il mio braccio dalla sua presa e lo guardai negli occhi. Nessuno poteva chiamarmi ragazzina. Nessuno poteva sminuirmi.

<Una domanda senza senso e che non ha alcun valore per me.> risposi con sicurezza. <Piuttosto che stare qui a discutere su quello che faccio, perché non rincorrete il notaio? Magari vi dà quella percentuale legale, evitandovi di diventare poveri, ragazzino.> risposi. Odio essere messa in un livello inferiore. Io sono io, e nessuno è migliore di me. Nessuno deve imporsi su di me.

Xavier mi guardò per un attimo prima di emettere un ghigno. <Poveri? Hai sentito, papà? Quest'orfana pensa di essere diventata qualcuno solo perché ora ha una villa a suo nome.> disse, sarcastico. Vidi i loro sguardi incrociarsi mentre io ero lì, sola come sempre. <Vai a cercare qualcun altro da raggirare, un altro Sugar Dadd-> gli tirai uno schiaffo, non riuscii a controllarmi.

Un nodo alla gola mi stringeva, soffocandomi. Come poteva descrivere così il rapporto che avevo con suo nonno? È passata solo una settimana dalla sua morte. Ora comprendo cosa intendeva papà con la frase: "Quando li conoscerai, capirai perché Eros se ne è andato.". Ora ho capito chi sono i Knight.

Anche Eros somigliava a loro? Dovevo sposare e proteggere uno stronzo senza cuore?

<Xavier!> mi voltai verso Black, che nel frattempo si era avvicinato al figlio. <Non parlarle in questo modo e abbi un po' di rispetto per tuo nonno.> intervenne, prima di avvicinarsi e accarezzarmi la spalla. <E tu, Diamond, ricorda che se mai volessi restituire l'eredità al suo vero proprietario, mi troverai sempre a tua disposizione.>

<Sì, le restituirò al suo vero proprietario: Eros Knight. Solo se lui vorrà.> dissi freddamente. Poi presi con l'indice e il pollice la sua manica e con sdegno gettai via la sua mano posta sulla mia spalla.

<Buona fortuna. Ti auguro sinceramente che tu ritorni illesa.> disse Xavier ironicamente, con un sorriso sulle labbra.

<Non preoccuparti, non potrà mai essere peggio del padre che si presenta vestito da inferno e del figlio che si atteggia a fare il diavolo senza alcun rispetto per il nonno. E ora, se avete finito, vi prego di togliere il disturbo e tornare da dove siete venuti.> affermai, avvicinandomi alla porta e aprendola, indicando loro di uscire. Non sarei riuscita a sopportarli neanche un secondo di più.

<Ci stai cacciando da casa nostra?>

<No, vi sto gentilmente invitando ad uscire da casa mia. Fuori.>

<Ti pentirai di questa decisione, ragazzina.>

<Ho fatto 3 anni di militare. Se pensi di potermi sconfiggere, prego. Puoi anche dichiararmi guerra. Non ho paura di uno come te.>

Mi scrutò da capo a piedi, poi, seguito da Black, uscì finalmente dalla villa.

Meschini. Stronzi. Bugiardi e traditori. Questo erano.

Mi bastarono solo sette giorni con loro per capire chi fosse davvero la famiglia da cui tutti mi avevano messo in guardia. Dalla sorvegliante dell'orfanotrofio a papà, tutti mi avevano avvertito della loro crudeltà.

Per tutto il giorno, una sola domanda mi ha continuato a tormentare: chi era Eros Knight? Non riuscivo a immaginarlo. Poteva essere qualsiasi cosa: un uomo privo di valori, come suo fratello e suo padre, oppure un uomo benevolo, come il nonno. Dopotutto, ci deve essere un motivo se papà ha lasciato tutti i suoi averi a Eros.

Mi guardai allo specchio: stivali neri fin sopra il ginocchio, pantaloni lunghi neri, maglietta attillata nera, giacca di pelle e capelli sciolti. Perfetto. Ero pronta per questo viaggio, pronta a dirigermi verso l'ignoto e a coglierne ogni sfumatura, dalla più chiara alla più scura.

In realtà, ero in ansia e, sebbene odi ammetterlo, avevo paura di Eros. Sapevo poco della sua storia. Papà si era sempre rifiutato di parlarne, diceva che "quando arriverà il momento opportuno, imparerò a conoscerlo.". Come se fosse necessario seguire un corso di formazione per "conoscere" un uomo.

Accesi la moto e accelerai. Amo le moto: quando ci sono sopra, mi sento libera, come se volassi e nulla attorno a me avesse più importanza. Mi dimentico di tutto e di tutti, concentrandomi solo sulla strada. Mi isolo da questo mondo, entrando in uno completamente incantato.

Mi fermai, sentendomi una stupida: come potevo aver trascurato un dettaglio così importante come la destinazione? Non conoscevo l'attuale residenza di Eros. Avrei dovuto chiedere a qualcuno che gli fosse vicino, ma non così tanto da odiarlo. Oppure, avrei potuto chiedere a chi lo odia e tentare di manipolarlo.

Presi il telefono e chiamai Xavier. <Ehi, Xavier, ho sentito che alla fine hai chiamato Eros. Complimenti, la coerenza fa proprio parte della tua personalità.>

<Non sento quell'uomo da anni. Ragazzina, cerca un'altra scusa per parlarmi, soprattutto dopo quello che hai fatto oggi.>

<Una scusa per parlare con te?>

<Di sicuro vuoi scusarti per lo schiaffo, non è vero?> mi trattenni dal chiudergli il telefono in faccia, anche se odiavo ammetterlo, avevo bisogno di lui in quel momento.

<No, ho solo sentito che l'avevi chiamato, tutto qui. Ma, a quanto pare, non sai neanche dove si trova tuo fratello, oltre che la tua dignità.>

Riagganciai.

Avrei trovato un altro modo. Non mi sarei piegata a lui. Non mi sarei scusata per un'azione meritata.

Presi il telefono e guardai lo schermo, dove comparve il nome di Xavier.

<Che cosa vuoi esattamente?> chiesi.

<Abbassa i toni, Diamond. Non sono tuo fratello e di certo non sono un tuo amico.>

<Dopo aver visto come tratti il tuo vero fratello, ringrazio il cielo che non sei il mio.>

<Quello si trova in Brasile a fare il puttaniere. Non gli devo nulla.>

Chiusi la chiamata senza rispondere. Avevo ottenuto l'informazione che cercavo e lui non mi serviva più.

Riaccesi la moto e accelerai, direzione Brasile, la terra dove la mia promessa sarebbe stata mantenuta.

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