Diamond 11

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<Non fare la stupida, ragazzina. Dove sono? È importante. Dobbiamo riunirci per stabilire un piano d'azione, ma non possiamo farlo senza le informazioni di base delle aziende.> rispose lui.

<Ti ho già detto che non lo so. Chi pensi che io sia? Il vostro avvocato? Se le aziende sono veramente così importanti per voi, dovevate rimanere accanto a papà. Anziché presentarvi solo al suo funerale.>

<Lui era mio nonno prima di adottare te. O mi dici dove sono, o farò a pezzi questa casa fino a trovarli.>

<Buona fortuna. Non so dove siano, quindi non posso dirti se li troverai a casa o altrove.> risposi prima di concludere la chiamata. Era incredibile come solo la sua voce riuscisse subito a influenzare il mio umore.

Presi il borsone e mi diressi verso l'unico posto dove regna la tranquillità più assoluta. Nessun psichiatra, nessun Eros, nessun pensiero o tormento. Solo io.

Mi avviai verso Praia Grande, una delle spiagge che avevo sempre desiderato visitare fin da bambina. Mio padre mi parlava spesso di quanto fosse immensa, tanto vasta che sembrava non finire mai. Mi raccontava della sabbia incredibilmente fine e dell'acqua cristallina, anche se un po' fredda, anzi, gelida, come era solito dire.

Sorrisi al ricordo delle nostre conversazioni, della spensieratezza che provavo e della felicità che ci circondava in quei momenti.

Dopo alcuni minuti, raggiunsi la spiaggia e indossai un bikini nero prima di entrare in acqua. Sembrava di passare dal deserto del Sahara al Polo Nord: l'acqua era gelida!

Camminai finché l'acqua non mi arrivò alle ginocchia e mi fermai. Fino a quando, spinta da dietro, mi ritrovai completamente immersa nel gelo.

<Luke!> esclamai, tornando in superfice.

<Barbie... pensavo fossi coraggiosa.> disse, ridendo. Come se la conversazione dell'altro giorno non fosse mai accaduta.

<Io sono coraggiosa. Buttati tu in mezzo a quest'acqua.> affermai, alzando gli occhi al cielo.

<Vedi, Barbie, io sono nato e cresciuto in mezzo a queste acque.> rispose prima di immergersi nell'acqua e riemergere poco dopo.

<Perché?> domandai.

<Cosa?> chiese Luke.

<Perché ti comporti in questo modo? La volta scorsa non ti ho trattato bene.>

<Magari un giorno lo capirai.>

<E questo cosa significa?>

<Magari un giorno lo capirai.>

<Ti diverte continuare a ripeterlo?> domandai, incrociando le braccia al petto.

<Molto.> rispose prima di togliere la maglietta, rivelando degli addominali perfetti.

Mostrava anche diversi tatuaggi sia sul torace che sull'addome: uno riportava la scritta "Carpe Diem", mentre l'altro presentava numerosi teschi che si estendevano anche dietro, con una croce al centro.

<Cos'è quella?> chiese, guardando in basso.

No. Non posso credere che me lo abbia chiesto.

<Cosa?>

<Perché hai quel tatuaggio? L'unico anche... un po' strano.>

<Perché il tuo "Carpe Diem" è da tutti i giorni, vero?> risposi con tono ironico.

<Letteralmente, Barbie.> disse, sistemando i capelli all'indietro. Erano completamente bagnati e continuavano a cadere sui suoi occhi.

<Non hai risposto. Perché hai deciso di tatuarti proprio medusa?> domandò di nuovo.

Confermato. Era un idiota.

<Devo andare ora.> dissi, avviandomi, ma lui si mise davanti a me, bloccandomi.

<Te ne andrai solo dopo avermi risposto.> disse con enorme sicurezza, impedendomi di procedere oltre.

<E se decidessi di non voler rispondere?>

<Io non ho alcuna fretta.> affermò, alzando le spalle con indifferenza. <La decisione è tua, rossa.>

<Rossa? Da Barbie a rossa?>

<Devo ammettere che i tuoi capelli ramati, sotto questa luce, sono tutto tranne che innocenti ai miei occhi.>

<A me non piaci.>

<Lo vedo, infatti da quando mi sono tolto la maglietta, non hai smesso di guardarmi. Se vuoi, basta chiedere.> rispose con un occhiolino.

Seriamente?

<Fai schifo.>

<Perché medusa? Rispondi, sono curioso.>

<Perché volevo.>

<Ah sì? Medusa? Tra tutti, medusa?>

<Esattamente.>

<Ha un significato, e voglio scoprirlo.>

<Quindi anche i tuoi teschi hanno un significato.>

<Certo, ogni persona che ho ucciso è commemorata in questo modo.>

Rimasi a guardarlo per un attimo.

Davanti a me non c'era un semplice assassino, ma il diavolo in persona. Come può una sola persona aver causato così tanta morte e sofferenza?

<Perché sei così sorpresa? Non penserai davvero che io sia innocente, Barbie. Mi deludi.>

<No... ma non pensavo fino a questo punto.>

<Guarda che non sono molti, considerando che ho iniziato a farli da poco.> rispose, guardando i suoi tatuaggi. <Ora tocca a te: cosa rappresenta medusa?>

Inspirai profondamente, abbassando lo sguardo mentre toccavo l'acqua. Odio parlarne, e ancor di più odio vedere la reazione degli altri.

<È per ricordare a me stessa di "andare avanti" nonostante tutto e non arrendermi mai.> risposi, percependo il suo respiro farsi vicino e la sua mano circondare il mio mento, facendomi sollevare lo sguardo su di lui.

<La scorsa notte non è stata la prima volta, vero?> domandò con un filo di voce.

Scossi leggermente la testa, percependo un groppo alla gola e il petto stringersi.

<Per questo motivo non sembravi particolarmente sconvolta da quello che è successo.>

<Diciamo che ho imparato a sopportare quel tipo di dolore. L'unica cosa che desidero è riuscire a dimenticare. Tutto qui.>

Avanzò verso di me e mi abbracciò, un gesto che non mi sarei mai aspettata da lui, specialmente in quella situazione e con così tanto affetto.

Nonostante tutto quello che mi ha detto, nonostante quei teschi, mi fido di lui e sono certa che abbia un grande cuore.

Ricambiai l'abbraccio e posai la testa sulla sua spalla. In quel momento mi sentii protetta, capita.

<Gelato?> sussurrò al mio orecchio.

Mi allontanai leggermente per guardarlo negli occhi. <E gelato sia.> dissi con un sorriso.

Trascorsi il resto della serata con Luke, andammo sulle giostre e poi cenammo in un ristorante. Era tutto perfetto. Lui era perfetto.

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