Diamond 35

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<Il modo in cui mi approccio a te, Diamond, è identico a come lo faccio con le altre clienti; è solo una tua percezione.> accese il computer iniziando a digitare qualcosa <No, invece, con me sei diverso, ti tocca nel profondo ciò che dico, te lo leggo negli occhi.>

<Come ti ho già detto, si tratta di una tua percezione. Considera questa seduta come il punto di partenza per la creazione della nuova Diamond One.>

<E ora questo cosa voleva dire?>

<Vuol dire esattamente quello che hai sentito. Ora esci, ho un altro appuntamento.>

<Ma se sono qui da 10 minuti contati.>

<È abbastanza.>

<Io non esco. Ti ho detto una cosa che non avrei mai detto a nessun altro e tu mi mandi via come se niente fosse?> gli ho appena riferito dello stupro, mi sono aperta a lui, ho tolto ogni maschera e quello che mi riserva è un trattamento del genere? Impossibile.

<Tutti i pazienti condividono le loro storie con me, sei solo l'ennesima a farlo, Diamond.>

Mi alzai velocemente e mi avvicinai a lui superando la scrivania <Guardami!> dissi, appoggiando la mano sulla scrivania e costringendolo a incrociare il mio sguardo, lui si voltò lentamente osservandomi attentamente. <Io non sono né una sfida né un gioco signor non posso dire il mio nome. Se sono qui è per il tuo amico quindi attento a come ti rivolgi a me.> se non fosse per il König, per Luke, per Peter, me ne sarei già andata. Non avrei sopportato lo psichiatra ancora, al diavolo la mia sfida, sarei andata a cercare Eros senza pensarci due volte.

Mi continuò a fissare senza pronunciare alcuna parola o agire in alcun modo, rimase impassibile, indifferente. <Sei sordo?> domandai ironicamente, avvicinandomi ancora di più a lui, sprigionava una fragranza di narciso indescrivibile, attraente, da quella distanza riuscii a esaminare a fondo le sue iridi, caratterizzati da un colore pieno e da una forte tinta ocra e ramata accompagnati da delle labbra carnose, con l'arco di cupido accentuato e rosse come il sangue.

Mi incantai a quella vista finché non ci pensò lui a riportarmi alla realtà alzandosi e mettendo in rilievo la sua autorità non discutibile oltre alla sua altezza, nell'alzare la testa, per non distogliere lo sguardo dai suoi occhi, non potei non notare i muscoli posti in risalto dalla camicia che aderiva con maestria accentuando ogni parte del suo fisico ed evidenziando la sua robustezza.

<Ti ho detto di andartene.> affermò con tono profondo e severo. <Aspetta il prossimo appuntamento, Diamond.> no, nessun prossimo appuntamento, questa volta avrei deciso io come e quando sarebbe finita. Sarei uscita da questa stanza ma l'appuntamento non si sarebbe concluso in questo modo.

Annuii ed uscii sbattendo la porta alle mie spalle, mi diressi in stanza. Non notò il mio outfit e nemmeno mi diede il tempo che meritavo. Io pago per essere ascoltata, non per esser presa in giro da uno come lui. Mi cambiai velocemente vestendomi con pantaloni neri e camicia rossa abbinata a delle scarpe dello stesso colore ed uscii in giardino dirigendomi nel parcheggio, facendo attenzione a non farmi notare da nessuno.

Mi avvicinai alla sua macchina e mi nascosi, aspettando.

Attesi tutto il tempo necessario, attesi ore. Finalmente lo vidi nello specchietto, lo psichiatra n. 7 si avvicinò alla macchina, ormai notte fonda, aprì la portiera ed entrò in auto.

Mi affrettai, o ora o mai più. Aprii il bagagliaio di poco e vi entrai cercando di non fare nessun rumore, per poi richiuderlo lentamente. Subito dopo, lo psichiatra fece retromarcia ed uscì dal parcheggio dirigendosi al di fuori della clinica, era una pazzia? Probabile, ma almeno, così facendo, avrebbe iniziato a prendermi sul serio.

Avrebbe iniziato a non ignorarmi trattandomi come una bambina indifesa. Mi ha promesso che mi avrebbe riportato la felicità, che avrebbe riportato in vita la vecchia Diamond. Tutto questo, però, non poteva farlo in dieci minuti ad appuntamento.

Nasconde qualcosa. Impossibile che uno psichiatra di successo come lui, lavorasse per la mafia senza nessun motivo. Che rischiasse ogni giorno di essere scoperto e incarcerato, che abbia a che fare con criminali come Peter, che distrugga la sua vita con le sue stesse mani senza guadagnare nulla in cambio.

Tutto ciò sembrava irreale, la mia situazione sembrava un film, io rinchiusa nel bagagliaio di una macchina guidata dal mio psichiatra, chissà cosa penserà non appena uscirò da qui presentandomi alla sua porta. Sicuramente starà andando a casa sua, è notte fonda ormai e la sua Mademoiselle si starà preoccupando, o almeno credo. Da una come lei, a cui non cambia se il proprio uomo la tradisca o meno, non saprei cosa aspettarmi.

Chissà se lo chiama ogni tanto oppure se rimane ogni notte seduta a casa sperando di vederlo rientrare e trascorrere una notte con lei, non riuscivo ancora a credere come una donna potesse permettere di condividere il suo uomo. È venuta da me a minacciarmi di allontanarmi eppure mister Dio sceso in terra passa una notte da lei e l'altra da un'altra.

Lui era una sfida ormai, lo avrei fatto cadere ai miei piedi, pregare di stare con me, pentirsi ogni giorno della sua noncuranza nei miei confronti. Mademoiselle disse che non ero alla sua altezza. Le dimostrerò il contrario finché non tornerà da me e dirà "hai vinto tu.". Non mi sarei arresa. Prima di concludere la situazione con il König, lo psichiatra sarà mio.

Lo sentii frenare gradualmente sino a fermarsi, aprii di poco il bagagliaio trattenendolo mentre lo psichiatra chiuse la macchina a chiave.

Aspettai alcuni minuti dentro tenendo il bagagliaio, il tempo che si allontanasse ed uscii.

Mi guardai attorno, era meraviglioso. Rimasi senza parole nel vedere la sua abitazione, sembrava un castello per quanto era grande, sembrava infinito.

Dietro di me era posizionata una fontana che divideva due strade, entrambi con conclusione il portone di questa villa, immersa nella natura era completamente circondata da margherite e alberi enormi in fila, uno di fianco all'altro.

Il portone era di color nero, enorme, sopra di esso vi era un piccolo balcone sorretto da quattro colonne e seguito da un'infinità di finestre.

Mi allontanai dalla macchina avvicinandomi al portone, cosa avrei dovuto fare? Bussare? Suonare? Oppure cercare un'altra entrata e presentarmi direttamente di fronte a lui?

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