Diamond 36

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Decisi di suonare. Mi avvicinai al pulsante e inspirai profondamente prima di premerlo. Rimasi in attesa temendo la sua reazione, nonostante fosse stato lui ad obbligarmi ad effettuare tutto questo, ignorandomi.

Dopo alcuni secondi sentii la porta aprirsi, non era lo psichiatra, neppure una cameriera o Mademoiselle.

<Luke?> Luke aveva un legame così forte con lo psichiatra n. 7 da concedersi la libertà di aprire la porta di casa sua?

<E tu cosa ci fai qui, Diamond?>

<Questo dovrei chiederlo io.>

<Ah davvero? Tu?> in effetti aveva ragione; ero io a essere nel torto, non Luke. Ma, comunque, cosa ci faceva lì? Anche lui era nel torto quanto me. Sono venuta a casa del mio psichiatra, e lui? Qual era la sua scusa?

<Luke, chi è alla porta?> sentii domandare da una voce familiare. Questa serata si era trasformata in una sorta di riunione? <Luke, ho detto chi- Diamond?> chiese sorpreso l'avvocato Gherak, avvicinandosi alla porta <E tu cosa ci fai qui?> perfetto, erano arrivati tutti tranne il proprietario della casa, o almeno così credevo.

<Nulla. Sono qui perché... Perché devo parlare con lo psichiatra.> affermai, pronunciando la prima scusa che mi venne in mente in quel momento.

<A quest'ora?> domandò Luke guardandomi negli occhi. Era buio, le strade della villa erano illuminate da luci artificiali e dalla luna. <È urgente...> risposi, ricambiando lo sguardo. Ora cosa avrei detto allo psichiatra? Quale scusa avrei inventato? Pensavo che ci saremmo stati solo noi due, che avrei parlato con lui in intimità senza nessun altro. Non avrei mai immaginato di incontrare tutti loro.

<Va bene, Diamond, entra. Lui è in salotto.> guardai il König per poi varcare la soglia della porta ed entrare. Sentii la voce di Luke sussurrarmi <Alla faccia della professionalità.> richiuse la porta alle mie spalle e mi fece strada, seguito dall'avvocato.

Se fuori sembrava una meraviglia terrestre, questa villa, da dentro sembrava il paradiso. Era sinonimo di lusso ed eleganza, con ogni angolo adornato da oggetti neri in contrasto perfetto con le pareti bianche e il soffitto grigio. Il corridoio presentava lampadari bianchi, pieni di diamanti, mentre le pareti erano ornate da quadri di ogni genere. Gli oggetti, uno meglio dell'altro, sottolineavano alla perfezione il buon gusto e la raffinatezza di un uomo come lo psichiatra. Se prima avevo dei dubbi, ora ne sono certa: questa è la casa dello psichiatra n. 7, non poteva appartenere a nessun altro.

Arrivammo in salotto, enorme. Vi erano divani di colore nero posizionati in modo da poter godere della vista sul giardino attraverso le vetrate che donavano a quella stanza una trasparenza ammirabile. Dal soffitto, scese un televisore spropositato che rifletteva il piano posto alla mia destra.

<Chi era Lu-> vidi lo psichiatra girarsi verso di me e bloccarsi per un secondo, scrutandomi da cima a fondo. <Che coraggio.> affermò, guardandomi negli occhi, per poi rigirarsi ed accendere la tv. <Luke, puoi dire alla cameriera di portare, gentilmente, da bere? La signorina One sarà assetata dopo tutto questo tragitto, o no, Diamond?> riuscii a percepire l'ironia nelle sue parole. Non fece il minimo sforzo per nasconderla, o perlomeno, per apparire preoccupato per me.

<No, sto bene.>

<Perché sei qui?> domandò, alzandosi ed avvicinandosi a noi. Vidi l'avvocato Gherak sorridere, dirigendosi verso il divano. <Perché volevo parlarti.> affermai, abbassando di poco il tono di voce e distogliendo lo sguardo dalle sue iridi.

<Con me? Prego, ti ascolto.> disse, ed era evidente che stesse scherzando. Avrei potuto tranquillamente rimanere in clinica. Perché non mi sono fatta gli affari miei?

<No, non con te, con lui.> indicai l'avvocato. Non sapevo cosa dire allo psichiatra; perlomeno con il König avevo un conto in sospeso.

<Con me? Ma mi avevi detto che volevi lui.> disse l'avvocato che iniziai a detestare ogni giorno di più. <È vero, ma era solo un modo per entrare qui.> affermai sospirando. <Saresti entrata comunque; una donzella come te non l'avremmo lasciata fuori a quest'ora della notte.> ora persino lui si stava prendendo gioco di me? Perfetto, ero diventata una barzelletta, con quel sorrisino stampato in faccia.

<Peter. Voglio parlare di Peter. Lo conosci?> nessuna esitazione. Sarei stata sincera senza paura, rinunciando all'idea di sedurlo come avevo accennato allo psichiatra. Non ci sarei riuscita. L'ho detestato fin dal primo giorno in clinica; non potevo mettere da parte il mio orgoglio e supplicarlo di amarmi.

<Certo che lo conosco, questo paese è diviso in due per un motivo.>

<Tu e Peter. Lo so. Ed è per questo che sono qui.> superai lo psichiatra e mi sedetti sul divano. <Accomodati pure, Dia.> affermò Luke, seguendomi e posizionandosi accanto a me. Nel frattempo, lo psichiatra, l'uomo per il quale ero presente e per il quale avevo trascorso gli ultimi minuti chiusa in un bagagliaio, lasciò la stanza.

Indifferenza pura era ciò che avvertivo da parte sua. Una completa mancanza di interesse. L'aveva dimostrato in molteplici occasioni, riservando un minimo di preoccupazione solo quando mi trovavo in situazioni difficili o accadeva qualcosa di negativo. Per il resto, era indifferente.

<Quindi? Parla, ti ascoltiamo.> disse l'avvocato, rilassandosi sul divano. <Quando torna lo psichiatra parlerò.> ma cosa stai dicendo, Diamond?! E ora come glielo spieghi? <Perché è lui il reale motivo per il quale sei qui, no? "Rapporto professionale, escluso da ogni tipo di intimità", ovviamente.> mi girai verso Luke non appena sentii la sua voce. Era deluso, potevo percepirlo dal tono che usò per rivolgersi a me. Ma non capivo perché. Cosa cambiava a lui se fossi venuta qui per il König o per lo psichiatra? Assolutamente nulla.

<Non ti devo spiegazioni, Luke. Quando tornerà lo psichiatra dirò quello per cui sono venuta qui.>

<A proposito, come hai ottenuto l'indirizzo? Nessuna informazione dovrebbe essere divulgata ai pazienti, neppure il nome. Come fai a sapere dove abita lo psichiatra?> e chi altro poteva porre domande così scomode se non l'avvocato? Odioso. Lo ribadirò sempre: odioso.

<Ho i miei modi.> dichiarai con un sorrisetto fissandolo negli occhi, prima di voltarmi verso Luke che, nel frattempo, non cessò di guardarmi attentamente, come se fossi una criminale seduta di fronte a lui.

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